A due anni dall’inizio della pandemia, in cima alle preoccupazioni degli italiani non c’è più il Covid 19. Ma il lavoro e il caro bollette. Lo rivela un sondaggio presentato sulla Stampa da Alessandra Ghisleri.
Non è un caso – spiega – che il premier Mario Draghi, impegnato a fronteggiare un momento di importante transizione, perda il 4,3% nell’indice di fiducia nell’arco di 20 giorni passando dal 52,1% al 47,8%. Interrogando i cittadini sulle priorità su cui vorrebbero il governo in prima linea compaiono al primo posto il lavoro e l’occupazione (20%), seguiti dal “caro bollette”. Se a questo si sommano l’indicazione dell’inflazione generale (7,6%) e la necessità di sanare il gap del carovita per i cittadini maggiormente in difficoltà (4,7%), è evidente che in vetta prevalga la paura dei cittadini nei confronti dell’aumento del costo della vita. Il tema economico viene chiamato in causa anche come richiesta diretta di un impegno per la ripresa economica nazionale (14,9%).
Calano invece le preoccupazioni legate alla salute e alla sanità: l’intervento nel campo della sanità per migliorare il presidio territoriale aiutando e incentivando il lavoro dei medici di base viene ritenuto prioritario dal 6,9%, il contrasto al Covid dal 2,3%.
I dati positivi sulla discesa della curva della pandemia hanno spostato le attenzioni sulle pure questioni economiche. Ma, spiega Ghisleri, la classifica delle priorità e l’indice di fiducia del premier evidenziano un segnale che a sua volta chiama in causa la speranza e la fortuna di puntare sulle capacità e le competenze di Draghi. Da qui il richiamo alla politica chiamata ad agire non solo sui fattori economici, ma anche sulla necessità di mettere al centro proposte per la pianificazione di un Italia post Covid.
E osservando le evoluzioni delle intenzioni se si votasse domani alle elezioni nazionali, i risultati ottenuti offrono delle indicazioni importanti.
Sia in uno scenario con l’attuale legge elettorale che prevede uno sbarramento al 3%, sia nell’eventualità di un proporzionale puro con sbarramento al 4%, il centrosinistra pagherebbe un prezzo superiore nelle sue tante scomposizioni. Ma anche per il centrodestra la vittoria non è così immediata, nonostante ci siano ben 9,2 punti di vantaggio a suo favore.
Con l’attuale sistema elettorale, otto formazioni politiche riuscirebbero a garantirsi dei seggi. E così lo schema presenterebbe una sfida alla maggioranza con 199 seggi per il centrodestra alla Camera e 99 al Senato, rispetto al Pd in alleanza con il Movimento 5 Stelle, Mdp-Articolo 1 e Sinistra Italiana, che ne realizzerebbe 164 alla Camera e 82 al Senato. Al di fuori dei due poli troviamo Azione di Calenda con più Europa e la Federazione dei Verdi che assommano ben 35 seggi alla Camera e 17 al Senato.
Nel secondo esercizio con il proporzionale puro e una soglia di sbarramento al 4%, solo sei partiti avrebbero accesso al Parlamento e i seggi dei tre partiti del centrodestra sommati porterebbero ad una maggioranza netta: 216 alla Camera e 108 al Senato.
A questo punto, a partire da tutte queste osservazioni, è evidente «che sia Mario Draghi e i componenti del governo, sia i partiti e i loro leader dovranno gestire e comunicare le evidenze dell’uso delle risorse economiche e rispettare e attuare i programmi proposti per il futuro».