Arthur Henry Rostron era il capitano della nave “Carpathia”: «Avevamo un solo marconista a bordo, e un’apparecchiatura molto primitiva. Poco dopo mezzanotte decise di andarsene a letto. Si chinò per slacciarsi le scarpe, la cuffia ancora alle orecchie, e proprio allora arrivò il messaggio del Titanic». Se il marconista non si fosse slacciato le scarpe con la cuffia ancora sulla testa o se avesse deciso di staccare due minuti prima probabilmente non si sarebbe mai saputo nulla, o quasi, del naufragio più famoso della storia, quello di 110 anni fa, reso immortale dalle testimonianze dei sopravvissuti salvati proprio dalla “Carpathia”.
Il mondo libero oggi è un po’ come quel marconista all’atto di slacciarsi le scarpe: sente il rumore della guerra, intuisce il pericolo, ma è troppo distante per intervenire con successo, si sente fragile, impaurito, ha «un’apparecchiatura molto primitiva», mentre il Titanic-Europa rischia di squarciarsi soccombendo dinanzi alle ondate di bombe russe, di missili scagliati adesso anche dalla Bielorussia (come si dice in questi casi, è l’allargamento del conflitto), di colpi di artiglieria che distruggono quello che con la grazia di un elefante Domenico Quirico sulla Stampa ha definito «un’ammuffita provincia dell’Ucraina», cioè il Donbas, ma adesso anche la capitale Kyjiv.
Le riunioni dei grandi leader del mondo libero si susseguono, ancora ieri in Baviera, all’ennesimo G7 dove Emmanuel Macron ha detto che «è possibile invertire la rotta della guerra», con ciò ammettendo che le cose stanno andando male, ma non sappiamo se egli abbia anche chiaro come cambiare la situazione sul terreno. Fa passi avanti la proposta di Mario Draghi di fissare un tetto al prezzo del gas; il premier italiano ha portato dalla sua gli Stati Uniti contro i “frugali” e la sonnolenta Germania di Olaf Scholz, e questa è una buona notizia, dopodiché sulle armi non si capisce se il mondo libero sia intenzionato a ingranare una marcia in più.
Quel che è certo, infatti, è che è sempre più chiaro come la lotta sia impari e come al governo di Kyjiv occorrano nuove e più potenti armi: è un argomento che nel merito sfugge alle opinioni pubbliche le quali, ormai stufe del conflitto e delle sue conseguenze economiche, paiono dimenticare del tutto l’elementare distinzione fra torto e ragione e pertanto da noi, tra il caldo asfissiante e le bollette da pagare, un qualunquismo di massa egoista e ignorante ha rapidamente declassato Volodymyr Zelensky da eroe popolare a «abile Mefistofele – sono ancora parole di Quirico – che ci ha stregati al punto di concedergli una delega in bianco».
L’incrocio tra l’aumento dei prezzi, che per l’opinione pubblica è colpa dell’Ucraina e non della Russia che ha scatenato quest’inferno, e lo stallo militare è micidiale al punto di indurre la nostra piccola politica a occuparsi d’altro, di tattiche e geometrie parlamentari, di scissioni personalistiche e rissosità tra aspiranti leader e così finanche le misure concrete che andranno prese, dal termovalorizzatore al cuneo fiscale fino all’invio di nuove armi all’Ucraina, perdono il loro significato intrinseco per diventare un continuo ring ove piantare le proprie bandierine. I vari leader parlano ognuno per conto suo come in certe commedie comiche, fantasticando di strategie che hanno poca attinenza con la realtà del Paese: e questo succede a destra, a sinistra, al centro.
Mentre nessuno si fa carico di promuovere la cosa più importante che bisognerebbe fare, cioè una vera campagna di massa, culturale e mediatica, sull’orrore di questa guerra e sulle sue precise responsabilità, giacché ha ragionissima Ernesto Galli della Loggia a chiedersi come sia possibile che «il nostro discorso pubblico ma anche quello culturale e religioso preferiscano discettare sulla parola “pace” ma di fatto continuino da settimane a non dire nulla circa i crimini che in grande scala la Russia sta commettendo contro l’Ucraina».
Su questo crinale della difesa della libertà nel cuore dell’Europa può per esempio unirsi per davvero un Fronte democratico largo – altro che i “campi” politicisti basati su quanti collegi mi dai – che partendo dai liberali e democratici parli anche alla destra veramente atlantista. Su questo bisognerebbe fare battaglia politica. Sperando che i grandi della Terra si sveglino davvero, e che i politici italiani diventino adulti. Prima che il Titanic affondi.