Contrariamente a quanto si ripete da anni in Italia, la sera del voto – domenica scorsa – non si è saputo chi governerà neanche in Francia. Purtroppo, è probabile che in novembre persino negli Stati Uniti, all’indomani del voto di midterm, il presidente Joe Biden avrà le sue difficoltà. Si tratta di due brutte notizie per l’occidente democratico, che corrispondono all’obiettivo dichiarato di Vladimir Putin, il vero leader dell’internazionale populista e sovranista.
Fuori dalle chiacchiere ideologiche per abbindolare i gonzi, infatti, l’unico obiettivo del leader del Cremlino è destabilizzare le nostre società, come dimostra il fatto che in Spagna, per fare un esempio, abbia sostenuto contemporaneamente tanto i separatisti catalani (che qualche scemo anche da noi considera “di sinistra”) quanto i nazionalisti post o neo franchisti di Vox, che hanno preso voti facendo campagna proprio contro la minaccia indipendentista.
La chincaglieria pseudo-ideologica o pseudo-geopolitica da trovarobato post-89 è insomma soltanto un imbroglio, una mascherata, una coltre di nebbia che serve a tenere insieme, in Europa, nazionalisti di destra agli ordini di una nazione straniera e radicali di sinistra al servizio del principale promotore del fascismo nel mondo, di cui rivendica e pratica tutti i principi fondamentali, dall’imperialismo al razzismo, dall’omofobia al militarismo. Basta leggere e ascoltare i discorsi ufficiali di Putin e dei suoi propagandisti per verificarlo, cioè accendere la tv (purtroppo non solo in Russia, ma anche in Italia).
La tenaglia rappresentata dall’affermazione di Marine Le Pen da un lato e di Jean-Luc Mélenchon dall’altro, i gilet gialloverdi che rischiano di far saltare l’Unione europea, sembra realizzare l’auspicio di Putin sul terremoto che dovrebbe portare in Europa «a un’ondata di radicalismo e in prospettiva a un cambiamento di élite». Del resto, il bipopulismo italiano, momentaneamente emarginato nel corso della legislatura grazie a un estremo utilizzo di tutte le risorse del parlamentarismo, è anche il frutto di quella semina.
Anche, s’intende. Perlomeno in Italia, lo sappiamo, in tanti hanno seminato da soli, senza bisogno di farsi pregare da Putin o da nessun altro. Non è il momento di rifare l’elenco, in cui hanno ovviamente un posto d’onore giornali e talk show. Se vogliamo evitare che l’intera Europa sprofondi in un biputinismo perfetto tra separatisti e franchisti in Spagna, lepenisti e melenchonisti in Francia, leghisti e grillini in Italia, occorre agire subito. A Parigi, per esempio, da tempo si discute di introdurre «la proportionnelle». Lo stesso dovremmo fare qui.
Per quanto ci riguarda, alle ovvie ragioni di tutela della democrazia liberale, dell’interesse e dell’autonomia nazionale ed europea, peraltro, si potrebbero aggiungere due motivazioni ulteriori.
La prima la sottolinea, involontariamente, il senatore del Partito democratico Stefano Ceccanti, tra i più ferventi sostenitori del maggioritario e del modello francese, il quale ieri ha spiegato in lungo e in largo che in Francia in realtà non cambia quasi nulla. E sapete perché? Perché in Francia, a giudizio del senatore Ceccanti, vi sono una serie di contrappesi costituzionali che metterebbero il sistema al sicuro. Peccato che in Italia i contrappesi costituzionali siano stati gravemente messi a rischio proprio dal taglio grillino del numero dei parlamentari, che il Partito democratico, Ceccanti in testa, ha da ultimo deciso di votare (dopo aver votato tre volte contro, prima del cambio di governo, e di alleanze, dal Conte I al Conte II).
La seconda ragione per sostenere il proporzionale in Italia l’ha sottolineata qualche giorno fa, dal palco della «Repubblica delle idee», Giuseppe Conte in persona, spiegando di essere favorevole al proporzionale perché, riporto testualmente, «con la riduzione del numero dei parlamentari noi avremo un serio problema col nuovo parlamento, cioè abbiamo delle circoscrizioni elettorali molto più ampie, molto più vaste: se andiamo con un maggioritario, avremo un serio problema di rappresentatività, di effettiva rappresentatività».
Ricapitolo per i più distratti: dice Conte che se non cambiamo la legge elettorale introducendo un vero proporzionale rischiamo «un serio problema di rappresentatività» causato dal taglio dei parlamentari promosso da Conte medesimo, e contrastato da tanti altri, tra cui questo giornale, con tutti gli argomenti summenzionati, a cominciare dalla questione della rappresentatività.
Il principale argomento a favore del proporzionale resta però l’urgenza di preservare la democrazia italiana da questo genere di politici, capaci di sostenere contemporaneamente posizioni e argomenti diametralmente opposti e persino autocontraddittori. La sera del voto è bene sapere che anche in Italia, chiunque vinca, le fondamenta costituzionali dello stato di diritto, l’equilibrio di pesi e contrappesi posto a garanzia del sistema democratico e la collocazione internazionale del paese non saranno a disposizione di simili soggetti.