«Sono sempre stato di sinistra», spiega il virologo Andrea Crisanti a Repubblica. «Sono iscritto al circolo Pd di Londra da sei anni, sono stato nella Fgci dai tempi di Berlinguer». E la candidatura nasce da un confronto «con il Pd durato tre settimane», al termine delle quali è arrivata la proposta, che ha accettato per due ragioni. «È giusto che un tecnico venga legittimato dai voti», spiega. E poi perché «ritengo che l’Italia abbia bisogno del contributo di chi crede nella sanità pubblica».
La notizia della candidatura non ha mancato di sollevare polemiche e contestazioni. Soprattutto da parte della Lega di Bergamo, città dove Crisanti, nel suo ruolo di professionista, è stato consulente della procura per l’indagine sul Covid. Secondo la deputata del Carroccio Rebecca Frassini, «la candidatura stona moltissimo» (parla di «schiaffo alla nostra provincia»), e si augura che «il Pd bergamasco si metta di traverso per rispetto nei confronti del nostro territorio». A darle ragione è Giovanni Malanchini, segretario dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale: «Solo pochi mesi fa Crisanti dichiarava di non volersi candidare. A tutti verrebbe da chiedersi: come può una figura così determinante in un’indagine tanto delicata cambiare abito da un giorno all’altro ed entrare nella contesa politica?».
Dello stesso avviso è Nicolò Carretta, di Azione, che ricorda come la procura gli abbia affidato «un importante incarico» per aiutarla «a fare luce sul perché il Covid si sia abbattuto così duramente durante la prima ondata sulla provincia bergamasca». E sarebbe stato «auspicabile che non si tingesse di alcun colore politico».
Crisanti, in ogni caso, ribadisce di essere al di sopra delle parti. «Non ho mai derogato né derogherò alla mia integrità e trasparenza», spiega all’Agenzia Italia. Nel corso degli anni ha polemizzato con tutti i partiti, anche con il governo e con il ministero di Speranza. «Non bisogna avere posizioni ideologiche ma seguire l’evidenza scientifica».