Inside TallinnI filoputiniani mettono in crisi il governo dell’Estonia

I leader del Partito di Centro, vicino a Russia Unita, e gli estremisti di destra rischiano di far collassare l’esecutivo di Kaja Kallas dall’interno: senza di loro la maggioranza è incerta. Un momento molto difficile per la premier che ha sempre osteggiato le politiche del Cremlino

AP/Lapresse

«Sii uomo: presenta una mozione di sfiducia contro di me». Non ha usato giri di parole la premier estone Kaja Kallas nei confronti del suo alleato/avversario Yuri Ratas, leader del Partito di Centro e suo predecessore alla guida dell’esecutivo, in una conferenza stampa di poche settimane fa. L’Estonia sembra vivere una nuova crisi di governo, la seconda dopo gennaio 2021: i temi sono diversi ma i protagonisti sono sempre gli stessi.

Kallas ha chiesto al presidente della Repubblica Alar Karis di allontanare sette ministri del Partito di Centro dall’esecutivo, sostenendo che «non siano in grado di mettere gli interessi dell’Estonia al di sopra degli interessi del partito e delle sue varie ali. Purtroppo, si è scoperto che ci sono due partiti in parlamento che non possono cambiare, in particolare nella situazione attuale: per questo bisogna assicurarsi che la nostra indipendenza e i valori costituzionali siano protetti».

Il riferimento è al legame tra il Partito di Centro e Russia Unita, il movimento del presidente russo Vladimir Putin, chiuso soltanto a febbraio dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, e ai loro alleati di Ekre, movimento di estrema destra con un passato al governo e molti attacchi agli storici partner dell’Estonia, dalla premier finlandese Sanna Marin al presidente statunitense Joe Biden, e anche a immigrati e omosessuali.

Adesso viene il difficile: la premier Kallas deve trovare l’intesa con i socialdemocratici e il movimento conservatore Ismaa per riuscire a escludere il partito di centro e mantenere il controllo del Riigikogu, il parlamento monocamerale di Tallinn. Se dovesse fallire sarà Ratas a poter provare a formare una maggioranza alternativa, magari in un’alleanza con i conservatori di Ismaa ed Ekre uguale a quello che ha governato in Estonia dal 2019 al 2021. Non il massimo per Kallas, che soltanto poche settimane fa la rivista politica britannica New Statesman definì «la nuova Iron Lady d’Europa».

Le motivazioni dello strappo
Per l’Estonia sarebbe un vero e proprio ritorno al passato. Sebbene la premier abbia legato lo strappo a questioni di sicurezza nazionale, le motivazioni arrivano da lontano. Da settimane il Partito di Centro ha iniziato a contestare tutti i progetti messi in atto dai Riformatori e a proporne di dirompenti, da ultimo il disegno di legge sull’aumento dell’assegno sociale per il mantenimento dei figli.

Se per il partito della premier la maggiorazione va contenuta – porterebbe a uno scostamento di bilancio di 300 milioni di euro in un momento di difficoltà economiche – per il Partito di Centro il disegno di legge è essenziale.

«Se Kaja Kallas non trova di suo gradimento aumentare gli assegni familiari, abbassare le accise sul carburante e offrire ai residenti dell’Estonia un sollievo dall’inflazione record, dovrebbe dirlo pubblicamente o addirittura dimettersi», ha dichiarato Ratas, che oggi guida il Riigikogu.

«Da tempo il Partito di Centro agisce come se fosse all’opposizione. Ad esempio, sta attualmente cercando di imporre una legge su un progetto che innalzerebbe l’assegno di mantenimento dei figli, attualmente secondo nell’Unione europea dietro il Lussemburgo in termini pro capite e non molto indietro in termini assoluti, a circa il doppio del primo per abitante e in testa in termini assoluti», ha evidenziato in un thread su Twitter lo scrittore e studioso estone Rein Raud.

Sarà perciò questo disegno di legge, così come su quello riguardante l’educazione prescolare in lingua estone, un altro tema molto dibattuto, la cartina di tornasole di questo finale di legislatura a Tallinn, visto che nella primavera del 2023 si voterà per il rinnovo del Parlamento.

La questione politica
Non ci sono però solo i temi di politica interna a dividere gli ormai ex alleati di governo: la guerra in Ucraina ha infatti segnato un solco quasi invalicabile tra le due forze di maggioranza. Da un lato c’è la premier Kallas, una delle maggiori sostenitrici di Kiev e autrice anche di un op-ed sul New York Times dal titolo “Putin non può pensare di aver vinto questa guerra” in cui sostiene che «noi europei dobbiamo dimostrare la volontà e impegnare risorse per difendere il territorio della Nato. Per controllare l’aggressione russa, dobbiamo mettere in atto una politica a lungo termine di contenimento intelligente. Per prima cosa dobbiamo aiutare l’Ucraina in ogni modo possibile e poi dobbiamo mostrare all’aggressore che siamo pronti a difenderci e, se necessario, a combattere».

Dall’altro c’è Yuri Ratas e il suo Partito di Centro, che ha una base elettorale molto forte nella minoranza russofona del Paese, composta da 320 mila cittadini, e che finora sono sempre stati piuttosto morbidi nei confronti dell’invasione di Mosca in Ucraina. Un discorso allargabile anche a Ekre, che fiancheggia apertamente Mosca e teme l’invasione degli ucraini.

«Parlo con i medici. E i medici dicono che la situazione sanitaria è terribile. L’Hiv sta per tornare! Dall’Ucraina vengono portate malattie infettive che pensavamo non potessero più esistere in Estonia. No, torneranno qui perché decine di migliaia di persone verranno e le porteranno qui», ha dichiarato il leader di Ekre, Martin Helme, in un farneticante discorso di aprile al Riigikogu.

Una riedizione del governo Ratas è nuovamente possibile: lo stesso Helme si è definito «aperto a nuove idee. Ho sentito il leader del Partito di Centro e di Ismaa per vedere se possiamo tornare a sederci e a parlare a un tavolo. Ciononostante, credo sia più semplice un governo di minoranza o elezioni straordinarie».

Un ritorno al passato sembra perciò possibile, in caso di fallimento della premier Kallas: un tale cambiamento di sicuro non potrebbe che fare piacere a Mosca, considerando che Tallinn condivide circa 300 chilometri di confine con la Federazione.

Chi fa la differenza
Vero attore pivotale di tutta la questione è il partito conservatore Ismaa, che in estone significa “Patria”: i loro 12 seggi sono infatti contesi sia dai Riformisti che dal Partito di Centro. Saranno loro il vero ago della bilancia.

«Credo che alla fine incontreremo entrambi sia Kallas che Ratas: non sarebbe giusto incontrare alcuni anziché altri. Poi decideremo cosa fare», ha detto il presidente di Ismaa, Helir-Valdor Seeder.

Il punto pare chiaro: il movimento conservatore appoggerà la coalizione da cui riuscirà a spuntare le condizioni migliori. Per i Riformisti le richieste sono già chiare. «Penso che il passaggio all’istruzione in lingua estone debba essere il primo punto, a cui poi va aggiunta un’opera di pulizia che preveda l’esclusione dal diritto di voto dei cittadini russi. In seguito si può lavorare anche sull’istruzione superiore e la spesa per la difesa nazionale», ha detto in un’intervista a ERR.ee Mart Laar, primo ministro per ben due volte tra il 1992 e il 2002 ed ex presidente di Ismaa.

Per il momento il governo estone resta in carica per il disbrigo degli affari correnti, in attesa di un nuovo riassetto che certifichi un avvenuto cambio di maggioranza. In un modo o nell’altro.

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