La consapevolezza che il mondo della mobilità sia responsabile di circa un quarto delle emissioni antropogeniche di gas serra non è, purtroppo, ancora diffusa tra tutti gli attori della nostra società. Lo confermano i dati pubblicati recentemente dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), che ci raccontano quanto – nonostante la pandemia e nonostante nonostante la crisi delle materie prime e il rincaro dei costi dell’energia – l’auto privata rimanga il mezzo di trasporto più usato dagli italiani: l’82,9% dei nostri concittadini interpellati dichiara che la utilizzerà per i propri spostamenti nei prossimi tre mesi. Tra coloro che, invece, intendono cambiare modalità di spostamento e utilizzare di più il trasporto pubblico, ci sono specialmente i giovani tra i 18 e i 29 anni.
«Anche se in misura contenuta, i dati dell’Istat sulla mobilità urbana degli italiani indicano l’inizio di una inversione di tendenza rispetto al recente passato, a favore dell’uso del mezzo pubblico e dei sistemi di mobilità dolce», ha affermato il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, dopo la pubblicazione dell’indagine dell’Istituto nazionale di statistica. «Tale cambiamento», aggiunge l’ex presidente dell’Istat, «è principalmente indotto dall’allentamento delle restrizioni dovute alla pandemia e all’aumento del costo del carburante. Ci auguriamo possano incidere anche gli incentivi introdotti recentemente dal governo per l’acquisto degli abbonamenti ai mezzi pubblici».
Ora, stando ai nuovi dati di Inrix – una società specializzata nell’analisi dei flussi di traffico – circa la metà della popolazione impiega al massimo un quarto d’ora per raggiungere il proprio luogo di lavoro. Un individuo su venti, invece, impiega più di un’ora. Non mancano le significative differenze tra regioni: in Lombardia e Lazio il dato medio è molto più elevato, mentre è più basso nelle regioni più piccole in cui sono minori – e meno intensi – i fenomeni di agglomerazione urbana.
Considerando le aree metropolitane, poi, i dati dicono che i tempi di spostamento più lunghi si registrano a Roma: chi si muove nello stesso comune impiega in media più di mezz’ora per arrivare al lavoro, mentre chi si sposta da comuni limitrofi impiega circa un’ora. Dopo Roma, che nel 2019 svettava come la città italiana più congestionata (166 ore annuali per automobilista sprecate nel traffico), le altre italiane che condividono questo triste podio sono Palermo e Torino.
Valori elevati emergono anche dal confronto internazionale: la media dei tempi di spostamento delle tre città di cui sopra risulta doppia rispetto alle città dell’Europa occidentale con dimensioni analoghe. Oltretutto c’è da aggiungere che, sebbene in termini relativamente più contenuti, una maggiore congestione rispetto alle città europee simili si rileva in quasi tutti i principali centri urbani italiani.
Come non convenire con Giovannini quando dice che – per realizzare un cambio duraturo della mobilità locale a favore di forme più sostenibili, anche in un’ottica di decarbonizzazione dei trasporti e di miglioramento della qualità della vita nei centri urbani – serve una strategia complessiva da realizzare in collaborazione con le amministrazioni locali. Tuttavia, è necessario anche stimolare la domanda di mobilità sostenibile. E per farlo, un buon inizio è certamente quello di offrire bonus economici sugli abbonamenti ai mezzi pubblici, come anche fornire piattaforme digitali utili a facilitare la pianificazione degli spostamenti e la scelta dei mezzi (anche in base alle emissioni inquinanti e climalteranti prodotte).
D’altro canto, il livello di sviluppo delle tecnologie di cui disponiamo è certamente all’avanguardia anche rispetto a questi temi. Basti pensare che uno dei maggiori megatrend, che sarà il vero volano del passaggio a nuovi modelli di mobilità, è la tecnologia del veicolo autonomo. La prima competizione ad altissima velocità (si sono toccati quasi i 280 km/h) è avvenuta nei primi giorni di gennaio al Consumer electronics show (Ces) di Las Vegas: hanno gareggiato nove vetture identiche con a bordo nove diversi “piloti di intelligenza artificiale”, sviluppati da altrettanti gruppi di ricerca internazionale. L’Italia ha ottenuto ottimi risultati all’interno di questa gara inedita: il primo posto è stato ottenuto dal team “PoliMOVE” del Politecnico di Milano, mentre il terzo posto dal team italo-emiratino “TII-Euroracing”, nato dalla collaborazione fra Università di Modena e l’istituto TII di Abu Dhabi.