Ma voi siete matti. Questo il mio sobrio, articolato, e intellettualmente sofisticato commento, nell’aprire i giornali e leggere: obbligo vaccinale, oggi ultimo giorno per gli over 50. Tradotto dall’antilingua giornalistica significa che fino a ieri se avevi cinquantun anni ma il senso di responsabilità d’un sedicenne c’erano degli adulti (il governo) che ti obbligavano a vaccinarti; da oggi, fai un po’ te. Lasciare agli italiani libertà di coscienza. Cosa potrà mai andar storto.
Sì, lo so: è estate, si sta all’aria aperta, comunque i numeri delle vaccinazioni in Italia sono altissimi, la terza ondata è andata meglio della prima, la rava, la fava. In questo caso soprattutto la fava: quanta gente conoscete che negli ultimi mesi non si sia contagiata?
Dico, si è contagiato Anthony Fauci, che come nota uno qualunque dei figli scemi di Donald Trump «ha fatto otto richiami di vaccino e ha quattro mascherine», e voi volete che io pratichi traghetti e pullman e spogliatoi sulla spiaggia e festival culturali e stanze d’albergo in cui c’è stata gente non vaccinata?
Io, che sono praticamente un’eremita, quando faccio un’eccezione e vado in qualche luogo affollato incontro sempre gente appena negativizzata, che l’aveva preso in altri luoghi affollati. La settimana scorsa, a un festival letterario a Ragusa, i negativizzati (scusate, il gergo pandemico è veramente orrendo) si erano contagiati al Salone del libro di Torino. Ai festival della settimana prossima ci saranno, immagino, gli scrittori (e i lettori) che hanno fatto in tempo a prenderlo a Ragusa e a negativizzarsi.
Mentre eravamo a Ragusa, mezza letteratura italiana era a New York a una rassegna di scrittori italiani. Sabato erano il principale tema di conversazione: hai visto che sono tornati tutti positivi? Eccerto, in America non tiene la mascherina nessuno. Hai visto che nelle foto l’aveva solo la Murgia? E infatti è l’unica negativa. Saggia donna, non per nulla invece di sbattersi in giro per inutili festival letterari da lì se n’è andata a Siviglia alla sfilata di Dior. Chissà quanti lo prenderanno a Siviglia con la disinvoltura con cui si prende ormai un virus che solo due anni fa ci avrebbe quasi sicuramente ucciso. Cioè, disinvoltura: se non sei paranoico come me.
Ho visto gente anche teoricamente a rischio, come una mia amica novantaduenne, che avendo fatto tre dosi di vaccino l’ha preso ma con nessuna o pochissime conseguenze. Ma io resto convinta che se lo prendessi ne morirei – e diciamo che, per come sono messi i miei organi interni, anche i rappresentanti della professione medica non mi danno torto. E quindi sono qui che penso con terrore a quel che accadrà ora: il Frecciarossa che dovrei prendere oggi sarà pieno di cinquantenni non vaccinati che si levano la mascherina per mangiare il tramezzino di Cracco?
Sì, lo so che cambia solo la multa, e che tecnicamente gli ultracinquantenni non vaccinati sono lo stesso numero della settimana scorsa, e che anche la settimana scorsa me ne sarebbero potuti capitare a rischio multa, visto che sui treni hanno smesso già da un po’ di chiedere il greenpass.
Credo ormai lo chiedano solo negli ospedali, l’ho scoperto perché il padre d’una mia amica, contagiato e con malanni relativi e quindi ricoverato, non ha potuto tenere con sé la badante giacché, arrivati in ospedale, s’è scoperto che la ragazza non aveva mai fatto la terza dose e quindi il suo greenpass era diventato non valido. La conseguenza pratica è che l’ospedale non la faceva star lì; il sospetto che ha spinto la mia amica sull’orlo del tentato omicidio è che quindi sia stata lei, la ragazza che non aveva completato le vaccinazioni, a contagiare il vegliardo, probabilmente positiva asintomatica.
Sapevo che sarebbe successo, devono avermi fatto un incantesimo quand’ero nella culla: sarai sempre fuori moda. Sapevo che me ne sarei fottuta delle vaccinazioni e della pandemia fin quando l’idea del contagio non fosse diventata un ricordo sbiadito per tutti, e solo allora, contromano e in controtempo, mi sarei iniziata ad agitare. Come sarebbe volete levare l’obbligo della vaccinazione, già negli aeroporti la gente si respira addosso, già l’altro giorno mi sono ritrovata a un pranzo a buffet, quel cibo su cui sputacchiano in sessanta prima che lo mangi, quel concetto che speravo la pandemia avesse abolito per sempre, e invece no, voialtri non vedete particelle di saliva ovunque, non vi sognate di notte la traiettoria delle goccioline che pubblicavano i giornali quando la paranoia era collettiva e non un’esclusiva mia, non vedete lo sputazzo atterrare sulla vostra parmigiana.
Hanno tolto la mascherina anche dai cinema; per fortuna “Top Gun: Maverick” l’ho già visto, e di cinema se ne riparla nel 2023: entro il prossimo “Mission: Impossible” conto abbiano ripristinato l’obbligo di mascherina e pure quello vaccinale e forse anche quello di non allontanarsi più di duecento metri da casa, che tutto sommato un po’ inizio a rimpiangere. Entro duecento metri non poteva succedermi nulla di male.
Ma soprattutto hanno tolto l’obbligo di mascherina sugli aerei. Ora arriverà qualcuno a dirmi che il sistema di ricambio dell’aria sugli aerei è efficientissimo, che non c’è nessuna possibilità che quello che chiacchiera a dieci centimetri da te ti contagi coi suoi sputazzi, che non ci sia luogo più sterile dell’aereo dove, nel posto davanti al mio, domenica il passeggero precedente aveva appiccicato una gomma masticata e sputata. La mia unica risposta, data stando a due metri di distanza dall’interlocutore, sarà: ma voi siete matti.