Fleet targetsL’Unione Europea rischia di andare sulla strada del socialismo?

Nel mondo libero le aziende decidono da sole cosa e quanto produrre. Se la Commissione Ue determinerà con le sue tassonomie quali investimenti sono o meno sostenibili, il rischio è quello di dirigere in modo statalista la nostra economia

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Negli scorsi mesi c’è stato un acceso dibattito a livello europeo rispetto alla cosiddetta tassonomia, che conferisce alla Commissione e ad altre autorità europee il potere di determinare quali investimenti siano buoni (ossia, verdi e sostenibili) e quali no. Le classificazioni create a Bruxelles dovrebbero poi orientare i portafogli degli investitori nella direzione giusta. Il principale argomento di dibattito consisteva nell’inclusione o meno del nucleare e del gas naturale tra le fonti sostenibili. La Francia e i Paesi dell’Est Europa hanno sostenuto la proposta, osteggiata dalla Germania.

La Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha recentemente proposto una nuova idea, e, questa volta, il focus è sulla sostenibilità sociale. Di nuovo, le aziende saranno classificate, non sulla base di criteri ambientali ma sociali. Nello specifico, se politici o civil servants ritengono che un’azienda non stia pagando adeguatamente i propri dipendenti, possono classificarla come dannosa per la società. Allo stesso modo possono comportarsi se pensano che i membri del consiglio di amministrazione guadagnino troppo rispetto al dipendente medio o che gli affitti di un gruppo immobiliare debbano essere più bassi.

L’Unione europea punta a considerare il beneficio complessivo di un’azienda per la società, cioè se l’azienda serva l’interesse pubblico o meno. Nel caso di alcune aziende (per esempio produttori di sigarette) la risposta sarà automaticamente negativa; per altre, l’Unione creerà sistemi di classificazione e se servano o meno l’interesse pubblico verrà deciso non più dal mercato ma da commissioni di politici. I lobbisti saranno entusiasti in quanto avranno molto lavoro da fare per convincere i politici dell’utilità sociale della loro azienda.

Ovviamente, nulla di tutto questo ha niente a che vedere con un’economia di mercato. Che siano i politici a decidere come il denaro vada distribuito in un’economia, che cosa vada e non vada prodotto, e in quale quantità, è tipico di sistemi economici pianificati. In un’economia di mercato, le aziende hanno facoltà di decidere cosa e quanto produrre e se queste siano di beneficio alla società è determinato dai consumatori attraverso le loro scelte. Non c’è nulla, quindi, di più democratico del capitalismo.

Friedrich August von Hayek, premio Nobel per l’Economia, ha chiamato presunzione di conoscenza l’errore alla base di tutti i socialisti. Le economie pianificate hanno sempre fallito perché erano basate sulla credenza che politici e funzionari, e non aziende e consumatori, sappiano che cosa sia benefico per le persone.

L’economia pianificata celebra la sua rinascita a Bruxelles. I politici, e non l’odiato mercato, decideranno di nuovo che cosa sia socialmente utile o dannoso. Negli ultimi cento anni, degli almeno 24 esperimenti socialisti tutti hanno fallito, senza eccezioni. Ma, passati diversi anni da questi esperimenti, le idee che li hanno guidati stanno vivendo una rinascita. Non si chiama più socialismo, ma, per esempio, fleet targets (attraverso i quali politici a Bruxelles decidono quali automobili debbano essere prodotte) o tassonomia sociale.

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