Vocazione BertinottiConte è tentato di andare da solo alle elezioni (ma magari!)

Per salvare il movimento, agonizzante nei sondaggi, il leader grillino sembra pronto a una svolta radicale e neutralista, fuori dal governo. La nuova tappa del populismo italiano sembra essere sempre più distante dal Pd, per fortuna

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Giuseppe Conte è in piena fase bertinottiana, proteso a dare una verniciata radicale al suo Movimento Cinque Stelle bisognoso più che mai di un qualche propellente. Ce lo ricordiamo, Fausto Bertinotti, no? Orgoglioso difensore delle caratteristiche estremiste della sua Rifondazione comunista, fece sempre più fatica a stare a fianco dei riformisti sia durante il primo che durante il secondo governo Prodi, e anzi il primo – 1996-98 – cadde proprio per iniziativa del Prc. 

Vedremo se Conte seguirà la stessa strada del subcomandante Fausto e si muoverà per far cadere il governo, cosa che lui nega con grande foga. 

In ogni caso la radicalizzazione delle posizioni e soprattutto dei toni, che in politica certe volte contano più del merito, che da qualche giorno caratterizzano Giuseppe Conte potrebbero preludere a una scelta clamorosa: quella di correre da soli alle prossime elezioni. 

La cornice ideale per questa corsa in solitaria ovviamente sarebbe il proporzionale, un sistema che stimola ciascun partito a brillare di luce propria sviluppando al massimo la propria specificità. 

La frase pronunciata dall’avvocato – «non siamo la succursale del Partito democratico» – non è solo una rivendicazione di autonomia ma il sintomo di una crescente distanza politica dal Nazareno che d’altronde è palesemente esplosa sulla vicenda dell’aumento delle spese militari con Conte che per la prima volta ha minacciato la rottura sulla politica di difesa e lo ha fatto con toni populisti sì ma anche sociali: il ragionamento molto elementare è stato infatti dire no all’aumento per il «riarmo» con la gente oberata dal caro-bollette, più o meno il discorso che fanno i ventenni che stanno occupando la facoltà di Lettere all’Università di Roma, il che per un ex presidente del Consiglio non è proprio il massimo dei paragoni. 

Seguendo le indicazioni di Marco Travaglio, direttore sempre più avanguardista di un giornale che ormai assomiglia a Stella Rossa degli anni Settanta, Conte sta cercando di costruire il Partito neutralista italiano (Pni) pescando nel vasto mondo del pacifismo nelle sue gradazioni più estremiste, non sapremmo dire se fino a lambire le zone rosse apertamente schierate con Vladimir Putin. 

E tenendo conto che da secoli la sinistra radicale non riesce a dare una convincente forma politica e parlamentare al ribollire dell’estremismo, e questo (anche) perché non ha un contenitore e non ha un capo, l’avvocato del popolo può essere indotto a ritenere che ci sia dunque lì uno spazio vitale per un M5s che negli anni ha dovuto soccombere rispetto alla prova del governo. Di qui la possibile separazione dei destini di M5s e Pd, con una giravolta mostruosa dell’ex «punto di riferimento fortissimo dei progressisti», secondo l’infausta formula che Nicola Zingaretti non riuscirà mai a cancellare dal suo curriculum. 

Ci si potrà chiedere se l’avvocato abbia le physique du rôle per fare il Masaniello di sinistra – verrebbe d’istinto da rispondere di no – e se sia credibile all’ex alleato di Salvini colorarsi di rosso, ma se davvero volesse prendere questa deriva estremista Conte non troverebbe nel suo partito grandi ostacoli, a parte la clamorosa eccezione di Luigi Di Maio e i suoi non moltissimi seguaci; e anzi potrebbe recuperare il tosto dissenso di un personaggio che ha una sua popolarità come Alessandro Di Battista e provare a lanciare un’opa su tutto un mondo ambientalista, pacifista, no vax, un vaffa più sociale, nella speranza (vana?) di ritornare a una percentuale decente, perché se le cose continuano così il rischio è di non raggiungere le due cifre, uno smacco storico per un partito che quattro anni fa era volato oltre il 30%. 

Potrebbe essere questa dunque la nuova tappa del populismo italiano: acquartierarsi su una sponda protestataria per cannoneggiare il quartier generale sfruttando l’humus populista che da sempre alligna nella sinistra-sinistra: in fondo da Paola Taverna agli occupanti dell’Università il passo è breve. 

Chi ha ascoltato a Piazzapulita Michele Santoro, padre del travaglismo, mentre teorizzava che il problema non è Putin ma «la guerra» (con una distinzione prova di senso comune) ha potuto verificare la contiguità fra un certo pacifismo di sinistra e il nuovo corso dell’avvocato Conte. Forse quelle di questi giorni sono solo «provocazioni», come dicono al Nazareno, forse invece è una strategia, una follia lucida per evitare una bancarotta storica.