La resistenza dileggiataL’insopportabile maldicenza della «guerra per procura»

Accreditare la teoria della «proxy war», che fa tanto fino ripetere tra gente che vuole darsi un tono, significa cancellare gli ucraini dal quadro e irridere il loro sacrificio, descrivendoli come pupazzi di qualcun altro

AP Photo/Vadim Ghirda

Da tempo sui giornali e in televisione si sente usare, a proposito del conflitto russo-ucraino, un’espressione apparentemente neutra: «Guerra per procura». C’è persino chi non resiste a sfoggiarla nella versione inglese di «proxy war». Il succo però è lo stesso, ed è l’idea che la vera guerra non si stia combattendo tra russi e ucraini, ma tra russi e americani.

Dietro il classico atteggiamento di quelli che la sanno lunga, che non se la bevono, che non credono mica alle versioni ufficiali e all’«informazione mainstream», c’è anche, come sempre, un grano di verità, perché è evidente che nel conflitto hanno un ruolo anche gli Stati Uniti, anche l’Europa, anche i paesi Nato impegnati, come l’Italia stessa, nel sostenere gli ucraini (e meno male).

Resta il fatto che i primi a non aspettarsi una simile resistenza erano proprio gli americani, i quali all’indomani dell’invasione, com’è noto, avevano subito offerto a Zelensky la possibilità di fuggire, convinti che i russi sarebbero arrivati a Kiev in un baleno.

Per inciso, era quello che pensavano anche i tanti sottili politologi e geopolitologi che fino al giorno prima escludevano categoricamente un’invasione russa, e dal giorno dopo escludevano altrettanto categoricamente che l’Ucraina avrebbe potuto resistere a lungo. E oggi, invece di spiegarci perché non avessero capito niente di come questa guerra è cominciata, né di come è continuata, insistono a spiegarci come andrà a finire. Ripetendo con parole appena più forbite l’argomento secondo cui l’Ucraina non sarebbe nient’altro che una marionetta nelle mani degli americani, senza alcuna volontà, responsabilità e nemmeno personalità propria. Del resto, a giudizio dei russi, ma evidentemente non solo loro, è una nazione che non esiste. E ciò che non esiste non può avere una personalità.

Eppure è stato Zelensky a lasciare di sasso gli americani che gli offrivano una via di fuga replicando con la celebre battuta: «Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio». Tanto dovrebbe bastare per dimostrare che la versione della propaganda russa sulla resistenza ucraina come semplice copertura e invenzione degli Stati Uniti è, per l’appunto, propaganda (ma chi l’avrebbe mai detto).

Ieri però uno dei più autorevoli sostenitori della teoria secondo cui quella in corso sarebbe una «guerra per procura», il direttore di Limes Lucio Caracciolo, ha compiuto un passo in più. Nel suo articolo sulla Stampa ha scritto infatti che «la dinamica strategica di questa guerra non troppo indiretta tra Washington e Mosca spinge alla rottura fra Europa e Russia», che già è piuttosto netta come impostazione, dopodiché ha aggiunto testualmente: «Sia che in Ucraina prevalgano nel tempo gli americani via ucraini (possibile) o i russi (improbabile), come anche in caso di provvisorio stallo codificato in nuova partizione del paese, la separazione fra Nato e Federazione Russa volge al divorzio senza appello».

Avete letto bene: sia che in Ucraina prevalgano nel tempo «gli americani via ucraini». Mi sembra un’espressione meritevole di qualche riflessione, e non certo per ragioni di galateo, sensibilità o men che meno di osservanza del politicamente corretto.

Il fatto è che «via ucraini» è l’espressione linguisticamente più esplicita di un processo di “cosificazione” di un intero popolo e della sua resistenza, ridotti appunto a cosa, strumento, semplice mezzo, forse anche mezzo di trasporto. Come sono arrivati gli americani fino lì? Semplice: via ucraini. Non «via Ucraina», ma «via ucraini», dove sono le persone stesse, cioè gli uomini e le donne che stanno combattendo e morendo per difendere se stessi e le proprie famiglie, a diventare una specie di tappeto, una guida, un macabro tapis roulant per i soliti americani.

Non è una questione di forma. È una questione di sostanza, e la sostanza è la stessa che sta dietro alla più elegante espressione della «guerra per procura», che fa tanto fino ripetere tra gente che vuole darsi un tono di chi sa come va il mondo. Ma che significa, nei fatti, cancellare del tutto gli ucraini dal quadro. Significa calunniare la loro resistenza e irridere il loro sacrificio, descrivendoli come pupazzi di qualcun altro. Significa spogliarli di ogni dignità e di ogni personalità autonoma, dopo che sono stati già spogliati di tutto il resto. Significa togliere agli ucraini l’ultima cosa che è loro rimasta: la volontà di resistere, insieme con il coraggio, la dignità e la forza morale di farlo a ogni costo, pur in condizioni disperate, pur dinanzi a un avversario tanto più forte, anche quando tutti, amici compresi, americani compresi, europei compresi, li davano ormai per spacciati.

Potranno mai perdonarci?