Albert Saprykin è un compositore ucraino di trent’anni. In questo momento sta contribuendo alla lotta di resistenza contro l’occupazione russa da una località che non preciseremo. È stato una dei primi artisti o intellettuali ucraini con cui sono entrato in contatto. All’inizio le relazioni con lui non sono state facilissime, perché io non ero ancora entrato come si deve nella mentalità di guerra.
Ci sono state numerose telefonate e chat intercorse con Albert prima del suo intervento alla Triennale di Milano in vista di Planeta Ukrain, il padiglione che sto curando per dare voce rappresentanza e ascolto alla scena culturale Ucraina contemporanea nel momento più tragico della sua storia (nell’ennesimo momento tragico della sua storia).
Dopo questi contatti difficili e densi ho finalmente compreso – per quanto possibile nell’agio della Pace e della democrazia occidentale – cosa significa essere in guerra.
Le parole di Albert, da me trascritte e tradotte, possono forse illuminare anche i lettori.
«Spero che dopo che l’Ucraina avrà ottenuto la sua completa libertà, né nella mia vita né in quella delle successive generazioni di ucraini, non verrà il giorno in cui sarà necessario dire le cose che dirò ora. Per quanto mi piacerebbe parlare come compositore, o come orgoglioso membro del team delle Giornate di Musica Contemporanea di Kiev, o come orgoglioso membro dell’Agenzia Statale delle Arti dell’Ucraina, oggi sento l’urgenza di parlare come cittadino del mio paese.
La mia convinzione è che la domanda principale che deve essere sollevata è come è successo e come possiamo fare in modo che questo non accada mai più.
La questione che voglio sollevare è come la cultura abbia contribuito all’attacco russo all’Ucraina e come la cultura possa contribuire a far sì che questa guerra si fermi, e si spera non accada mai più.
Questa mattina ho incontrato la mia amica Kseniia Moroz alla stazione ferroviaria di Lviv. È una violinista, una solista della Filarmonica di Kyiv, che ha passato 12 giorni nel suo appartamento a Irpin, vicino a Kyiv, ed è stata testimone delle atrocità dell’esercito russo. È fuggita dal suo appartamento correndo nel bosco.
Anche un’altra persona che Kseniia conosce – era una modella in tempo di pace – vive a Irpin. L’esercito russo è entrato in casa sua e ha sparato a tutta la sua famiglia. La ragazza è sopravvissuta perché ha trovato un posto per nascondersi. Ora è al sicuro a casa di sua zia. Ma la sua famiglia è stata uccisa davanti ai suoi occhi.
Ogni ucraino può ormai raccontare molte storie come questa. Vivendo in queste condizioni, cercando costantemente di aiutare alcuni dei nostri amici, è difficile per noi pensare alla cultura. Difficile ma importante.
La cultura è auto-identificazione. La cultura è soft power. La cultura è preziosa in sé, e non dovremmo dimenticarla in ogni caso.
Ma, soprattutto in tempo di guerra, è essenziale ricordare che la cultura, la diplomazia culturale, è uno degli strumenti di guerra. Che piaccia o no alla comunità culturale, questo è un fatto.
Per me, come compositore, la musica è arte pura e astratta. Per me, come cittadino del mio Paese, la musica non è più un’astrazione. La musica è direttamente collegata alla politica. E la politica riguarda le vite umane.
Essendo un artista e un umanista, mi piace? No. È una realtà che voglio che tutti noi affrontiamo? Sì.
La cultura è stata uno strumento di guerra per la Russia per tutti questi anni. La Russia ha usato la diplomazia culturale per arricchirsi, per guadagnare potere, e ora sta usando questo potere per omicidi di massa e tentativi infruttuosi di schiavizzare lo spirito del mio popolo.
A questo proposito, sono grato alla città di Milano per la decisione di rifiutare un contratto a un direttore d’orchestra russo che sostiene cinicamente le politiche di Putin.
Come cittadino ucraino, sono grato a tutti coloro che sono coinvolti nel fatto che il padiglione russo alla Triennale di Milano è ora chiuso e il padiglione ucraino – che è atteso da tempo – è aperto. Sono consapevole del prezzo che tutte le persone coinvolte hanno dovuto pagare per rendere questo possibile. Lo apprezzo.
Se me lo chiedete, questo è anche il vero sostegno all’Ucraina nella lotta contro la Russia. Perché l’esercito russo – no, non l’esercito di Putin, l’esercito russo – è sul mio suolo ora anche grazie al fatto che la Russia ha violato con successo per anni i valori dei paesi dell’Unione europea attraverso lo sfruttamento della narrativa cultura oltre la politica.
La cultura al di là della politica, dite? Ditelo a Chopin, che ha scritto mazurche e polacche in Francia, costretto a lasciare la sua patria, occupata dalla Russia.
Ditelo agli scrittori e ai compositori ucraini che sono stati giustiziati nel XX secolo per aver creato letteratura e musica ucraina in Ucraina sotto il regime sovietico.
No, la cultura non è al di là della politica. La cultura dà forma alle scelte e alle direzioni della politica.
Lasciatemi spiegare. Immaginate un cittadino italiano. Questa persona viene a un concerto dove il direttore d’orchestra russo Gergiev – un uomo che sostiene attivamente Putin – esegue la musica di Sergei Prokofiev, un compositore la cui vita fu rovinata dalla Russia sovietica. Dopo la morte di Prokofiev, la Russia lo ha portato negli stendardi e lo ha chiamato cultura russa.
Questo residente in Italia ascolta la musica di Prokofiev e, di conseguenza, costruisce un sentimento verso la Russia come Stato. Poi questo residente italiano ascolta un pianista russo che esegue un concerto di Rachmaninoff. E di nuovo costruisce un sentimento verso la Russia. La cultura russa non è la Russia come Stato, dicono.
Ma devo dirvi che la narrazione che la Russia sta segretamente e scaltramente, devo ammettere, promuovendo nei Paesi dell’Unione europea, è esattamente il contrario: ovvero, cultura russa = Russia come Stato. Questo funziona a un livello psicologico profondo. Questo non può essere cambiato a colpo d’occhio.
Più tardi, nel momento in cui parteciperà alle elezioni, questo cittadino italiano penserà a chi votare. Ascolterà un politico che dice «la Russia è un Paese aggressore che rovescia i valori del mondo libero, che ha scatenato una guerra in molti Paesi, che uccide, uccide. Uccide i civili in Ucraina. Dobbiamo imporre sanzioni».
In seguito la stessa persona ascolta un altro politico che dice: «La Russia è un paese con una grande cultura, con gente buona». Il che non è falso. Inoltre, «non è vantaggioso per noi fermare il commercio con la Russia. Gli affari sono affari, i cittadini italiani non devono pagare alti prezzi del gas perché la Russia sta facendo qualcosa lontano in Ucraina».
E questa persona, questo cittadino italiano, pur provando sentimenti verso la cultura della Russia e non sapendo nulla della cultura dell’Ucraina – e, di conseguenza, non provando sentimenti verso l’Ucraina e la gente in Ucraina – voterà per un politico che è contro l’imposizione di sanzioni contro la Russia.
Passano gli anni: le sanzioni si indeboliscono, la Russia fa soldi commerciando con l’Italia. Il tempo passa. Poi i soldi che la Russia ha guadagnato vengono usati per produrre carri armati, armi, aerei, e ora sta uccidendo la mia gente e costringe me e i miei amici a lasciare le loro case.
Cosa possiamo fare noi, persone di cultura, decisori, per aiutare l’Ucraina a fermare la guerra? E, soprattutto, per prevenire il ripetersi della guerra in futuro?
Non mi piace quello che sto per dire, e penso che non piacerà neanche a voi. Ma devo dirlo e vi prego di ascoltarmi.
Finché la guerra non sarà finita, potete aiutarci fornendo una piattaforma per la cultura ucraina, invece di fornire una piattaforma per la cultura russa.
Parlante ucraino invece di parlante russo. Invitate un compositore ucraino invece del compositore russo, un artista ucraino invece di un artista russo.
Abbiamo una scena culturale assai ricca che ora non ha la possibilità di contribuire allo sviluppo della cultura mondiale. O forse ce l’ha se insieme aiutiamo l’Ucraina ad acquisire “agency”. Che cos’è “agency”, l’agenzia? Per me, l’agenzia è la capacità di generare un bene pubblico, che poi può essere utilizzato sia da chi lo genera che da tutti gli altri. Da tutti gli altri che sono portatori degli stessi valori.
Aiutandoci a impegnarci nella diplomazia culturale e fornendo una piattaforma per gli artisti ucraini, arricchirete anche la vostra cultura. Cos’è la cultura ucraina? Potete vederlo guardando il coraggio, l’umanità, l’aderenza ai principi, l’amore per la libertà del popolo ucraino. Durante questi giorni, potrete finalmente vedere chi siamo. Questo è ciò che possiamo portare in tavola. Questo e molto di più.
Grande, meravigliosa, ricca – chiamatela come volete, la cultura russa – a questo punto, al punto della guerra, è un petrolio russo 2.0. Molto più sofisticata, il cui effetto è molto più difficile da cogliere.
Ma che dire degli artisti russi che sono contro Putin, ci si potrebbe chiedere. Ho una risposta anche per questo.
Se il mio Paese, l’Ucraina, attaccasse un Paese vicino, farei tutto il possibile per fermarlo. Aiuterei anche la gente di un Paese che il mio Paese ha invaso. Ma anche, per tutta la durata della guerra, sarei abbastanza decente e coscienzioso da cedere il mio posto sulle piattaforme culturali alla gente del Paese invaso.
Se fossi un cittadino liberale della Russia e fossi invitato sulla piattaforma a sostegno dell’Ucraina, chiederei: siete sicuri che nessuno dell’Ucraina possa prendere il mio posto? Se fossi un cittadino della Russia e fossi invitato ad eseguire un concerto o a scrivere un pezzo, chiederei: «Siete sicuri che non c’è nessun musicista ucraino che potrebbe farlo al posto mio?».
Se sono un cittadino russo, rappresento il mio Paese, che mi piaccia o no. Quindi ecco cosa potete fare. Fino a quando la guerra non sarà finita, ogni volta che fornite una piattaforma per la cultura russa, chiedetevi se state privando la voce di un artista ucraino la cui vita è ora in reale pericolo? Forse è l’ultima volta che questo ucraino può dire qualcosa.
E vi prego di capirmi bene: non si tratta di nazionalità. Si tratta di cultura e di narrazioni che poi influenzano la politica.
Voglio che sappiate che la persona che vi sta dicendo «bandite la Russia» è etnicamente russa, armena e azera. Sono stato cresciuto da un nonno che è di Samara. Sono stato cresciuto da una bisnonna che viene dalla regione di San Pietroburgo. Non ho un’eredità ucraina. Ma nella mia testa e nel mio cuore sono ucraino.
E proprio perché sono etnicamente russo, so, sento, capisco davvero quello che la Russia sta facendo e come la Russia sta promuovendo i suoi interessi dirottando i valori europei. È ora che lo vediate anche voi.
Quando il giorno in cui l’ultimo soldato russo lascerà il suolo ucraino, tutti noi, compresi i russi, ne potremo riparlare.
Vi ringrazio per il vostro sostegno all’Ucraina. Vi chiedo di non abituarvi alla guerra nel mio Paese. Vi chiedo di contribuire a far sì che il giorno in cui il mio popolo smetterà di morire sia il più vicino possibile. Per quanto riguarda gli ucraini, lotteremo fino alla fine. Qualunque sia la fine».