Escalation in vista?Putin dice che in Ucraina non ha ancora iniziato a fare sul serio

Parlando ai leader della Duma, il capo del Cremlino ha lanciato delle provocazioni all’Occidente e ha detto che «più gli scontri proseguono, più sarà difficile avviare un negoziato

AP/Lapresse

«In Ucraina non abbiamo ancora cominciato a fare sul serio». Quando parla Vladimir Putin i leader della Duma, la camera bassa dell’Assemblea federale russa, chinano il capo in silenzio. Quando parla Vladimir Putin è sempre una sfida alla stabilità e alla sicurezza dell’Occidente: «Vogliono sconfiggerci sul campo? Che ci provino», è la sua ultima provocazione.

Secondo il leader del Cremlino i Paesi che sostengono Kyjiv stanno conducendo una guerra per procura. «Più di una volta abbiamo avuto la dimostrazione che gli occidentali vogliono combattere fino all’ultimo ucraino. È una tragedia per il popolo di Kyjiv».

Parlando alla Duma, Putin chiarisce una volta di più che è deciso ad andare fino in fondo e che, ancora dopo quattro mesi e mezzo dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, e nel pieno dello scontro per il Donbass, la guerra in realtà è appena cominciata.

All’interno del Paese e in Parlamento, in una Russia in cui la politica così come la intende il mondo occidentale non esiste, lo zar sa di poter contare su un appoggio pressoché unanime. Allora può ammettere pubblicamente che le sanzioni internazionali stanno producendo effetti negativi sull’economia russa, ma poi passa al contrattacco dicendo che «le difficoltà non sono affatto gravi come sperava chi ha lanciato un blitzkrieg contro di noi».

Dopo le sue parole, la pace, o quanto meno un cessate il fuoco in Ucraina, sembra una chimera: «Noi non rifiutiamo colloqui per un accordo. Chi non si vuole sedere al tavolo dovrebbe essere consapevole che più gli scontri proseguono, più sarà difficile avviare un negoziato».

Intanto al fronte si continua a combattere. Nel sud dell’Ucraina «i missili russi hanno bombardato due silos di grano dove erano stoccate 35 tonnellate di cereali», scrive Marta Serafini sul Corriere della Sera. «Un danno ingente, per fortuna senza vittime. Sempre nel Mar Nero è stata colpita una petroliera moldava. La stiva era quasi vuota, ma al suo interno sono presenti i residui del gasolio che trasportava. Inoltre i russi hanno danneggiato il ponte d’ormeggio dell’Isola dei Serpenti. Un attacco che non ha impedito alle forze di Kiev di issare la bandiera ucraina sull’isola appena riconquistata».

Sul fronte est la situazione non è migliore. L’Armata russa sta per eliminare l’ultima resistenza rimasta a Lugansk per spingersi più nella regione di Donetsk. I segni dell’avanzata russa si vedono anche nelle evacuazioni dei civili dalle città: Sloviansk prima della guerra contava 110 mila abitanti, ma da diversi giorni bersaglio dei bombardamenti russi e al momento sono rimaste appena 23mila persone, come ha detto il sindaco Vadim Liakh.

Intanto le frizioni si notano anche ai tavoli della diplomazia internazionale. A Bali, dove si sono incontrati i ministri degli Esteri del G20, il russo Sergey Lavrov e il segretario di Stato statunitense Anthony Blinken non si sono rivolti la parola.

«Lavrov ha parlato con l’omologo cinese Wang Yi, a cui ha ribadito la volontà di cooperazione tra i due Paesi e ha chiesto di unire le forze per non cedere alle pressioni degli Stati Uniti e a resistere alla “politica apertamente aggressiva” delle nazioni occidentali», scrive il Corriere. Mentre nell’incontro con il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, Lavrov ha ripetuto che per Mosca «è inaccettabile un ulteriore sostegno dell’Occidente alle ambizioni militaristiche del regime di Kiev».

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