Il Piccolo di Milano apre il nuovo anno con una produzione che è una chiara dichiarazione d’intenti: promuovere nuove letture del mondo e, soprattutto, fare teatro, come è stato nel suo dna originario. Ne è esempio “De infinito universo”, in scena ancora fino al 15 febbraio (dal 29 gennaio), produzione del Piccolo con il Theatre National Wallonie di Bruxelles.
Un testo composto da tre monologhi scritti da Filippo Ferraresi, giovane romano (classe 1985) che approda al Piccolo per la prima volta, e per di più con la firma della sua prima regia teatrale. Può apparire una scommessa troppo azzardata, se non fosse che Ferraresi vanta, a parte una laurea a Roma in Scienze dellospettacolo e un dottorato su Shakespeare alla Sorbona di Parigi, una lunga collaborazione con il Cirque du Soleil (dal 2012) e con Romeo Castellucci, di cui è assistente alla regia dal 2017.
«Quelli con Fabio Dragone, regista, produttore e co-fondatore del Cirque du Soleil, sono stati spettacoli davvero molto impegnativi» – dice Ferraresi – «lavorare in quel contesto mi ha dato veramente la base per capire cosa significhi realizzare uno spettacolo. C’è un ampio uso di macchine, cambi di scene e di costumi, e sono lavori che restano anni in cartellone».
Dall’altra parte c’è Romeo Castellucci, che Ferraresi definisce un regista più «tradizionale». Da questa dicotomia ha origine “De infinito universo”, scritto durante il primo lockdown «quasi per cercare il senso della vita in un periodo di tale smarrimento». La scenografia è ispirata a un’illustrazione del Cinquecento dell’alchimista Robert Fludd e simboleggia «il teatro della memoria», ovvero il tentativo utopistico degli uomini del Rinascimento di racchiudere tutto il sapere umano in un luogo e in uno spazio. La scena è vuota, circondata da tre pareti dipinte come a formare una fortezza simbolica.
Oggi, nello spettacolo di Ferraresi, appaiono più quasi i confini di una prigione in cui l’uomo ha la possibilità di tentare di capirsi. E così un acrobata (Jeremy Juan Willi) che interviene dopo ogni monologo come per aggiungere un ulteriore senso alle scene, un astrofisico e un pastore errante (entrambi interpretati da Gabriele Portoghese, efficace attore quasi coetaneo di Ferraresi diplomato alla Silvio D’Amico e che ha già lavorato fra gli altri con Valerio Binasco e Ferdinando Bruni), oltre a una giovane donna che interpreta l’assistente di Ursula von der Leyen alla quale scrive una lettera immaginaria (Elena Rivoltini, anche cantante. Diplomata al Piccolo è anche studiosa di canto lirico barocco. Ha lavorato, tra gli altri, con Bob Wilson, Carmelo Rifici e Filippo Timi), sono i protagonisti di uno spettacolo che risponde perfettamente alla dichiarazione d’intenti proclamata dal Piccolo.
Si consuma, infatti, sul palco una perfetta fusione di tutti gli elementi scenici (parola, presenza dell’attore, luci, musiche) che rende ogni componente teatrale necessaria e indispensabile l’una all’altra per esprimere il senso chiaro a cui lo spettacolo mira senza farne mistero: scandagliare la fragilità umana. Non c’è, in “De infinito universo”, la dittatura di un regista che rilegge una drammaturgia e assoggetta la compagnia alla sua visione. In questo spettacolo emerge con chiarezza e meraviglia quanto ogni uomo (e attore) sia solo, ma anche libero, nel suo modo di affrontare la realtà e allo stesso tempo indispensabile al prossimo: tra i monologhi, i gesti, le scene, i suoni e i costumi, s porta in scena una nuova idea di regia teatrale. Finalmente davvero corale pur essendo di ricerca.
Lunedì 7 febbraio, alle ore 21, al Civico Planetario Ulrico Hoepli di Milano, astrofisica e cosmologia incontrano il teatro in una conferenza che parte dalla scena per affrontare alcuni degli aspetti più affascinanti dell’universo. Una lezione-racconto, dal titolo “Palcoscenico Planetario”, impreziosita dalle letture di Gabriele Portoghese, interprete dello spettacolo. Con il contributo del conservatore del Planetario, Fabio Peri e in collaborazione con Comune di Milano. Martedì 8 febbraio, alle ore 17.30, al Teatro Studio, Paolo Giordano offre il proprio sguardo di scrittore e fisico a una conversazione con Filippo Ferraresi sui differenti linguaggi che dialogano e si contaminano sulla scena di De infinito universo.