La temperatura è uno dei grandi pilastri della cucina. Da lei dipendono in termini oggettivi la salubrità e la sanificazione dei cibi, in termini soggettivi il gusto e la consistenza. Diciamo in termini soggettivi perché ognuno può avere una sua percezione di ciò che ritiene essere buono, variando la temperatura di un piatto infatti varia parallelamente anche il suo sapore, il suo profumo e la sua consistenza.
Ragionando gradualmente e partendo dalle domande di valore teorico e scientifico, la risposta è molto semplice e di immediata soluzione: impostando una rapida ricerca online, ecco che usciranno numerose schede nelle quali viene riportato l’alimento e la corrispondente temperatura adeguata perché possa ritenersi in primo luogo privo di rischi per la salute e cotto in senso assoluto. Tutto ciò si traduce quindi nella tecnica culinaria di base, che ognuno di noi quando si cimenta ai fornelli deve tenere in considerazione e essere in grado di mettere in pratica. Per aiutarci in questo accorrono numerosi strumenti, ad oggi sempre più smart e hi-tech, come il Meater, il primo termometro da cucina con tecnologia bluetooth e wireless, la cui sonda deve essere inserita all’interno dell’alimento che si desidera preparare, nella sua parte più spessa. Attraverso un’app installata su qualsiasi dispositivo mobile, si potranno andare ad inserire i valori di riferimento tra cui la tipologia di alimento e il taglio. Immediatamente verrà segnalata la temperatura di cottura ottimale per la preparazione (passibile di modifica da parte dello chef nel caso in cui si desideri un prodotto ben cotto o una carne al sangue) e, dopo qualche minuto, verrà indicato il tempo necessario per arrivare a quel determinato grado per ottenere le trasformazioni chimiche necessarie delle sostanze nutrienti.
Accostando al valore numerico e scientifico della temperatura delle variabili pratiche, abbiamo fatto due parole con lo chef Alessandro Negrini, del ristorante milanese Aimo e Nadia, che afferma come si debba in primo luogo tenere in considerazione l’approccio mentale e fisico che le pietanze hanno all’interno della nostra bocca:« ricordiamoci quando in tempi passati le case erano fredde, si preparavano molte minestre e zuppe bollenti per riuscire a scaldarsi. Serviti al tavolo i piatti, si soffiava con un gesto atavico sul cucchiaio, per evitare di scottarsi. Oggi non c’è più questa necessità, le case sono calde, la temperatura della zuppa deve essere corretta per essere servita, a 55 gradi circa, ed essere bevuta fin dal primo cucchiaio». Di questi tempi però subiamo un’altra variabile che ci spinge spesso a mangiare tutto caldo per la paura che si raffreddi, ed è la fretta e la freneticità della vita quotidiana, accompagnata dal timore che un piatto se si raffredda diventi cattivo e perda la sua bontà, ma così non è. Chef Negrini continua:« se un piatto è buono, è cucinato bene, con una valida materia prima, è buono anche e soprattutto da freddo. Si badi bene che per freddo io non intendo freddo da frigorifero, ma una temperatura ambiente. Penso a quando le nonne davano il cibo avanzato per mangiarlo nei giorni successivi, non si perdeva niente in fatto di gusto, bontà e consistenza. Oggi invece si vuole mangiare velocemente perché il cibo se no diventa cattivo, ma in realtà il problema è un altro: se un piatto raffreddandosi muta consistenza e cambia radicalmente il suo sapore, è perché è cucinato male. Basta prendere il banale esempio della pizza, sulla quale ci si avventa nell’esatto momento in cui arriva a tavola perché se no poi diventa cattiva si dice, e questo perché purtroppo molte pizze sono fatte male, con una lievitazione insufficiente, una materia prima di bassa qualità e una cottura sbagliata, quindi raffreddandosi si induriscono e la mozzarella sopra diventa di consistenza simile alla plastica. Ma una pizza buona, con una lunga lievitazione, degli ingredienti adatti e una cottura corretta sarà buona e morbida anche se la lasci raffreddare».
Ogni cibo ha una sua temperatura corretta, pensiamo al gelato, al pollo al forno o al cappuccino. C’è un aspetto sicuramente oggettivo che poi si traduce nella scottatura mangiando un boccone troppo caldo ad esempio, come pure c’è un aspetto soggettivo che varia a seconda del gusto del singolo. Un piatto troppo caldo però non potrà mai sprigionare tutti i sapori e gli aromi di un piatto alla corretta temperatura. Una volta che la temperatura scientifica, quella funzionale alla sanificazione dell’alimento, è stata raggiunta, ognuno poi sarà libero di preparare un piatto come crede e a suo gusto personale.
«Oggi purtroppo – continua lo chef Negrini – si mangia velocemente, si è perso il momento e l’occasione della convivialità che offriva un pasto, anche semplicemente in famiglia. La cucina invece deve essere il frutto di calma e concentrazione. La temperatura, che può sembrare un elemento banale, in realtà è frutto di un attento calcolo di diversi elementi, tra cui la stagione, il calore dell’ambiente in cui si mangia, la ricetta che si sta eseguendo e il piatto su cui andrà servita. È quasi ironico pensare che poi, affinché noi possiamo apprezzare al meglio i sapori e i profumi, l’unica temperatura perfetta alla fine è quella che supera di 12 gradi la nostra temperatura corporea. Ci costringiamo sempre a fare tutto bollente, quando con un risparmio notevole di energia basterebbe raggiungere questa gradazione per avere la massima soddisfazione».