Una teglia tonda chiamata ruoto. La storia di una pizza che è anche un pezzo di storia di una città poco valorizzata dal punto di vista gastronomico, Potenza. Un giovane pizzaiolo che ha deciso di restituire alla sua città la giusta visibilità, attraverso una box e un fumetto. Non è raro che un piatto tradizionale italiano riunisca attorno a sé tante energie. È più raro che succeda in una regione come la Basilicata, dove Giovanni Spera di Casarsa Pizzeria Lucana ha deciso di accendere i riflettori su una delizia gastronomica che può creare dipendenza.
Una prelibatezza nata povera
La pizza nel ruoto o pizza potentina era anticamente chiamata Ruccolo. Come per la focaccia barese e la pizza napoletana, si tratta di un prodotto secondario della panificazione. L’impasto avanzato dopo la formazione delle pagnotte, veniva steso in teglie circolari – i cosiddetti ruoti – e condito con ingredienti semplici e buonissimi: origano, pomodoro e formaggio. Una volta preparati, i ruoti venivano poi infornati prima del pane, quando il forno a legna raggiungeva le temperature più elevate. All’epoca il lievito impiegato era inevitabilmente la pasta di riporto (criscito). Non c’era grande scelta per le farine da usare: quelle fatte da grani locali erano l’unica scelta possibile (e un po’ ci viene da dire “beati loro”).
Con la crescita demografica di Potenza, avvenuta attorno alla seconda metà del secolo scorso, le abitudini alimentari cambiarono. Iniziarono a far capolino in città le prime pizzerie al taglio. Il Ruccolo era il protagonista indiscusso, non più esclusiva di panifici e casalinghe. In quegli anni cambia anche l’impasto. Non vengono più utilizzati gli scarti della panificazione, ma si realizza una base ad hoc con lievito di birra e farina di grano tenero mescolata alla semola. Le teglie tonde finiscono nei forni elettrici e quelli a legna diventano sempre più marginali. Origano, pomodoro e formaggio non bastano più: sulle pizze arrivano i salumi.
Anno dopo anno, la pizza take away prende il posto del Ruccolo. La tradizione napoletana ispira i pizzaioli, mentre quella potentina viene relegata a genere di nicchia, tenuto in vita da poche insegne storiche. Ma come accade per tutte le tradizioni tenaci, c’è una nuova generazione di pizzaioli che ha deciso di tenere vivo il fuoco e riportare in auge la pizza nel ruoto.
La riscossa della pizza nel ruoto
La famiglia Spera, oggi alla guida di Casarsa Pizzeria Lucana, lo chiama Ruccolo 3.0. Ha iniziato a proporlo ai propri clienti nel 1998: nel loro locale si faceva solo pizza nel ruoto. Come tanti della sua generazione, il figlio Giovanni va via per fare esperienze lontano da casa. Si forma alla Food Genius Academy di Milano e poi in bottega da un maestro della panificazione del calibro di Davide Longoni. Va a Parigi e lavora con Gennaro Nasti, la pizzeria più premiata di Francia. Quando nel 2016 torna a casa, papà Tonino gli dà carta bianca. La nuova insegna, Casarsa, è un omaggio al soprannome di famiglia, menzionato anche nel romanzo di Carlo Alianello “L’eredità della priora”. Il payoff è esplicativo: “Pizzeria Lucana” a dimostrazione di un legame forte con la terra di origine e i suoi prodotti.
Durante il lockdown Giovanni diffonde online la ricetta del ruoto. Poi decide di organizzare dei corsi, che nell’estate 2021 attirano pizzaioli amatoriali e non da tutta Italia, per imparare l’arte del ruoto. Ad oggi, sono già un centinaio ad aver conseguito l’attestato di partecipazione. Il prossimo passo? Un corso nella lingua dei segni. Per continuare a divulgare il verbo del ruoto, anche al di là dei confini regionali, Giovanni Spera ha creato una box, con tanto di vero ruoto di metallo, ingredienti già dosati per limitare al minimo l’errore della preparazione della vera pizza potentina. Nella scatola, grazie a un QR code, si può guardare la videoricetta a prova di incapace. Grazie alla collaborazione con Salvatore Cosenza di Lieviti Digitali, Giovanni ha coinvolto anche il fumettista Giulio Giordano per creare un fumetto che raccontasse la storia di questa pizza.