Il senso di colpa di sentirsi al sicuroL’ansia della chat della scuola e quella reale delle mamme ucraine sotto le bombe di Putin

La raccolta di beni di prima necessità per le famiglie di Kiev aggredite dai russi. Una buona occasione per rendersi utili, ma anche per capire sul serio la differenza tra noi e loro

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È stata organizzata nella scuola di mio figlio una raccolta di beni di prima necessità per la popolazione ucraina. E con che animo leggero corro al supermercato, una grande occasione per una come me che, ad esempio, vive come un gravissimo sopruso doversi struccare ogni sera; finalmente posso rendermi utile pure io, so che sto per fare qualcosa che sicuramente lenirà il mio senso di colpa occidentale, già in parte lenito dal non essere una influencer a Parigi.

Esselunga, come sei bella, come sei utile, mi sembri anche più grande e più fornita, e sai quanti punti fragola oggi, ma guarda qua quante cose a lunga scadenza, proprio quello che mi serve.

Allora, beni di prima necessità. Facile, mi dico, e come mi sento utile, come mi sento Madre Teresa, una benefattrice, una santa, ma perché ho bisogno di controllare la lista che mi hanno mandato, cosa credono, che non sappia cosa siano i beni di prima necessità?

Nella lista ci sono i biscotti, guarda qua quanti Nutella Biscuits, scadono questa estate, mi sembrano veramente perfetti, a tutti piacciono i Nutella Biscuits, piaceranno sicuramente anche ai bambini ucraini, siamo famosi nel mondo per la Nutella, è un grande un orgoglio nazionale che ci rende molto amati nel mondo.

Ma che cazzo sto facendo, adesso mi taglio le vene per vedere se esce sangue o champagne. È evidente che non sono in grado di capire quali siano i beni di prima necessità: se a Milano scoppiasse la guerra mi ammazzerebbero dopo un quarto d’ora, probabilmente mentre aspetto che lo smalto si asciughi prima di scappare.

Per capirci, fossi stata in Zelensky sarei già in una località segreta in Idaho, grazie Biden quel passaggio lo accetto volentierissimo.

Vado nel reparto bambini, perché lì è tutta prima necessità, non posso di certo sbagliarmi. Scaffali vuoti. I genitori del quartiere hanno evidentemente assaltato in massa l’Esselunga per la raccolta di domani e si sono accaparrati le cose facili da capire, maledetti, sono rimasti i biscotti con il 30% di zuccheri in meno, li depenno subito dalla lista, che li mangino i bambini dell’Area C. Lascio lì i Nutella Biscuits.

Ci devo riflettere un attimo su questa grande prova di inadeguatezza mia, ma non voglio nemmeno trarre facili conclusioni o metafore o grande romanzo italiano.

Torno a casa, mio figlio vede le borse, mamma posso mangiare i biscotti, no Ettore i biscotti non sono per te, ci sono dei bambini proprio uguali uguali a te che dormono in metropolitana, noi gli mandiamo i biscotti, e pure i tuoi vestiti, le tue scarpe, i tuoi cazzo di giocattoli, e pure la Nintendo se non la smetti di volere questi biscotti che non sono tuoi.

Questo dialogo è avvenuto solo nella mia mente, perché nella realtà sarebbe finito con lui che prende i biscotti e io che non riesco a dirgli niente.

Ultimamente penso spesso che dovrei essere una madre balorda in modo che mio figlio soffra meno quando tirerò le cuoia, io non lo so mica se Madre Teresa ha mai fatto un pensiero così generoso.

Penso spesso anche al fatto che dire «non sono competente in questa cosa, quindi non ne parlo, ma guardate qua come brillano questi zirconi a soli nove euro e novantanove che potete comprare nel mio shop» sia audace, ma non basta per cavarsela: rimane fitto il mistero di chi abbia mai pensato che qualcuno fosse competente tra quelli che dicono «non sono competente».

È un grande momento per le mamme che postano le foto dei figli con didascalia dolorosa e preghiera per i bambini ucraini, mamme che hanno l’ansia, loro, mica quelle che vivono nel sottosuolo sotto le bombe. Ce la stiamo davvero bevendo questa pagliacciata?

Mi ricordo improvvisamente che parte dei miei ascendenti erano ucraini, colgo l’occasione per ringraziare Wikipedia che mi guarda da casa, e questo forse basta per essere competente e parlare di me, o proprio non ci riesco a diventare Simone Weil neanche oggi?

Guardo le vetrine di Instagram, guardo me stessa non capire quali siano i beni di prima necessità, e vedo quella variazione di Von Trier dove Jorgen Leth in smoking mangia crudi di mare con alle spalle un pannello di plexiglass che lo divide dai poveri di Bombay.

Oggi la nostra stessa esistenza è offensiva, dovremmo baciare in terra ogni mattina, strisciare la carta di credito per fare donazioni, andare a lavorare e ringraziare la Madonna. Nella notte arriva un messaggio nella chat di classe, la raccolta è stata annullata, non sanno più dove mettere le donazioni, bisogna aspettare il secondo carico, grazie per la generosità. Qualcuno vuole un biscotto?

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