Era la «domanda da cento milioni di dollari», come l’ha definita un funzionario del Consiglio europeo alla vigilia: la posizione della Cina sul conflitto in Ucraina. Ma l’incontro tra i vertici comunitari e quelli della Repubblica popolare, presentato come un «summit di guerra» è sembrato molto simile a un dialogo fra sordi, tanto che le due parti non hanno prodotto nemmeno una dichiarazione congiunta.
Le richieste dell’Europa
Le parti concordano sul fatto che l’invasione dell’Ucraina minaccia la sicurezza e l’economia globali, ha detto Charles Michel alla fine del doppio incontro in videoconferenza, prima con il Premier cinese Li Keqiang, poi direttamente con il presidente Xi Jinping.
I punti di contatto, però, finiscono qui. La Cina, ad esempio, è reticente anche a utilizzare la definizione «guerra», per quella che Vladimir Putin continua a chiamare «operazione speciale di pace». Ma soprattutto, non sembra avere intenzione di assecondare le richieste europee.
«Abbiamo chiesto alla Cina di porre fine alla guerra. Ogni tentativo di aggirare le sanzioni o fornire aiuto alla Russia le prolungherebbe», ha spiegato Michel, in un dialogo che valuta «franco e aperto». Ursula von der Leyen, intervenuta nella stessa conferenza stampa, ha aggiunto quella che può sembrare una precisazione: «Se non vogliono imporre sanzioni, almeno non interferiscano».
I presidenti di Consiglio e Commissione europea hanno ribadito la responsabilità di Pechino, che detiene un seggio nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nel difendere la pace globale.
«È importante che tutto l’Occidente unito chieda conto alla Cina delle sue intenzioni», dice a Linkiesta l’eurodeputato della Lega Marco Dreosto, che segue da vicino le tematiche relative all’estremo Oriente.
Per persuadere la controparte, i rappresentanti dell’Ue hanno anche puntato sull’economia: gli scambi con Europa e Stati Uniti rappresentano infatti circa un quarto del volume commerciale della Cina, quelli con la Russia poco più del 2%.
Equilibrismo cinese
Da parte cinese però non è arrivata nessuna garanzia. C’è sì un impegno a perseguire la fine delle ostilità, ma solo a «modo proprio», senza allinearsi alle sanzioni, né tantomeno alla retorica occidentale. Respinto ogni tentativo europeo di ottenere una presa di posizione più marcata di condanna. Secondo gli esperti, Pechino rimane in una sorta di «area grigia» per quanto riguarda la postura da adottare sul conflitto in corso.
La Cina non ha infatti nessun interesse a fare il gioco di Ue e Stati Uniti, quanto piuttosto a sfruttare la delicata situazione a suo vantaggio. Al momento la strategia della Repubblica popolare è all’insegno dell’equilibrismo: nessuna condanna esplicita dell’aggressione russa, ma nemmeno sostegno aperto alle mosse di Mosca.
Non a caso la Cina si è astenuta nella risoluzione Onu di inizio marzo che condannava l’invasione dell’Ucraina. Una scelta che inizialmente era stata letta in modo positivo, perché Pechino non si era schierata con quei Paesi (Siria, Eritrea, Corea del Nord, e Bielorussia) che avevano votato contro.
Nel corso della guerra, però, i messaggi sono rimasti ambigui. La diplomazia cinese ha espresso preoccupazione per il conflitto e, almeno pubblicamente, auspicato una soluzione pacifica basata sul dialogo. Ma senza mai minacciare i russi per ottenerla. Anzi, ha definito illegali e controproducenti le, sempre più dure, sanzioni occidentali.
D’altra parte, il governo della Repubblica popolare cinese non è nemmeno disposto a impegnarsi troppo per sostenere quello del Cremlino, se non per proprio tornaconto. Un’analisi di Cnn Business svela come in realtà, senza troppi proclami, la Cina abbia finora evitato di foraggiare l’economia russa in un momento di crisi e isolamento. Ad esempio temporeggiando sulla possibilità di convertire le riserve russe di Yuan in Euro e Dollari o evitando di cedere pezzi di ricambio indispensabili per i velivoli.
A livello politico, comunque, il legame tra i due Paesi è sembrato rinsaldarsi quando il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov ha incontrato il suo omologo cinese Wang Yi nella provincia di Anhui, la prima visita ufficiale da quando è cominciata la guerra. Russia e Cina intendono approfondire la loro cooperazione, agire in sintonia sulla scena globale e, con toni diversi, esprimono la necessità di un cambiamento dei rapporti di forza su scala mondiale.
«La nostra cooperazione non ha limiti. Così come la nostra lotta per la pace, la difesa della nostra sicurezza e l’opposizione a un’ unica egemonia nel mondo», ha detto al termine dell’incontro il portavoce del ministro degli Esteri di Pechino Wang Wenbin.
Nell’occasione, Lavrov ha anche parlato di un «nuovo ordine mondiale multipolare», che si instaurerà al termine di questa «fase delicata». I protagonisti sarebbero ovviamente, Russia e Cina, insieme ai Paesi che li sosterranno. I grandi sconfitti, gli Stati Uniti, che perderebbero la leadership mondiale e forse l’Unione europea, che ancora pare non aver capito come trattare con i cinesi.
Le sanzioni contro parlamentari europei e nazionali, e l’embargo alle merci lituane come ritorsione per l’apertura di una sede diplomatica di Taiwan a Vilnius sono solo gli ultimi episodi di un rapporto complicato tra Bruxelles e Pechino, oggi ancor di più rivale strategico che partner affidabile.