Fattore SSalvini è un disastro, ma gli adulti della Lega non hanno il coraggio di sostituirlo

Dopo la figuraccia mondiale in Polonia, il leader del Carroccio non si è più ripreso. I sondaggi danno il suo partito al 16%, sei punti in meno di Fratelli d’Italia. Giorgetti, Zaia e Fedriga non lo detronizzano con un congresso per paura di peggiorare la situazione a un anno dalle elezioni politiche

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L’ultima notizia è un nuovo processo, il 9 giugno, per diffamazione aggravata ai danni di Carola Rackete definita dall’allora ministro dell’Interno con epiteti tipo «criminale tedesca», «ricca tedesca fuorilegge», «ricca e viziata comunista». Non sarà il processo del secolo ma è un’altra storia poco piacevole che conferma nel suo piccolo come ormai Matteo Salvini sia un problema. Per la Lega. 

Nessuno lì dentro lo dice ad alta voce, perché il solo dirlo equivarrebbe a squadernare il problema e dunque ad aprire un gigantesco problema politico ma da tempo a via Bellerio, e soprattutto nelle sedi della Regione Friuli Venezia Giulia e in quella del Veneto, la fiducia nell’ex Capitano è calata in modo costante. 

Se vogliamo fissare una data recente (dunque abbuonando la pazzia del Papeete, agosto 2019) la mente di tutti va al disastro-Quirinale, quando il capo leghista si autoaffidò l’incarico di trovare un presidente della Repubblica raccogliendo solo brutte figure: dalle visite nelle case di intellettuali vari tipo Sabino Cassese alla bruciatura rovente, insieme all’amico Giuseppe Conte, di una figura istituzionale come il capo dei servizi segreti Elisabetta Belloni. 

Dopo è andata sempre peggio. Oggi la Swg dà la Lega al 16,2%, meno 0,8 in una settimana (alle Europee del 2019 aveva ottenuto il 35%, primo partito), in un trend negativo che appare inesorabile parallelo a quella del partner ai tempi del governo gialloverde, il Movimento 5 stelle – e non può essere una caso che le due colonne del populismo cadano assieme «come un corpo morto cade», avrebbe detto Dante. 

Ma c’è una differenza enorme tra grillini e leghisti. Il M5s cede perché, come abbiamo scritto tante volte, si è esaurita la sua ragion d’essere: si tratta di un naufragio strategico. Mentre per la Lega, la crisi odierna è imputabile essenzialmente a lui, al leader, alle sue mosse avventate, spregiudicate, sbeffeggiate, restando viva, dietro di lui, una organizzazione almeno al Nord ancora forte, innervata nella società settentrionale con punte significative anche nel centro-Italia (nel Sud, alla fine, non è andata) e delle buone ragioni politiche, la rappresentanza del mondo produttivo del Nord, una persistente tensione all’autonomia regionale, un moderatismo però di movimento abbastanza spregiudicato: insomma i motivi di fondo che giustificarono la nascita della prima Lega.

Dopo anni di crescita, oggi è il Fattore S che corrode l’albero leghista. È stato Salvini l’uomo-disastro, come detto, nella vicenda istituzionalmente più importante, quella della elezione del Capo dello Stato, un Salvini che in questo anno ha tentato di tenere i due piedi nella scarpa del governo e in quella dell’opposizione, malsopportato da Mario Draghi nel primo caso, surclassato da Giorgia Meloni nel secondo. 

Nella competition con la leader di Fratelli d’Italia ormai non sembra esserci partita: nel sondaggio Swg citato il partito della Meloni non solo è il più votato ma dà alla Lega quasi 6 punti. In un quadro – come notava ieri Stefano Folli su Repubblica – che vede svettare FdI e Partito democratico, due partiti che nella delicatissima fase attuale stanno mostrando un profilo adulto mentre gli junior partner come minimo impacciati sulla guerra di Putin – Lega e M5s – annaspano. 

La terribile figuraccia di Salvini in Polonia non è stata solo penosa in sé ma il simbolo di un crollo d’immagine e, se possiamo dire così, di un modo di quel certo modo fare politica da commedia all’italiana intriso di superficialità, pelo sullo stomaco, insipienza. E a colmare la clamorosa défaillance d’idee non bastano certo le piroette dell’ultimo minuto per far dimenticare la contiguità tra lui e il Cremlino né quelle – come ha ricordato su Linkiesta Amedeo La Mattina – che lo hanno fatto diventare soi disant un fervido sostenitore delle posizioni di Papa Francesco in un grottesco travestimento da pacifista della domenica. 

Ora, è ovvio che per rimuovere l’ostacolo Salvini servirebbe un piano politico per sostituirlo, piano che non c’è soprattutto per timore di uno sconquasso troppo pericoloso a un anno dalle elezioni politiche. Ma è anche vero che dentro la Lega non mancano personaggi in grado di incarnare una fase nuova del partito, a partire, anche questo si è scritto tante volte, da Giancarlo Giorgetti per finire a Luca Zaia (che però non ne vuole sapere) a Massimiliano Fedriga, uno che è molto cresciuto nella veste di governatore del Friuli Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle Regioni. Ma occhio anche al ministro Massimo Garavaglia e al capogruppo Riccardo Molinari. 

L’impressione dopo il misfatto di Przemyśl è che i maggiorenti di via Bellerio tenderanno se non a imbrigliare quantomeno a controllare l’ex Capitano tentando di ridurre l’impatto negativo delle sue uscite. Intanto lui ha annunciato di voler tornare in Polonia: come diceva Nanni Moretti, «continuiamo così, facciamoci del male». Il Fattore S è il problema della Lega, per la gioia di Giorgia Meloni ma anche dei nemici del sovranismo.