Cambio di paradigmaL’analfabetismo di fronte al male e la nouvelle vague della politica estera

L’invasione russa fa riflettere su quanto le istituzioni del mondo occidentale siano incapaci di leggere le intenzioni dei regimi autoritari, un errore già commesso con Hitler e ripetuto oggi con Putin. La tendenza attuale, poi, è punire certi atteggiamenti con le sanzioni, la nuova arma delle democrazie contro chi le vuole distruggere

AP/Lapresse

L’invasione russa in Ucraina deve farci riflettere su due grandi questioni: la prima è un errore storico che continuiamo a ripetere. La seconda invece, è relativa a un nuovo modo di fare politica estera cui stiamo assistendo.

Partiamo dalla prima questione: l’analfabetismo delle nostre istituzioni di fronte al Male. Come diceva saggiamente Franz Kafka: «Il male conosce il bene, il bene non conosce il male». È infatti dai tempi di Hitler che l’Occidente non ha voluto né saputo leggere e prendere sul serio i suoi libri, i suoi discorsi, le sue parole. Con le conseguenze che ben conosciamo.

Eppure da Adolf Hitler a Vladimir Putin, il loro programma era scritto nero su bianco. Siamo stati noi a non volerlo capire. I discordi di Putin sull’Ucraina come parte integrante della Russia sono lì, scritti nero su bianco. Bastava volerli leggere.

Tutti i regimi vivono di propaganda, ma noi non sappiamo più leggerla, purtroppo. Il nostro passato fascista e la nostra cultura antifascista sono ormai annacquati feticci: abbiamo perso la capacità di interpretare i voleri dei regimi autoritari, pur avendone vissuto uno durato vent’anni.

L’altra grande questione è la nuova politica estera che stiamo inaugurando in questi giorni: le sanzioni economiche. Il mondo intero (Svizzera compresa!) sta ormai procedendo unitamente contro l’economia russa.

È indubbio che i risultati arriveranno, basta vedere le reazioni di panico della borsa russa e del suo rublo ai primi provvedimenti da parte del mondo libero. Ed è proprio questo il punto che ora a tanti sfugge: stiamo creando un importante precedente.

Dal subire la guerra ibrida (dal terrorismo alle fake news di cui siamo inondati da parte di diversi regimi) al reagire con una guerra nonviolenta condotta attraverso le sanzioni la differenza è enorme.

Oggi l’oggetto della nuova politica estera nonviolenta è la Russia. E domani, la Cina? O la Turchia? Chiunque avesse proposto queste politiche sanzionatorie ieri, sarebbe stato preso per pazzo. Da domani, a fronte di un Recep Tayyip Erdoğan che cancelli il libero voto, chi proponesse di rimuovere alcune banche turche dal sistema Swift (sul modello di quanto applicato alla Russia) potrebbe essere visto come un pragmatico.

Voglio dire che al di là della situazione contingente, ci troviamo di fronte a un potenziale cambio di paradigma nelle relazioni internazionali: dove finalmente le democrazie potrebbero muoversi contro chi le vuole distruggere, e non solo difenderti passivamente come fatto sino ad ora. Il fine ultimo? Passare dalle sanzioni come reazione a una avvenuta invasione, alle sanzioni per prevenire invasioni o cancellazioni del libero voto democratico. Sta solo a noi, opinioni pubbliche occidentali, essere più determinate e coraggiose. Prossima tappa? La difesa di Taiwan.

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