Forte dei Marmi è uno di quei posti che, salvo tu ci sia andato sin da bambino passandoci estati sbarazzine pedalando forte in bicicletta, difficilmente diventano cari e preferiti quando si è adulti. Per la difficoltà di trovare una vera pace estiva, per i suoi prezzi sempre più taglienti, per la sua densità di milanesi che saluti in ufficio e rischi sempre e comunque di ritrovare nell’ombrellone a fianco. Tuttavia, anche Forte ha un suo fascino, ormai bistrattato si capisce, ma chi ne conserva immagini di molti anni fa se lo ricorda come un borgo di pescatori, con le case basse e i pini marittimi che arrivano quasi fino alla spiaggia. E focaccine, imperdibili. La cultura marinara degli abitanti locali e la cucina di pesce sono sempre stati legati alla pesca notturna, alla reperibilità casuale e giornaliera di pesci, molluschi e crostacei. Questo per diversi anni si è tradotto, in termini culinari, in una serie sempre più variegata e abbondante di ristoranti (più o meno validi) di pesce tradizionali. Chi lavora più con le influenze toscane, chi preferisce il crudo, chi attinge dalla Liguria, ma sempre preservando una genuina semplicità di fondo. Valentino Cassanelli (classe 1984) approda in Versilia nel 2012. Dopo un inizio di carriera a Londra (Locanda Locatelli, Nobu) e diverse esperienze tra Venezia e Milano (insieme a Carlo Cracco nella storica sede dello stellato in via Victor Hugo), il giovane chef viene chiamato per prendere la guida del progetto Lux Lucis. La terrazza al quarto piano dell’Hotel Principe, che di fatto risulta l’edificio più alto di tutta Forte dei Marmi, è forse uno di quei fattori che potrebbe farvi innamorare di questo posto anche se non ci avete mai avuto particolari legami. Una posizione a due passi dalla spiaggia, ancora perfettamente in grado di respirare il profumo del mare, e rivolta in parte verso le Alpi Apuane. Gli arredi sono moderni e leggeri: sedendosi davanti al tramonto sentirete il frangersi delle onde del mare mentre scegliete quale drink ordinare per il vostro aperitivo.
Probabilmente impiegherete del tempo a consultare la carta perché Omar Caceres, peruviano di origine ma ormai più toscano di molti altri, ha messo insieme una lista molto interessante. Molto più di quello che in genere ci si aspetta da un bar d’albergo e degna di un cocktail bar strutturato e ambizioso. Un’ottima selezione di distillati in menu – la bottigliera è meno ampia ma risponde senza problemi alle esigenze di una clientela prevalentemente straniera – e ricette assolutamente non convenzionali, ben eseguite e non azzardate. Si parte con una bella selezione di classici aperitivi – mini carta di Negroni, un boulevardier con fava tonka e rabarbaro, uno Spritz con umeshu, sake, essenza di ananas e lemongrass, Champagne e shiso o un Martini con liquore al bergamotto e una peschiola al tartufo. Tra le Espressioni invece potete divertirvi con Libre, una variante Margarita con un taglio di mezcal, Ancho Reyes per dargli quella nota piccantina, mango e aria di sale nero; oppure un Nikkei mule, a base di pisco infuso al mais morado, sake allo yuzu, amaro il Chuncho, umeshu e ginger beer. Nel complesso, una lista dove il pisco viene ampiamente utilizzato, per ovvie ragioni di affetto e conoscenza del prodotto stesso da parte di Caceres.
Quando il sole è sceso ma la sera è ancora chiara, voltatevi per andare a sedervi in uno dei tavoli del Lux Lucis, che guardano le cave di marmo di Carrara affacciandosi sul parco dell’hotel. La cucina dove lo chef e il suo staff lavorano non sembra quasi esserci. Non ci sono muri o pareti a separarla dal resto della sala e loro sembrano lavorare in silenzio, realmente impercettibili. C’è un tavolo solo fronte pass, e non possiamo non consigliarvelo. La cucina di Valentino Cassanelli è quella che potremmo definire l’unico vero – e aggiungerei riuscito – tentativo di proporre un’esperienza gastronomica d’autore nel borgo di Forte dei Marmi.
Questo 2022 sono dieci anni di conoscenza, esperienza e lavoro in questo contesto geografico, umano, che ogni anno occorre in parte ricostruire e ripensare anche per via della sua natura stagionale. Se con la triglia alla marinara e lo sgombro al caffè si pensa per un attimo di mangiare solo mente, arriva dopo poco anche il cuore, grazie alla bavetta al canestrino lucchese con granchio e cacao o al risotto con tom yum e ricci di mare. Proviamo volentieri anche il piccione, che si fa spazio tra gli altri piatti di pesce dato che molti stellati sembrano sempre sentirne l’esigenza, e ci stupisce per tenerezza e lavorazione. E mentre un piatto segue l’altro, a scandire il ritmo della cena sembrano essere quasi più i vini, scelti amorevolemente e coraggiosamente dal sommelier Sokol Ndreko, che spazia tra prodotti naturali e locali, vini francesi, annate perdute nella notte dei tempi, orange wine, liquori giapponesi ed etichette dimenticate. Si torna a casa – o in una delle splendide e moderne camere dell’hotel –soddisfatti e rigenerati. Perché cenare accarezzati dal sole che cala, sollevati da terra e circondati da un un’estetica appagante, consente di cogliere ogni sfumatura e dettaglio che cuochi e camerieri ripongono nei loro gesti. Alcune volte le terrazze, e l’eleganza di una tavola stellata, servono proprio a questo: interiorizzare l’esperienza.
Credits Gabriele Stabile per Lux Lucis