Resistere per KyjivI problemi dell’Ucraina in una guerra di logoramento

Gli alleati occidentali sono fondamentali per impedire alla Russia di schiacciare il vicino. Putin punta sul conflitto prolungato per applicare il vecchio divide et impera: se il supporto alleato dovesse venire a mancare, le truppe del Cremlino avanzerebbero indisturbate

AP/Lapresse

L’Ucraina sperava di non doversi mai difendere da un esercito numeroso e armato come quello russo. La Russia sperava di poter raggiungere i propri obiettivi in un tempo ridotto. L’invasione del 24 febbraio scorso si è prolungata in una guerra difficile da sostenere per entrambi i Paesi: lo scontro va avanti, incessante e terribile, da quattro mesi e mezzo ormai, e sta diventando una guerra di logoramento.

La durata mette alla prova anche gli alleati occidentali dell’Ucraina: il prezzo del cibo e dell’energia è già salito alle stelle, l’inflazione sta impoverendo i cittadini, le richieste di armi e denaro da parte di Kyjiv aumentano.

Una guerra lunga mette alla prova tutte le parti in causa, in modi difficilmente prevedibili fino a qualche mese fa.

Il fatto che siamo ormai entrati pienamente nel quinto mese di guerra è già atipico. Negli ultimi due secoli, la durata media delle guerre tra Stati è stata di poco più di tre mesi, secondo i calcoli di Paul Poast dell’Università di Chicago. È anche per questo che i due eserciti sembrano stremati sebbene costretti a trovarne risorse e convinzioni per proseguire.

Le forze ucraine, senza armi e fino a poco tempo fa in gran parte prive di artiglieria valida, sono state colpite su più fronti. Il 15 giugno un generale ucraino aveva detto che l’esercito aveva perso 1.300 veicoli corazzati, 400 carri armati e 700 sistemi di artiglieria. Molte delle unità più esperte e meglio addestrate dell’Ucraina sono state eliminate, lasciando il loro posto a soldati più giovani.

Dall’altro lato della linea del fronte, l’avanzata russa è stata lenta, stridente, costosa, resa possibile solo da massicci e indiscriminati bombardamenti che hanno configurato anche numerosi crimini di guerra. «La manodopera è un problema più grande, per la Russia», scrive l’Economist. «Vladimir Putin ha rifiutato di chiamare in massa coscritti e riservisti. Invece di una mobilitazione generale, il suo esercito sta creando nuovi battaglioni arruolando nuove reclute, ma trovarne abbastanza è difficile: il governo ha dovuto offrire una paga lauta, di quasi tre volte il salario medio. La Duma, il parlamento russo, ha recentemente innalzato l’età massima per arruolarsi nell’esercito da 40 a 65 anni».

La carenza di truppe ben addestrate da parte della Russia è una delle ragioni per cui la sua avanzata nel Donbass è stata così articolata. L’Ucraina, nonostante una popolazione più piccola, ha una maggiore disponibilità di reclute desiderose di difendere la propria casa. Addestrarli è ancora un processo complicato, pieno di colli di bottiglia, ma il problema potrebbe essere superato da un aiuto esterno, come quello offerto dal Regno Unito, che si è reso disponibile ad addestrare fino a 10mila soldati ogni 120 giorni.

La differenza la faranno le armi in arrivo dagli alleati occidentali. «L’Ucraina – spiega l’Economist – sta ricevendo armi sempre più sofisticate. Per cominciare, ha chiesto principalmente missili anticarro e antiaerei portatili a corto raggio per respingere le colonne corazzate in avanzamento e gli elicotteri. Ultimamente America, Gran Bretagna e altri hanno fornito artiglieria moderna e razzi, che saranno molto più utili in qualsiasi contrattacco. Il 23 giugno il ministro della Difesa ucraino ha detto che i lanciarazzi americani Himars, con munizioni guidate da gps, erano in arrivo».

Il supporto militare non deve però creare una prospettiva totalmente ottimistica e naive. Le insidie non mancano. In primo luogo, le forze ucraine hanno già utilizzato la maggior parte delle loro munizioni e non hanno capacità di produzione interna per reintegrarle, quindi ora dipendono completamente dagli aiuti stranieri.

In secondo luogo, i sostenitori dell’Ucraina hanno già ceduto una grossa quota delle loro scorte di armi – almeno di alcuni tipi. I 7mila missili anticarro Javelin forniti dagli Stati Uniti, ad esempio, rappresentavano circa un terzo del suo inventario totale e ne produce circa 2.100 ogni anno: è chiaro che da Washington non ne arriveranno molti di più nei prossimi giorni, e in generale gli eserciti occidentali non vogliono e non possono permettersi di prosciugare le loro scorte di armi.

Ma le armi non sono l’unica forma di aiuto di cui l’Ucraina ha bisogno. L’aspetto economico è fondamentale: la guerra ha devastato l’economia ucraina, il Pil del Paese si ridurrà di oltre un terzo almeno in alcune zone, il governo ha dovuto spendere generosamente non solo per le forze armate, ma anche per fornire assistenza umanitaria ai feriti, ai disoccupati e agli sfollati. Il risultato è un deficit di circa 5 miliardi di dollari al mese.

Di contro, la Russia sembra accusare meno il contraccolpo economico. Dopo le prime difficoltà, e sebbene le aziende occidentali abbiano ormai ritirato la maggior parte dei circa 300 miliardi di dollari investiti in commercio e produzione locale, la maggior parte degli osservatori si aspetta una contrazione economica relativamente gestibile quest’anno.

Quanto meno, da qualche settimana, inizia a farsi sentire il peso delle sanzioni. «Stanno privando l’economia di importazioni cruciali: la carenza di alcune componenti è motivo di preoccupazione anche per i generali russi», avverte l’Economist.

Per questo, si legge sul magazine britannico, non è sicuro che i russi siano disposti a sopportare una guerra lunga e sanguinosa. E l’ottimismo economico con cui alcuni oligarchi e uomini d’affari hanno affrontato questi mesi potrebbe anche svanire quando i costi a lungo termine della guerra, delle sanzioni occidentali e dell’emigrazione, inizieranno a gravare maggiormente sulle loro tasche.

Mettere in difficoltà il Cremlino sul fronte economico e quello militare non è necessariamente uno scenario rassicurante per gli ucraini. Molti temono che la Russia possa ricorrere a soluzioni ancora più spietate se la guerra si trascinasse troppo a lungo. Potrebbe, ad esempio, prendere di mira la rete elettrica e gli impianti di riscaldamento con l’avvicinarsi dell’inverno, una mossa che imporrebbe un enorme costo umanitario alla popolazione civile.

Ma comunque gli ucraini rimangono fermamente contrari all’idea di negoziati con la Russia: temono una ripetizione degli accordi di Minsk, gli accordi di pace mediati da Francia e Germania che però Mosca non ha mai rispettato.

Gli alleati dell’Ucraina – un gruppo numeroso di Paesi euroatlantici – non hanno una visione così netta, e non hanno ancora una visione unanime su tutto.

Proprio per questo motivo, scrive l’Economist, «Putin potrebbe trovare più facile scoraggiare loro rispetto agli ucraini: tagliando le esportazioni di gas attraverso il gasdotto principale dalla Russia alla Germania, ha recentemente segnalato che è disposto a prendere in ostaggio l’economia europea per portare avanti i suoi obiettivi di guerra».

Il vecchio divide et impera è sempre presente nel manuale dell’autocrate russo. E più si prolunga la guerra, maggiore sarà il costo in termini di crescita dei prezzi dell’energia e di decelerazione delle economie.Gli alleati dell’Ucraina potrebbero scoprirsi riluttanti a fornire armi e denaro a lungo. Più che abbattere le difese ucraine, Putin sembra contare sulle incertezze dell’Occidente per raggiungere i suoi obiettivi.

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