Ministro dell’AreaI portieri che sbagliano in realtà sono un’ottima notizia per il calcio

Lo svarione di Radu in Bologna-Inter rischia di essere pesantissimo, così come quelli di Donnarumma e Mendy, che sono costati la Champions a Psg e Chelsea. Ma se gli estremi difensori sono chiamati a usare sempre di più i piedi è perché il gioco si evolve

Lapresse

A una decina di minuti dalla fine di Bologna-Inter Perisic spedisce una rimessa laterale verso il suo portiere, che per l’occasione è Ionut Radu, 24 anni e una sola presenza in stagione, a gennaio, in Coppa Italia. La palla schizza veloce sul terreno, Radu vuole giocarla con il sinistro, forse per controllarla o per girarla rapidamente sull’altra fascia. Manca incredibilmente il pallone, che lo sorpassa e va verso la porta. Fa in tempo ad arrivare Sansone, attaccante del Bologna, per segnare il gol più facile della sua carriera, quasi sulla linea di porta. L’Inter perde 2-1 e si allontana dai rivali del Milan. Potrebbe essere un momento decisivo nella lotta scudetto.

L’errore di Radu è in realtà molto razionale, ha molto senso nel calcio di oggi. A Bologna l’Inter si giocava una buona fetta dello scudetto 2021/22. Il risultato di parità, sull’1-1, era sinonimo di due punti persi più che di un punto guadagnato. L’Inter aveva bisogno di costruire un’azione offensiva, costruirla bene e cercare la porta, non c’era più molto tempo.

L’idea più razionale, allora, non era il lancio rapido in avanti per risalire il campo in fretta, ma passare dalle retrovie per costruire l’azione nel modo più pulito possibile. Poi c’è stato un errore tecnico, evidente e pesantissimo, decisivo forse ben oltre la singola partita. Ma l’errore tecnico non è controllabile, può esserci sempre, a tutti i livelli, in ogni zona di campo e in ogni momento della partita. E può capitare a due portieri fortissimi come Donnarumma (Psg) e Mendy (Chelsea), in Champions League, a portieri giovani e ancora inesperti come Radu o Meret (nell’ultimo turno di campionato contro l’Empoli).

C’è un modo per ridurre al minimo gli errori potenzialmente più dannosi, come quelli di un portiere che lascia sfilare un pallone che poi finisce in porta: il modo è non far giocare il pallone al portiere con i piedi, ma molto spesso si traduce in una rinuncia a costruire un’azione manovrata dal basso, un’azione più efficace e controllata.

In uno dei primi capitoli del libro “La Piramide Rovesciata”, lo storico del calcio Jonathan Wilson scrive: «All’inizio c’era il caos, e il calcio era senza forma». Il resto del libro ci dice che il calcio si è evoluto cercando forme – sempre nuove e sempre diverse – di controllo, del pallone, del movimento degli uomini, dello spazio sul campo.

Si può partire da qui per spiegare perché, negli ultimi anni, una fetta sempre più ampia degli allenatori di tutto il mondo abbia deciso di adottare la costruzione dal basso come principio di base per il proprio gioco.

E non è una scelta meramente estetica. Un anno fa un report dell’osservatorio calcistico CIES sulle stagioni 2016/17 e 2017/18, indicava che le squadre che hanno vinto un campionato europeo (di prima e seconda divisione) hanno avuto una percentuale media di possesso palla superiore al 57%. E la quota minima media di passaggi per match nei cinque maggiori campionati europei (Inghilterra, Spagna, Germania, Italia e Francia) dal 2010 a oggi è cresciuta da 752 (Ligue 1 2009/10) fino a 863 (Liga 2018/19); la quota massima, invece, è passata da 784 (Serie A 2009/10) a 918 (Premier League 2018/19).

Da qui, si può intuire perché la costruzione dal basso sia un modo per espandere il più possibile questa ricerca del possesso, quindi del controllo: vuol dire dominare il gioco fin dall’inizio di ogni azione, allenare e sviluppare degli strumenti tecnici per farlo.

È evidente che non tutti i portieri abbiano le qualità tecniche, nel controllo e nel passaggio con i piedi, di fenomeni generazionali come Neuer, ter Stegen, Ederson o Alisson. Ma questi portieri rappresentano, oggi, una sorta di evoluzione della specie: sono la versione moderna del portiere – nel gergo molto anglofono del calcio sono chiamati sweeper-keeper, cioè portieri-libero – a cui non è più richiesto solamente di parare, di usare le mani, di intercettare tiri e cross degli avversari. Ai massimi livelli della piramide calcistica, sempre più spesso, il portiere deve avere certe caratteristiche nel proprio bagaglio tecnico, deve essere in grado di controllare con i piedi, deve avere visione di gioco e tecnica di calcio, deve saper leggere il gioco e comandare la difesa.

Il processo evolutivo è iniziato quando è stata abolita la possibilità di giocare il pallone con le mani su passaggio volontario all’indietro, nel 1992: molte carriere sono state influenzate dal nuovo regolamento. Anzi, è cambiata proprio l’interpretazione del ruolo.

La stessa Inter lo scorso gennaio si è assicurata il portiere del Camerun e dell’Ajax, André Onana. Non è il più forte tra i pali, o nelle uscite, ma può giocare ad altissimi livelli proprio per la sua qualità nel gioco con i piedi. Forse Onana rappresenta, in qualche modo, l’espressione massima dell’evoluzione del gioco: il calcio e il calciomercato del 2022 premiano un portiere – concedendogli un posto in una grande squadra – non per quello che fa con le mani ma per quello che fa con i piedi.

Ci sono evidenze statistiche a giustificare la decisione di giocare il pallone dalla difesa. Nella Premier League 2019/20, ad esempio, i rinvii dal fondo battuti lunghi (oltre i 40 metri) hanno garantito una progressione media, sul campo, di 38 metri; quelli giocati con un primo passaggio corto, invece, hanno guadagnato 49 metri in media.

È per questo che sempre più spesso si punta su questo stile di gioco, sulla costruzione dal basso per avviare la manovra.

Anche la Federcalcio italiana in questo report di aggiornamento sulla formazione e l’allenamento dei giovani portieri prevede diverse sedute di tecnica individuale basata sul controllo e il passaggio del pallone, anche in situazioni di difficoltà, come la ricezione di passaggi alti o imprecisi.

Non tutti i portieri hanno già sviluppato queste caratteristiche tecniche, ma il calcio lo richiede sempre di più, soprattutto ad alti livelli – dove si predilige un gioco più controllato e meno casuale – ed è probabile che in futuro gli errori tecnici come quello di Radu saranno sempre più rari.

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