Non so per quale ragione il direttore della Civiltà cattolica, Antonio Spadaro, abbia criticato con parole dure il titolo («La Nato ha provocato Putin») dato dalla Stampa a un’anticipazione della sua conversazione con Papa Francesco. Questo il suo tweet di martedì: «Purtroppo quel titolo virgolettato è fasullo. Ho protestato con @LaStampa. Nella conversazione non c’è infatti».
Basta leggere il testo integrale della conversazione per verificare come il Papa citi ancora una volta – lo aveva già fatto, ad esempio, con il Corriere della Sera – un anonimo capo di stato secondo il quale, prima del conflitto, la Nato stava «abbaiando alle porte della Russia».
A scanso di equivoci, il Pontefice non si limita a riportarne il giudizio, ma loda esplicitamente l’interlocutore come un uomo saggio e capace di «leggere i segni di quel che stava avvenendo». Dunque, appurato che l’analisi citata dal Papa era da lui pienamente approvata, quale sarebbe la differenza tra il dire che la Nato, prima che la guerra scoppiasse, stava «abbaiando alle porte della Russia» e il dire che «la Nato ha provocato Putin»? Semmai, al netto della sempre deprecabile abitudine italiana di virgolettare le sintesi, si potrebbe dire che la versione della Stampa attenui la forza dell’immagine usata da Papa Francesco. Certo non ne cambia in nulla il significato.
Trattandosi di una conversazione tra un Papa gesuita e i direttori delle riviste europee della Compagnia di Gesù, sarei tentato di spiegare la cosa, sicuro di non offendere nessuno, con un eccesso di gesuitismo, almeno da parte del direttore della Civiltà cattolica. Il guaio è che il resto della conversazione era persino più esplicito.
Naturalmente non voglio avventurarmi nell’interpretazione del pensiero del Papa. Mi preoccupano di più i molti che in questi giorni hanno utilizzato le sue parole per tirare l’acqua al proprio mulino.
Del resto lo stesso Spadaro, proprio sulla Stampa, il 20 aprile ha ricordato che «Francesco ha definito lucidamente il conflitto “inaccettabile aggressione armata”, “guerra ripugnante”, “massacro insensato”, “invasione dell’Ucraina”, “barbarie”, “atto sacrilego”». Definizioni che sembrerebbero inequivoche, e che mi guardo bene dal contestare. D’altronde, chi oggi, anche tra i più fermi oppositori del sostegno all’Ucraina, non comincia ogni discorso ripetendo che è chiarissimo chi sia l’aggressore e chi l’aggredito? Se però questo è anche il pensiero del Papa, e personalmente non ne sono affatto sicuro, bisogna comunque riconoscere che è arduo ritrovarlo nel senso e anche nella lettera di quanto affermato nella conversazione con i direttori delle riviste dei gesuiti.
«Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi», dice Papa Francesco. Dopodiché aggiunge: «Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco».
È evidente a chi si riferisca il Papa quando ipotizza, diciamo così, che la guerra sia stata «provocata», per non parlare della valenza di quel generico riferimento agli interessi dietro la possibilità di «testare e vendere armi», che sarebbe addirittura la vera posta in gioco.
Si può sostenere che la guerra è stata scatenata da Vladimir Putin al solo scopo di impadronirsi dell’Ucraina, per ragioni imperialistiche, e si può dire, al contrario, che si tratta di una «guerra per procura» provocata dagli americani, dalla lobby delle armi e magari anche da Big Pharma (melius abundare quam deficere, dicevano i latini, molto prima di Totò); ma sostenere o alludere a entrambe le cose finisce per fare più confusione che chiarezza.
Sta di fatto che subito dopo la frase appena riportata lo stesso Papa Francesco aggiunge quella che ha tutta l’aria, per restare ai latinismi, di una excusatio non petita: «Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli».
Può darsi che dietro tante apparenti contraddizioni vi siano ragioni nobilissime, legate alle segrete arti della diplomazia vaticana, o magari anche a forze superiori di cui io, ateo materialista, non posso rendermi conto. Ma una cosa è certa: nell’esultanza dei tanti che in questi giorni si sono subito fatti scudo delle parole del Papa per rilanciare i consueti argomenti contro il sostegno all’Ucraina, che si traducono semplicemente in un aumento della pressione per interrompere gli aiuti all’aggredito, a tutto vantaggio dell’aggressore, non è difficile discernere l’esito ultimo di certi discorsi.
Si può dire, infatti, che in questa guerra non ci sono buoni e cattivi, e si può dire, al contrario, che si sta convintamente dalla parte della vittima, cioè dell’Ucraina; ma non si possono sostenere entrambe le cose. Si può dire che in questo conflitto è chiarissimo chi è l’aggressore e chi è l’aggredito, e si può dire, al contrario, che questa guerra è cominciata molto prima del 24 febbraio, giorno dell’aggressione russa; ma delle due l’una. Si può dire che le cose sono chiarissime e si può sostenere, al contrario, che non lo sono affatto, ma non si può sostenere che sono al tempo stesso chiarissime e avvolte nell’oscurità, mi dispiace, perché la luce non può essere al tempo stesso accesa e spenta, per la «contradizion che nol consente». Amicus Papa, sed magis amica logica.