Per la prima volta dall’inizio della guerra sembra di poter parlare di cessate il fuoco con un minimo di credibilità. Molti analisti ancora si chiedono se da parte russa ci sia effettivamente interesse a una pace duratura e cosa Kiev dovrà cedere per fermare la violenza russa. Condizioni irrimediabilmente legate ai destini dei territori occupati, soprattutto nel sud-est dell’Ucraina.
Il ministero della Difesa russo ha annunciato che avrebbe concentrato le proprie forze nella zona del Donbass, con l’obiettivo di «liberare» il territorio rivendicato dalle autoproclamatosi repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk.
Uno dei maggiori limiti dell’offensiva russa è stata la diffusione delle truppe su fronte troppo vasto, che non ha permesso di concentrare le forze in offensive mirate. Sfruttare le vittorie preliminari in Donbass e sul Mare d’Azov avrebbe senso: la presa di Mariupol disimpegnerebbe circa sei battaglioni e nel medio termine permetterebbe di accorciare la linea del fronte.
La conquista di queste zone e la presa di Mariupol aprirebbero parecchie opzioni a Mosca, anche se le intenzioni del Cremlino rimangono pura speculazione. In queste regioni le avanzate russe hanno avuto più successo che nel nord, e la conquista di Kherson ha anche alimentato le voci di una prossima dichiarazione di una Repubblica Popolare di Kherson, aggiungendosi agli Stati fantoccio di Donetsk e Luhansk.
Da quel che sappiamo ci sono effettivamente stati diversi passi avanti verso la creazione di uno pseudostato, come il raduno di una convezione e l’arresto del legittimo sindaco di Kherson. Quest’ultimo, da membro dell’opposizione filorussa ed euroscettica, era stato per mesi additato come un possibile alleato di Mosca in caso di invasione.
Nonostante sia stato rilasciato, il sindaco ha finora protestato contro l’imposizione di un’amministrazione militare e indicato che non supporterà una Kherson autonoma, a dimostrazione che difficilmente il Cremlino riuscirà a ripetere l’exploit del 2014. Non sembra per ora esserci un numero sufficiente di cittadini pro-russi e milizie criminali da mobilitare per la creazione di un’unità politica, e ovviamente qualsiasi autorità indipendentista avrebbe una frazione della legittimità di quella già equivoca nelle repubbliche esistenti.
Sono da seguire attentamente anche le segnalazioni di rapimenti e arresti mirati di politici lealisti a Kiev – oltre che le violenze contro la popolazione locale. Come in Siria, non possiamo escludere che la Russia si accordi per creare “zone di deconflizione” per incoraggiare gli oppositori più strenui a lasciare la regione e rafforzare il controllo sul territorio. Se il comando russo decidesse invece di ricorrere a deportazioni forzate assisteremmo a un aumento degli atti di resistenza nelle retrovie.
La chiave per un’occupazione è l’indifferenza dei non-combattenti: dovrebbero percepire che non vale la pena di opporsi agli occupanti. Fino ad ora la violenza indiscriminata messa in atto non gioca a favore dei russi, dal momento che i cittadini rischiano di cadere vittima del nemico indipendentemente dalle proprie azioni. A questo va aggiunta l’apparente presenza di guerriglieri nei territori occupati, con un ovvio effetto positivo sul morale dei cittadini.
Quali altri vantaggi porterebbe l’instaurazione di uno Stato fantoccio? Dal 2014 si è visto come Mosca abbia utilizzato gli Stati separatisti per mantenere la pressione su Kiev e costringere gli ucraini a co-finanziare l’occupazione del Donbass.
Mantenendo viva la prospettiva di una re-integrazione delle due repubbliche nello Stato unitario ucraino, Kiev e gli Stati europei hanno a lungo percepito la necessità di investire in infrastrutture e aiuti nel Donbass.
Operazione che ha anche rafforzato quei politici favorevoli all’idea di ignorare il Donbass e concentrarsi sullo sviluppo economico nei territori non occupati. Ma nel medio termine potrebbe aver contribuito al disinteresse ucraino nei confronti di una reintegrazione del Donbass, con dispetto di chi a Mosca sperava così di garantirsi una rappresentanza indiretta all’interno del Paese.
L’autonomia di Kherson permetterebbe potenzialmente un ritorno al conflitto “ibrido” del 2014-2021, rendendo più plausibile anche lo schieramento di truppe più sacrificabili come mercenari siriani e membri della criminalità organizzata.
Al netto di tutte queste considerazioni, la proclamazione di una repubblica autonoma rimane per ora completamente ipotetica. È probabile che Mosca voglia tenersi tutte le strade aperte e che considererà l’autonomia per la regione solo nel caso in cui le trattative con Kiev dovessero fallire.
Anche le repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk, in fondo, sono rimaste per anni nell’oblio del non-riconoscimento russo, almeno fino a quando il Cremlino ha creduto di poter risolvere il conflitto con altri mezzi.
In ogni caso i russi hanno la capacità di occupare la regione durante i colloqui con l’Ucraina e di utilizzarla come merce di scambio o zona cuscinetto da strumentalizzare nell’ambito di accordi più ampli, come ad esempio una missione dei caschi blu.
Qualsiasi forma di occupazione richiederà, dal punto di vista russo, un’Ucraina riluttante a sfruttare le difficoltà che Mosca avrebbe nel controllare efficacemente la regione. Senza un cessate il fuoco, gli ucraini non avrebbero motivo per contenere l’insurrezione, che senza supporto dalle forze armate ucraine avrebbe difficoltà a operare pure in presenza di attori sul campo insoddisfatti di un’ipotetica arrendevolezza del governo centrale.
Non è ovviamente da escludere che la Russia decida di annettersi le due regioni, una mossa potenzialmente azzardata nel caso in cui il conflitto con Kiev dovesse continuare.
A favore dei difensori c’è anche la natura della Rosgvardia, la milizia paramilitare utilizzata dai russi per il controllo territoriale: troppo violenta per operazioni di polizia leggere e troppo poco armata per combattimenti ad alta intensità, e complessivamente non è ben equipaggiata per gestire un’operazione di repressione così complessa.
In ultima analisi, qualsiasi tipo di decisione – sia una repubblica autonoma a Kherson, un’occupazione militare nel medio termine o un’annessione – avrà costi piuttosto elevati per Mosca. Il risultato più favorevole per la Russia consisterebbe probabilmente in un ampliamento delle due repubbliche autoproclamate e la restituzione della zona di Kherson devastata, come monito della spedizione punitiva contro Kiev.