Evidentemente c’era bisogno di un “vile affarista”, di un servitore dello Stato imperialista delle multinazionali, di un guerrafondaio neanche troppo ripulito, per impedire che l’Italia si dimostrasse per quel che è profondamente e per quel che avrebbe una voglia matta di poter rivendicare se quel sabotatore non glielo impedisse: e cioè niente di meno e niente di meglio che uno Stato-canaglia.
L’ignominia italiana del secolo scorso, mai veramente riconosciuta né condannata, mai fatta oggetto del rendiconto che ne avrebbe permesso una dignitosa digestione civile, e invece rinnegata e assolta dall’enorme bugia del Paese che per vigore e convinzione propri ritrovava la luce, si squaderna dopo ottant’anni in una perfettissima reiterazione identitaria.
Lasciati a noi stessi siamo brutta gente, vigliacchi, fortemente e prontamente proclivi ad accettare che la libertà, il diritto, la vita altrui siano spazzati via dall’aguzzino per il quale nemmeno soltanto indifferenza proviamo, ma in profundo ammirazione e brama quasi orgasmica di assoggettamento.
È solo consolante, ma fuorviante, obiettare che un’altra Italia starebbe facendo mostra di non appartenere a quella rinnovata tradizione di vergogna civile e di moralità ammaccata, perché in questo modo – sia pure a comprensibili fini profilattici e di auto-conservazione, perché c’è da starne male, da disperarsene, da morirne – in questo modo si rinuncia a guardare in faccia la verità del male, che non è meno nostra e di cui non siamo meno responsabili giusto perché non siamo noi a farla vera.
L’Italia che gira la faccia dall’altra parte non solo mentre si scrivono, ma anche quando si mettono in attuazione le leggi razziali, si è sviluppata in quella che oggi fa persino peggio quando scopre qualche ragione di fondatezza dell’operazione speciale, qualche sia pur vago motivo di comprensibilità dell’aggressione e – questo è il culmine dell’oscenità – qualche oggettiva responsabilità di chi la subisce.
Senza far nulla, o quanto meno senza fare abbastanza, noi stiamo accettando che passi ancora una volta una versione contraffatta di ciò che siamo, in particolare facendo credere innanzitutto a noi stessi, per quel fine auto-protettivo, che si tratti tutt’al più del negazionismo di qualche menestrello in malversazione accademica, di qualche malvissuto sindacalista, di qualche impresentabile da comizio Rosario&Ruspa, col supplemento indulgente secondo cui il problema non sono neppure loro ma quelli che li invitano e gli danno spazio.
Ma non è così e non è questo. Perché quelli non usurpano, sfigurandola, l’immagine del Paese: quelli, tutti, la rappresentano fedelmente. Non si dica che il Paese si merita questa gente, perché anche questo è dopotutto assolutorio: il Paese “è” questa gente.
Mario Draghi sta governando contro il proprio Paese, ed è un merito incommensurabile.