Libero scambioPer l‘Ue l‘India può essere l‘alternativa economica alla Cina

Nuova Delhi sta già abbandonano la sua storica neutralità per inserirsi all‘interno degli accordi commerciali con le grandi potenze. Nonostante la dipendenza dalla Russia, vi sono tutte le basi per un‘alleanza con l‘asse occidentale

unsplash

Da Paese fondatore del Movimento dei non allineati, l’India negli ultimi decenni, almeno in apparenza, ha cercato di conservare una posizione neutrale negli affari internazionali e di tenersi alla larga da alleanze militari formali. Non a caso, Nuova Delhi non ha condannato il colpo di Stato militare in Birmania che ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi il primo febbraio 2021, l’annessione russa della Crimea nel 2014, la guerra civile in Libia nel 2011 e la guerra in Georgia nel 2008, per citare alcuni esempi.

L’India non condannò pubblicamente neanche l’invasione russa dell’Afghanistan per non rischiare di inimicarsi l’Unione Sovietica. Più di recente, il governo indiano si è rifiutato di condannare la guerra e di adeguarsi alle sanzioni occidentali imposte alla Russia di Putin per l’aggressione ai danni dell’Ucraina, al contrario di quanto ha fatto il Giappone che rispetto al passato si è mostrato più deciso e più in sintonia con l’alleato americano. L’India, inoltre, ha aumentato l’acquisto di petrolio russo, usufruendo di un prezzo scontato. E lo stesso ha fatto per le importazioni di carbone dalla Russia, pagando peraltro in valuta cinese. Un atteggiamento che esprime un desiderio di autonomia e che sembrerebbe in linea con la tradizione del non allineamento.

L’equidistanza dell’India ha due scopi: la necessità di conservare la relazione strategica di lunga data con i russi e l’esigenza di contenere la Cina nell’Indo Pacifico affidandosi agli Stati Uniti.

Nuova Delhi resta dipendente da Mosca per le forniture militari e la tecnologia. La dichiarazione congiunta datata 4 febbraio 2022 e rilasciata da Russia e Cina in merito alla partnership strategica, inoltre, prevede anche di approfondire la collaborazione tra questi due Paesi e l’India. Così, Nuova Delhi, senza neanche troppo imbarazzo, riesce a destreggiarsi tra un vertice e l’altro, essendo membro sia del Quad che dei Brics. Se gli Stati Uniti restano il principale partner commerciale dell’India, il volume degli scambi con la Russia ammonta solo a 8,1 miliardi di dollari. Di contro, è la Cina lo Stato con cui la Russia fa più affari. Per Giappone, Stati Uniti e Australia, Paesi dell’alleanza formale Quad, rinvigorita negli ultimi anni, l’India è considerata un elemento chiave per l’opera di contrasto alla Cina. Lo scopo del Quad è infatti contrastare l’espansionismo di Pechino nella regione dell’Indo-Pacifico.

Tuttavia, l’India, i cui rapporti con la Cina si sono deteriorati a seguito degli scontri dell’estate 2020 dovuti a dispute territoriali irrisolte, sempre nell’ottica di controbilanciare Pechino, considera utile anche la consultazione piuttosto intensa con Pechino attraverso il quadro offerto dai Brics.

«Non dobbiamo commettere l’errore di ragionare in termini eurocentrici», avverte Aldo Patriciello, deputato al Parlamento Europeo e membro della Commissione parlamentare per i rapporti con l’India. «La situazione geopolitica di quell’area non è assimilabile a quella occidentale: le parabole storiche dei Paesi asiatici sono molto diverse e per certi versi estremamente complicate. Ciò che conta è che l’India sia una grande democrazia, un partner con cui è opportuno stringere accordi politici e commerciali senza per questo dover forzare, in un modo o nell’altro, eventuali partnership e alleanze internazionali. Certo: vi sono temi sensibili per entrambe le parti, ma ritengo che possano essere risolti in modo da realizzare una situazione reciprocamente vantaggiosa».

In questo contesto andrebbe letta la forte spinta data ad aprile dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, allo sviluppo dei rapporti con Nuova Delhi e al perfezionamento del partenariato strategico con Bruxelles. Quest’anno l’India celebra i 60 anni di amicizia con la Comunità economica europea (adesso Unione europea) e le due parti sembrano intenzionate ad approfondire la collaborazione. Poco dopo la visita di due giorni di Von der Leyen nella capitale indiana, anche il primo ministro Modi ha visitato l’Europa, facendo tappa in Germania, Danimarca e Francia. Modi e Von der Leyen hanno istituito il Consiglio India-Ue per il commercio e la tecnologia, che permetterà alle due parti di allineare le politiche e affrontare le sfide comuni «in settori importanti per il progresso sostenibile dell’economia europea e indiana».

Per capire l’importanza della decisione, basterebbe ricordare che Bruxelles può contare su un organismo del genere anche per i rapporti con gli Stati Uniti. Nella plenaria di Strasburgo di inizio luglio, il Parlamento Europeo ha approvato un’importante relazione sul futuro dei rapporti commerciali tra Ue e India, ritenuto un passaggio importante per tracciare la direzione verso cui impostare il dialogo con gli indiani.

Nel corso del 2020, il valore degli scambi di beni e servizi tra le due parti si è attestato a 96 miliardi di euro. Sebbene l’Ue sia già il terzo partner commerciale dell’India e la seconda destinazione per le sue esportazioni dopo gli Stati Uniti, per Von der Leyen, resta «molto potenziale non sfruttato» tra i due partner. Attualmente, quasi 6mila aziende europee operano in India, impiegando direttamente 1,7 milioni di persone e indirettamente quasi 5 milioni in vari settori.

«Il commercio Ue-India è aumentato di oltre il 70% tra il 2009 e il 2019. L’India, inoltre, è un partner importante per l’Ue per diversificare le proprie catene di approvvigionamento», commenta ancora Patriciello.

«L’India e il Bangladesh sono i Paesi ad aver beneficiato maggiormente del numero crescente di aziende tessili francesi che stanno lasciando la Cina», ha affermato invece Ugo Astuto, inviato dell’Ue in India. «L’Europa, inoltre, sta emergendo quale destinazione più attraente e sicura per le aziende indiane a causa del fatto che tali aziende devono affrontare difficoltà di approvvigionamento sempre maggiori che prima non esistevano».

A detta dell’ambasciatore francese, il governo Modi sta lanciando «buoni segnali» in tal senso, avendo già firmato accordi di libero scambio con gli Emirati Arabi Uniti e l’Australia. Ma con l’Ue sarebbe allo studio un patto più ambizioso che tenga conto anche delle crescenti sfide geopolitiche del continente. L’India sta anche negoziando separatamente un accordo di libero scambio con Londra. A fine maggio, il ministro del Commercio e dell’Industria, Piyush Goyal, ha affermato che l’accordo potrebbe essere pronto già per ottobre.

Tuttavia, a seguito della Brexit, il Regno Unito non rappresenta più per l’India un facile accesso ai mercati dell’Ue. Per ottenerlo Nuova Delhi deve negoziare direttamente con Bruxelles. Secondo un report di EY, Brexit e pandemia hanno avuto un duplice impatto negativo sul Regno Unito, dove la crescita degli investimenti è risultata inferiore del 10% rispetto ai livelli pre-Covid.

«Il Paese risente delle preoccupazioni dovute alle restrizioni commerciali e alla carenza di manodopera, che sono in parte causate dalla Brexit», afferma il rapporto. Al contrario, secondo lo stesso studio, la Francia ha beneficiato di un rimbalzo post-Covid molto significativo perché l’impatto della crisi sanitaria è stato più acuto nel 2020 rispetto alla media europea. L’impennata degli investimenti nel 2021 in Francia è stata trainata da progetti manifatturieri, in particolare nei settori automobilistico, aeronautico e di consumo, con un aumento annuo del 41%.

Tuttavia, l’India non sembra porsi come un’alternativa alla Cina per l’Unione Europea in termini di peso economico. Nel 2020, il commercio di beni tra l’Ue e la Cina valeva 9 volte il commercio con l’India. Come ammette la stessa Commissione Europea, l’India «rappresentava l’1,8% del commercio totale di merci dell’Ue nel 2020, molto indietro rispetto alla Cina», quest’ultima rappresentava invece il 16,1% del commercio dell’Unione.

«Io parlerei piuttosto di complementarietà con la Cina», sostiene Patriciello. «Vero è che – conclude l’eurodeputato – i progressi in ambito democratico e sociale in India pongono una sfida per il regime di Pechino. È il modello democratico contro il modello autoritario cinese, in sostanza. L’Ue ovviamente non può che incentivare e sostenere con forza gli sforzi della democrazia indiana, ma allo stesso tempo il forte legame economico con la Cina è indubbiamente strategico. Ad ogni modo, ritengo che l’India sia destinata ad emergere nei prossimi anni come una delle forze economiche e politiche più influenti a livello globale».

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club