Bagarre in aulaIl Parlamento Ue litiga sul Fit for 55

L’Eurocamera respinge la riforma del sistema di tassazione delle emissioni. Socialisti, Verdi e Sinistra votano contro, insieme alla destra radicale, dopo una serie di emendamenti che ne avrebbero ridotto le ambizioni. Duro colpo per la maggioranza che sostiene la Commissione

LaPresse

A un certo punto l’atmosfera nell’emiciclo di Strasburgo diventa così tesa che la presidente del Parlamento Roberta Metsola è costretta a stemperare con una battuta: «Stavamo andando bene con i tempi…».

È stato un voto a dir poco turbolento quello sulla prima tranche del Fit For 55, il grande pacchetto di proposte pensato dalla Commissione europea per ridurre le emissioni di gas serra nell’Unione del 55% entro il 2030. Ed è finito male: l’aula ha respinto tre file legislativi cruciali, che tornano ora in discussione nella commissione parlamentare Ambiente.

Si tratta della riforma dell’Ets, che intende allargare al settore marittimo e agli edifici commerciali il meccanismo di compravendita dei permessi per emettere gas a effetto serra; del Cbam, la tassa sulle importazioni di prodotti realizzati emettendo CO2; e del Social Climate Fund, il fondo da 72 miliardi di euro per compensare imprese e cittadini danneggiati dalle misure ambientali.

Provvedimenti molto legati tra loro, su cui i gruppi politici che compongono l’emiciclo non hanno trovato un accordo, arrivando a scambiarsi accuse pesanti in una seduta concitata: un segnale preoccupante per la maggioranza che sostiene la Commissione di Ursula von der Leyen.

L’emendamento della discordia
La votazione si è protratta per oltre un’ora, con centinaia di emendamenti per modificare i dettagli dei dossier: deroghe, eccezioni, richieste di allungare i tempi rispetto alla proposta originaria della Commissione. Quello decisivo però è il numero 253 e riguarda le free allowances, ovvero i permessi gratuiti che nell’ambito dell’Emission Trading System (Ets) vengono concessi a determinate aziende.

L’intenzione è quella di ridurli gradualmente fino a eliminarli, in concomitanza con l’entrata in vigore del Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam). La logica è chiara: le imprese produttrici non devono pagare per le proprie emissioni fino a che le loro concorrenti extra-comunitarie non saranno costrette a fare lo stesso, scongiurando così il rischio di concorrenza sleale.

Il problema, però, è la finestra temporale in cui inserire queste due norme parallele. I gruppi dei Socialisti e democratici, Renew Europe e Verdi/Ale raggiungono un accordo, a cui si accoda la Sinistra, per cominciare nel 2026 e arrivare a zero permessi gratuiti nel 2032.

I partiti di destra dell’emiciclo vorrebbero tempi più dilatati e votano contro: l’emendamento è respinto per soli 11 voti, grazie anche a qualche defezione tra socialisti e liberali. Passa invece una versione del testo che sposta più in là la fase di transizione: inizio nel 2028 e azzeramento nel 2034. A votarla in massa sono il Partito popolare europeo, i Conservatori e riformisti europei (Ecr) e Identità e democrazia (Id), con il supporto di buona parte dei non iscritti.

Scene da saloon
Ma i socialisti non ci stanno. Prima del voto finale sulla riforma nel suo complesso, la loro presidente, la spagnola Iratxe García Pérez, chiede un break per parlarne con i suoi. La discussione interna è animata, si vedono chiaramente diversi eurodeputati indicarle il pollice verso. Quanto la presidente dell’Eurocamera Metsola apre il voto conclusivo, il colpo di scena: la revisione dell’Ets è sonoramente bocciata, con 340 voti negativi contro i 265 a favore.

Un boato dell’aula accoglie il risultato: socialisti, verdi e Sinistra hanno affossato la riforma, ai loro occhi troppo «annacquata» dagli emendamenti. Anche i partiti della destra radicale hanno votato contro, ma per motivi opposti: le misure in essa contenute erano considerate troppo radicali o premature. Soltanto Ppe e Renew si sono espressi a favore, residuo monco della maggioranza europeista del Parlamento comunitario.

Il popolare tedesco Peter Liese, relatore del file, chiede di intervenire, infuriato. «È un brutto giorno per il Parlamento europeo. Una vergogna che estrema destra, verdi e socialisti abbiano votato insieme». Ai conservatori rimprovera un’opposizione incomprensibile, visto che gran parte dei loro emendamenti sono stati approvati, ai partiti di sinistra l’arroganza di aver voluto forzare sui punti in cui non disponevano di una chiara maggioranza. Sulla stessa linea il suo capogruppo, il connazionale Manfred Weber, ricordando ai colleghi di sinistra che «maggioranza europeista non significa maggioranza verde e socialista».

Gli risponde García Pérez: «Non potete chiedere i voti alla destra per abbassare le ambizioni di questo pacchetto e poi i nostri per farlo passare». Giustificazioni simili da Philippe Lamberts, co-presidente dei Verdi/Ale. I capigruppo continuano ad accusarsi a vicenda di aver votato con l’estrema destra, fino a che insorge un’eurodeputata olandese di Ecr, Assita Kanko, che non gradisce l’etichetta: «I gruppi politici hanno un nome, per favore usatelo». Metsola sorride, ma la tensione è evidente.

Punto e a capo sulla riforma dell’Ets
«È una situazione inaspettata, però riusciremo a gestirla», dirà poi in conferenza stampa Pascal Canfin, eurodeputato francese presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo, prima di correre a intavolare nuove febbrili trattative tra i gruppi politici.

I tre file legislativi respinti saranno infatti subito ridiscussi nella sua commissione parlamentare, da dove dovranno uscire con una maggioranza più solida di quella attuale per non andare incontro a una nuova bocciatura in plenaria. Gli esponenti dei partiti si mostrano ottimisti, il nuovo tentativo potrà avvenire già nella sessione ridotta di fine giugno a Bruxelles, come auspica Canfin.

Per il momento, però, il voto segna una chiara sconfitta politica per la Commissione europea. La sua road map per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nell’Unione europea non è del tutto convincente per l’Eurocamenra, che pure ne ha approvato altre branche, come il pacchetto che include il divieto di vendita di veicoli con motore a combustione dal 2035. L’applauso scrosciante che ha salutato questa votazione, nel pomeriggio, non cancella i fischi e le grida di quella della mattina. Tutti gli eurodeputati concordano sulla necessità della transizione ecologica. Ma sui tempi e i modi, il confronto continua.

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