Da tre decenni alcuni volontari cercano di mantenere una promessa fatta dal governo americano nel 1945: riportare a casa gli 80.000 soldati statunitensi dispersi durante la Seconda guerra mondiale. “Keeping America’s Promise” è lo slogan di Project Recover, una ONG fondata dal medico e chimico Patrick Scannon. Trovare i resti di qualcuno scomparso da quasi 80 anni può sembrare una mission impossible, ma non sarebbe il primo caso per il Dott. Scannon: prima di diventare un consigliere per la biodifesa alla Casa Bianca, ha sviluppato per 35 anni terapie cliniche con la sua azienda biotecnologica. Oggi Project Recover opera in oltre 20 paesi contando sull’impegno di centinaia di volontari appassionati. L’imprenditore Dan Friedkin (proprietario della A.S. Roma, ndr) ne presiede il Cda, mentre il direttivo è composto da professionisti dal campo dell’aviazione, dell’archeologia, della marina, del paracadutismo, della storia. Ma anche ex agenti speciali, ex Capi di Stato Maggiore, ex astronauti e, ovviamente, ex soldati.
Grazie al supporto del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti e alla collaborazione con il College of Earth, Ocean and Environment dell’Università del Delaware e l’Istituto Internazionale di Oceanografia Scripps, i determinati ricercatori sono riusciti a individuare già 500 relitti di aerei e 3000 possibili resti umani in giro per il mondo. Fino ad ora ne hanno faticosamente restituiti 15 alle rispettive famiglie, ma il loro obiettivo è di recuperare tutte le spoglie. Il segreto del loro successo è un metodo rigido che si articola in sette fasi: ricerca storica, pianificazione, perlustrazione, documentazione, recupero, identificazione e rimpatrio. Ogni missione può richiedere diversi mesi, in alcuni casi anche anni, e gli strumenti utilizzati sono all’avanguardia. Da pochi mesi c’è un italiano a capo di tutte le attività di Project Recover in Europa: si chiama Aldo Costigliolo, ha 59 anni ed è un pluridecorato Generale di Brigata dell’Esercito Italiano, ora in riserva. Ha accettato questo nuovo incarico gratuitamente.
Nato a Genova, si è arruolato al distretto militare ligure poco dopo aver compiuto 18 anni, senza dire nulla ai genitori, ma avendo parlato a lungo con suo nonno, un ufficiale della Seconda guerra mondiale che gli ha trasmesso quella passione che avrebbe caratterizzato 40 anni della sua vita. Battezzato come artigliere nelle Truppe Alpine, ha partecipato a missioni della NATO, dell’ONU e dell’EUROFOR (EUropean Rapid Operational FORce, attiva dal 1995 al 2012, ndr). Nel nostro Paese ha seguito le operazioni terrestri, l’analisi di intelligence, il coordinamento degli interventi esteri, il comando logistico e le unità addestrative. Dal 2011 al 2013 ha comandato il 1° Reggimento Artiglieria Terrestre (Brigata Alpina Taurinense, ndr) fronteggiando l’alluvione in Liguria e l’emergenza neve in centro e sud Italia, gestendo l’operazione Strade Sicure a Genova e guidando un’importante missione in Afghanistan. Per 6 mesi, infatti, Costigliolo è stato a capo dell’Unità Provinciale di Ricostruzione ad Herat: grazie a un budget di 5 milioni di euro insieme ai suoi uomini ha costruito 13 scuole, 4 ambulatori, 1 caserma dei vigili del fuoco, chilometri di strade e fognature e diversi edifici governativi. Oggi mi descrive quel periodo come una partita a scacchi che ha però prodotto utili risultati rendendolo orgoglioso, anche se ha dovuto rispondere ad alcune minacce di cui preferisce non parlare. La sua carriera si è conclusa con la promozione a Sottocapo di Stato Maggiore, dopo aver ricevuto diverse onorificenze come Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Croce di bronzo al merito dell’Esercito Italiano.
Racconta di essere venuto a conoscenza di Project Recover per caso, quando nel 2018 l’organizzazione cercava un supporto logistico in vista di uno studio preliminare nel Bel paese. Ricorda di aver percepito da subito un feeling speciale, era entusiasmante toccare con mano la storia. Confessa che il primo incontro si è svolto in un luogo top secret nell’arcipelago toscano che qualche mese dopo gli avrebbe consegnato importanti scoperte grazie anche a dei vecchi pescatori locali (tra le sue migliori fonti). La successiva spedizione subacquea esplorativa avrebbe confermato i riscontri positivi: si trovava per la prima volta davanti a resti della Seconda guerra mondiale. L’anno successivo la pandemia ha fermato le operazioni, ma il team del Generale ha continuato a pianificare missioni in tutta Europa come nel resto del mondo. L’ultima missione italiana è stata nel 2021, nel nord est della penisola, in una zona gravosa che ha richiesto interventi di terra e di acqua.
I suoi progetti sono coperti da riservatezza fino al loro completamento per salvaguardarli e tutelarli, dopo che in passato sono stati oggetto di furti: «Si tratta di ladri che insultano le famiglie in attesa di quelle spoglie», aggiunge Costigliolo. Quando mi descrive il suo lavoro parla come se fosse in un cold case. Ricorre alla migliore scienza e tecnologia del XXI secolo: fotocamere, videocamere, sottomarini a comando remoto, droni, sonar, magnetometri, metal detector e rilevatori ossei. Alcuni strumenti, mi dice, valgono più di un milione di dollari. Grazie agli esperti dell’agenzia governativa DPAA (Defense POW/MIA Accounting Agency, ndr) vengono condotte analisi forensi sui resti ed estraggono campioni di DNA che poi vengono confrontati con quelli dei membri della famiglia. «Lo facciamo – spiega il Generale – perché siamo esseri umani. Investiamo energie e risorse credendo che sia importante recuperare non solamente la memoria, ma anche la giustizia e la dignità, nonostante sia passato quasi un secolo. La promessa di non lasciare indietro nessuno (To leave no one behind, in inglese, ndr) è tra le fondamenta dell’azione militare, soprattutto in America. È quindi essenziale restituire il giusto onore a una persona che ha perso la vita servendo il proprio paese. Inoltre, durante le nostre attività, consentiamo alle università che collaborano con noi di formarsi. Il gioco vale la candela, da tutti i punti di vista».
Il nostro esercito fece qualcosa di simile negli anni ’90, organizzando diverse missioni, difficili e lunghe, per recuperare le spoglie degli alpini caduti nella campagna in Russia. Quando Costigliolo si è unito al progetto era come aver seguito un fil rouge. Ci tiene a precisare che vedere commilitoni rientrare a casa avvolti in un tricolore o portare i segni di ferite subite sono episodi che non possono lasciarti indifferente. Avendo portato l’uniforme, sa bene cosa significhi il sacrificio. Oggi si reputa fortunato, rifarebbe tutto ed è soddisfatto della sua vita. Dice che gli è sempre piaciuta la parola Servitore dello Stato, l’idea di essere al servizio del tuo Paese. È felice di aver donato la sua esistenza per gli ideali in cui crede, ne va fiero. Purtroppo, la storia è ciclica e ci si dimentica troppo spesso del passato. Ed ecco che sotto la minaccia di una terza guerra mondiale, c’è chi va ancora alla ricerca delle ferite insanabili dell’ultima. Di stare a casa a godersi la pensione non se ne parla: «Finché ho un fisico che me lo consente e uno spirito che mi fornisce l’energia, mi piace cercare di fare qualcosa di utile per la comunità. Egoisticamente, dico che mi fa stare bene. Mi sto godendo la pensione alla grande, tanto abbiamo un’eternità per riposare».