«La Russia rafforzerà i suoi confini occidentali se Svezia e Finlandia si uniranno alla Nato». Arrivano sempre parole strumentali, esagerate, bellicose dai vertici di Mosca riguardo i suoi vicini europei. Stavolta è stato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia, Dmitrij Medvedev, a ribadire la solita, scellerata, narrazione del Cremlino per cui un avvicinamento dei Paesi scandinavi all’Alleanza atlantica viene vista come una minaccia che richiede una risposta aggressiva. «Non si potrà più parlare – ha aggiunto Medvedev – di status denuclearizzato per il Baltico, l’equilibrio dovrà essere restaurato».
L’adesione alla Nato dei due Paesi scandinavi, che storicamente cercano di coordinare le proprie operazioni di difesa, rappresenterebbe uno spartiacque nella storia dell’Alleanza e cambierebbe il panorama della sicurezza europea.
Paradossalmente Vladimir Putin otterrebbe esattamente il contrario di quel che voleva e che cercava con l’insensata aggressione dell’Ucraina. «Invece di schiacciare il nazionalismo ucraino, lo ha rafforzato. Invece di indebolire l’alleanza transatlantica, l’ha solidificata. Invece di dividere la Nato e bloccarne la crescita, l’ha unita», scrive il New York Times.
L’ipotesi di un ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza atlantica è diventata giorno dopo giorno più concreta nelle ultime sette settimane. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha detto la scorsa settimana che Finlandia e Svezia «potrebbero aderire facilmente», sottolineando che entrambe soddisfano gli standard della Nato in termini di interoperabilità delle operazioni militari.
Tuttavia, potrebbe volerci anche un anno prima che i due Paesi ottengano l’adesione formale alla Nato, e anzi non è così scontato che l’iter arrivi a compimento: la domanda deve essere approvata da tutti i membri della Nato, tra questi c’è il premier ungherese Viktor Orbán che potrebbe avere diverse remore a dare il proprio benestare.
Il governo finlandese guidato da Sanna Marin mercoledì ha presentato al Parlamento il Libro bianco che farà da base alle discussioni sull’ingresso nella Nato. «Se la Finlandia e la Svezia diventassero membri della Nato, la soglia per l’uso della forza militare nella regione del Mar Baltico aumenterebbe, il che rafforzerebbe la stabilità della regione a lungo termine», si legge nel documento.
L’idea è quella di presentare la domanda ufficiale prima del vertice Nato di Madrid (29 e 30 giugno). Helsinki prenderà la sua decisione nelle prossime settimane.
Michael Hirsh di Foreign Policy dice che «la Finlandia potrebbe essere in procinto di ribaltare drammaticamente l’equilibrio e consegnare a Putin la sua più grande sconfitta di sempre».
Fino a poco tempo fa la Finlandia si poteva definire un Paese sostanzialmente non interessato all’ingresso nella Nato, aveva rapporti relativamente buoni con la Russia – tra i Paesi c’era un dialogo necessario, come ha detto la ministro della Difesa Antti Kaikkonen. E le posizioni dei principali partiti politici rispecchiavano questa condizione.
Nelle ultime settimane è cambiato tutto, da un lato all’altro dello spettro politico. Uno dopo l’altro, i cinque partiti del governo (centrosinistra), tradizionalmente contrari all’adesione all’Alleanza atlantica, hanno cambiato idea. E lo stesso ha fatto l’estrema destra dei Veri finlandesi, ormai favorevole alla Nato. Annika Saarikko, ministro delle Finanze e leader del Finnish Centre Party, lo scorso fine settimana ha annunciato il cambiamento nella posizione del suo partito: «L’idea di sicurezza della Finlandia è cambiata nelle prime ore del 24 febbraio, quando la Russia ha lanciato il suo attacco».
La Svezia dovrebbe seguire le orme della Finlandia, ma dovrebbe essere più cauta. Il primo ministro, Magdalena Andersson, dovrebbe incontrare maggiori resistenze tra i socialdemocratici del suo Paese.
D’altronde la Finlandia il tema ha urgenze diverse rispetto alla Svezia: condividendo il più lungo confine europeo con la Russia, oltre 1.340 chilometri, Helsinki ha paura di essere il prossimo bersaglio del Cremlino.
Ma non solo. Dopo le dichiarazioni sulla richiesta di adesione alla Nato, la Finlandia teme anche di subire ritorsioni mentre l’iter arriva a compimento. Per questo motivo alcuni esponenti del governo hanno chiesto protezione temporanea. «Penso che potremmo assistere a un periodo di incursioni ibride. Ma non voglio speculare. I russi hanno detto che reagiranno, in qualche modo. E penso che investiranno più forze militari in questa parte dell’Europa, sul fianco occidentale», ha detto ieri a Repubblica Antti Kaikkonen, ministro della Difesa finlandese.
Intanto Helsinki si prepara a eventuali provocazioni russe facendo leva sul suo esercito, che ha una capacità di combattimento di 280mila soldati cui si aggiungono 900mila riservisti. In più l’anno scorso la Finlandia comprato 64 jet F-35 e quest’anno ha investito 2,9 miliardi in più sulla difesa.
🇫🇮🤝🇸🇪
The security situation in Europe has changed fundamentally following Russia’s attack on Ukraine.
PM @MarinSanna discussed with @SwedishPM how to strengthen the security of Finland and Sweden in the changed security environment.
More:https://t.co/97hsMl5H8r pic.twitter.com/DyRwbF1yQ5
— Finnish Government (@FinGovernment) April 13, 2022
Per anni, dalla fine della Guerra Fredda, il dibattito sull’adesione alla Nato era sparito dalle cronache politiche finlandesi. Molto semplicemente, ai cittadini non interessava, non era percepito come una priorità, e nemmeno come una preoccupazione. E la politica l’aveva riposto in soffitta.
L’attacco della Russia all’Ucraina ha rifocalizzato l’attenzione sulle nuove esigenze di sicurezza. Diversi sondaggi nazionali rivelano che il 60% dei finlandesi è favorevole all’adesione alla Nato, un dato raddoppiato rispetto a due mesi fa. Un altro sondaggio ha rilevato che solo sei dei 200 parlamentari finlandesi si opporrebbero all’ingresso nell’Alleanza.