Sarà la fortuna dei principianti, ma per essere alla sua prima regia teatrale Ferzan Ozpetek, il regista turco di Istanbul che si è formato studiando cinema a Roma, ha centrato davvero il bersaglio. “Mine vaganti” è arrivato al Teatro Manzoni di Milano lo scorso 8 marzo, dove è in scena fino al 20 (lo spettacolo è in tournee in tutt’Italia), e il successo è stato percepibile.
Applausi a scena aperta per ben tre volte, e, alla fine un caloroso apprezzamento da parte del pubblico milanese (si sa, tra il più critico e appassionato del Belpaese). Perché lo spettacolo, con un cast d’eccezione tra Francesco Pannofino nei panni di Vincenzo Cantone (il padre di Tommaso e Antonio nonché il proprietario del pastificio di famiglia che vorrebbe tanto passare in successione ai figli), Iaia Forte (moglie di Vincenzo e madre dei ragazzi).
Oltre a Erasmo Genzini (Tommaso, il fratello minore, in certi momenti fisicamente davvero paragonabile a Riccardo Sacamarcio) e Carmine Recano (Antionio, il fratello maggiore), riesce a rendere esattamente lo spirito del film senza ad esso paragonarsi. Anzi, proprio perché se ne si distanzia: «Quello che il cinema mostra, il teatro nasconde», ha detto lo stesso Ozpetek per spiegare il suo approccio al suo ultimo lavoro.
E quindi, mantenendo intatta la trama che racconta, tra i vari colpi di scena e avvenimenti, la difficoltà dei due fratelli di confessare la propria omosessualità al padre e alla famiglia, tradizionale e conservatrice, che li vorrebbe entrambi felicemente sposati a gestire il pastificio, nel teatro ciò che è noto viene riletto, consegnato allo spettatore nella sua essenza di senso e significato.
Bastano cambi di luce, di Pasquale Mari, o movimenti di tende, scene di Luigi Ferrigno, per trasportarci nella villa dei Cantone, tra spazi esterni e interni. E, nell’asciuttezza caratteristica del teatro, arriva come sempre ancora più dritto il messaggio che “Mine vaganti” porta con sé: il problema di voler evitare ad ogni costo la vergogna, l’essere disposti a sacrificare la propria essenza in nome dell’opinione pubblica, che deve essere positiva. Il tutto nella delicatezza e allo stesso tempo la precisione caratteristiche del teatro: in cui il tema dell’omosessualità è trattato senza mezzi termini e allo stesso tempo con una naturalezza che non lo rende l’argomento portante dello spettacolo.
Ogni personaggio è ben delineato nel ruolo, i movimenti e la presenza scenica, creando un equilibrio e una ottima proporzione tra le varie storie e situazioni che si intrecciano, per uno spettacolo sempre movimentato, di senso e mai spento.