Transizione giustaCingolani spiega che la priorità è tutelare anche i posti di lavoro

Il Cite ha detto sì allo stop alle immatricolazioni di auto diesel, benzina e ibride dal 2035. «Non si tratta però di una data intoccabile. Si tratta piuttosto della base su cui inizierà la discussione parlamentare europea», dice il ministro della Transizione ecologica. «La soluzione non può essere full electric»

(LaPresse)

Dopo che il Comitato interministeriale per la transizione ecologica, Cite, ha detto sì allo stop alle immatricolazioni di auto diesel, benzina e ibride dal 2035, il mondo dell’automotive italiano è in subbuglio. Si teme la perdita di posti di lavoro e la chiusura di molte imprese della componentistica.

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani spiega al Corriere: «Il Comitato interministeriale non può legiferare dando una data per il phase out del motore endotermico. Il parlamento europeo oltre che quello nazionale dovranno pronunciarsi su questo. L’Italia ha dato l’indicazione più prudente: per i costruttori di auto ha messo il 2035, per i van, i furgoni il 2040. Altri Paesi che non producono auto hanno indicato il 2030. Non si tratta però di una data intoccabile. Si tratta piuttosto della base su cui inizierà la discussione parlamentare europea».

E aggiunge: «Faccio presente però che l’Europa vuole anche l’Euro 7 (il nuovo diesel, ndr), standard che alle aziende automobilistiche costa tantissimo e come investimento rischia di sovrapporsi a quello elettrico. Quindi ci sono canali concorrenziali nell’ambito della stessa misura. È una discussione aperta che nei prossimi mesi dovrà arrivare a una sintesi. E poi dobbiamo pensare allo smaltimento delle batterie, e non solo alla costruzione delle gigafactory».

Stellantis intanto non ha ancora confermato che la gigafactory a Termoli si farà. Tantomeno ha dato i tempi. Il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha detto che è questione di giorni. E anche Cingolani lo conferma: «L’accordo fra Stellantis, il ministero dello Sviluppo economico e il mio ministero è in dirittura d’arrivo, ormai la gigafactory si farà a Termoli. Ho cominciato a discutere questo problema a luglio. Credo che la cosa avverrà nelle prossime settimane. A quel punto la fabbrica c’è e andrà riconvertita. Sarà un segnale importante».

Cingolani ha anche dato alle Regioni sei mesi di tempo per indicare i luoghi dove fare gli impianti per le rinnovabili. I sei mesi sono passati. «Alcune Regioni hanno già dato una risposta, altre ci stanno lavorando», spiega il ministro. «Il tema non è affatto semplice ma i segnali sono molto positivi. Sul nostro sito è segnalata la crescita di energia dei prossimi cinque anni e quindi la tabella dei tempi delle aste, gli investitori sanno come si deve crescere».

Ma da Confindustria a Federmeccanica, gli imprenditori dicono che l’elettrico non può essere l’unica strada per ridurre le emissioni. «La soluzione non può essere full electric», conferma il ministro. «Molti ignorano che l’impronta di carbonio di un’auto elettrica misurata non da quando esce dal concessionario, ma da quando si comincia a estrarre il litio e il cobalto diventa pari a quella di un’auto con un motore di ultima generazione nel momento in cui si percorrono 70-80 mila chilometri. Ovviamente parliamo di una cilindrata media. Si può lavorare su una generazione di ibridi, modernissimi, anche con prestazioni limitate e portare l’emissione reale di Co2 a valori talmente bassi da risultare alla fine estremamente competitivi rispetto a qualunque altro veicolo. In ogni caso la transizione va fatta in un tempo lungo. Forzare troppo la mano sul veicolo elettrico crea uno sbilanciamento anche sulle materie prime. Questo è un punto che non va ideologizzato».

Il fabbisogno energetico dell’Italia passerà dai 300 Twh l’anno di oggi ai 650 stimati del 2050. Basteranno le fonti rinnovabili? «Nei prossimi 10-15 anni vedremo sviluppi soprattutto sulle centrali piccole. Lo sviluppo in questo campo sta avanzando velocemente, nelle ultime settimane ci sono stati risultati straordinari», risponde. «Tra un decennio dovremo riprendere certe riflessioni. Non deve esserci nessuna preclusione sul piano tecnologico, né per l’energia né per l’automotive. Abbiamo sbagliato anche sull’auto elettrica: quando gli altri cominciavano a investirci noi abbiamo detto che non si poteva fare. Adesso stiamo rincorrendo».

E per la riconversione del settore auto verso l’elettrico, Cingolani assicura che «stiamo lavorando su una serie di misure. Per esempio la conversione dei famosi sussidi ambientalmente dannosi in misure che diventano ambientalmente favorevoli ma che non vadano a detrimento delle filiere». E si sta discutendo, conclude, anche di mettere il fotovoltaico sulle nuove ostruzioni e capannoni. «Non sarà un obbligo», però, «ma una profonda velocizzazione, liberalizzazione per incoraggiare a sfruttare qualsiasi metro quadro disponibile compatibilmente con le norme paesaggistiche. L’autoproduzione è una parte della strategia, può aiutare moltissimo».

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