La rivincita delle biondeChiara Ferragni e Giorgia Ocasio-Cortez, il bipolarismo che ci meritiamo

Alla milionaria di Cremona è bastata una storia su Instagram per egemonizzare il dibattito pubblico. La nostra attenzione è equamente divisa tra una che di lavoro indossa cose che le regalano e la Meloni che dice di aver imparato più cose da cameriera che in Parlamento

LaPresse

Quindi la classe dirigente di sinistra italiana, quella che non si fa condizionare la campagna elettorale da Giorgia Meloni, se la fa condizionare da Chiara Ferragni. E nessuno ha ancora titolato le cronache di questo agosto La rivincita delle bionde: cos’è, abbiamo paura d’essere didascalici?

(Mi perdonerete se vi costringo a uno sforzo di disabitudine, usando l’italiano «condizionare la campagna elettorale» invece del doppiaggese «dettare l’agenda»: la legge morale dentro di me mi vieta di utilizzare «agenda» come se in italiano volesse dire altro dalla Smythson. Oltretutto Ferragni le agende – quelle vere, con le pagine, dove segnare se t’interrogano in matematica o se devi comprare il Prostamol – le vende, come tutto, e quindi si creerebbe confusione).

Enrico Letta non aveva ancora finito di twittare «Viva le devianze» (segnalo l’assai precisa battuta dell’immunologa Antonella Viola: «È come se avesse detto “viva l’ipertensione”»), che tutti – opinionisti, politici, nani, ballerine – s’accorgevano della questione-Marche.

La questione-Marche non è che a Senigallia ci sono ottimi ristoranti stellati ma poi ti tocca fare il bagno nell’Adriatico e insomma possibile che se vuoi il mare della Sardegna ti tocchi mangiar male. La questione-Marche è che la regione, amministrata da Giorgia Meloni (dal suo partito, non da lei personalmente, ma questo articolo si rifiuta di uscire dalla contrapposizione tra bionde), si è opposta all’utilizzo della pillola abortiva, complicando quindi la vita alle marchigiane che vogliano abortire e, grazie all’illuminata 194, vedano il loro appuntamento in agenda ostacolato dai soliti obiettori e non possano cavarsela con la chimica.

Com’è successo? Chiara Ferragni ha forse letto “Mai dati”, il libro di Chiara Lalli e Sonia Montegiove sull’impossibilità non solo di abortire ma anche di sapere se puoi abortire giacché i dati sull’obiezione di coscienza nei singoli ospedali sono un mistero glorioso? Ha forse, oltre che un manager rapinato (da cui l’allarme-sicurezza da lei già lanciato come scorso tema di campagna elettorale), una cugina marchigiana indesideratamente gravida? Non so.

Quello che so – quello che sappiamo tutti – è che un giornale, The Vision, ha scritto un articolo sulla questione-Marche, e Chiara Ferragni ne ha pubblicato il titolo nelle proprie storie di Instagram. Tra una foto di lei con le amiche in barca, e una di lei a cavalcioni del marito (non sono due esempi ideali, sono proprio le foto subito prima e subito dopo), ha condiviso il post di The Vision con un suo commento.

Questo: «Ora è il nostro tempo di agire e far si [senza accento, nota di Soncini] che queste cose non accadano». Tutti sono corsi a interessarsi alle Marche come non avrebbero mai fatto (d’altra parte noialtri dei giornali sbagliamo altrettanti accenti e, diversamente dalla bionda milanese, non abbiamo ventotto milioni di follower: come possiamo mai egemonizzare il dibattito pubblico?).

Ma cos’aveva voluto dire, Chiara? Il doppiaggese della sintassi mi ha subito fatto pensare che, delle due interpretazioni possibili della frase, quella giusta fosse quella americana.

La divisione non è tra destra e sinistra: è tra le cose cui siamo abituati e quelle che ci destabilizzano: in America quasi nessuno fa un plissé per la gestazione per altri, che qui è la frontiera che neanche le più libertarie osano proporre; a noi d’altra parte pare inconcepibile non avere il servizio sanitario nazionale, e loro invece mettono in conto d’andare in bancarotta per una colica.

Quindi, in una nazione che si è abituata a non avere il congedo di maternità retribuito a meno di non lavorare per aziende eccezionalmente generose, l’idea di non poter però più abortire serenamente fino al sesto mese com’era finché l’aborto era tutelato dalla sentenza Roe v Wade ha destabilizzato gli americani. C’è stato, in risposta all’emergenza percepita, un affollamento di aziende che si precipitavano a dichiarare che avrebbero pagato la trasferta alle dipendenti che andavano ad abortire in Stati in cui era ancora concesso. I giornali hanno passato settimane ad aggiornare le liste, aspetta c’è anche Google, ecco pure H&M, Estée Lauder ci tiene a dire che l’aereo per il raschiamento è a carico del datore di lavoro.

Ecco, quando la bionda di Milano ha postato quell’intenzione, non l’ho presa come intenzione di voto (contro la bionda di Roma), ma come intenzione d’investimento: care follower marchigiane, il treno per andare ad abortire ve lo pago io, prima classe con tramezzino di Cracco.

Il treno per dove, visto che appunto non si può sapere come sia messo l’accesso all’aborto nei vari ospedali? Sonia Montegiove ieri ha twittato chiedendo a Roberto Speranza, che alle istanze sue e di Chiara Lalli non ha dato gran retta, se almeno alla Ferragni risponderà. Questo siamo: una nazione le cui priorità dipendono da quindici secondi di copertura ferragnica.

E per fortuna le liste elettorali sono chiuse: se questi quindici secondi di militanza alla Ferragni fossero scappati la settimana scorsa, ci sarebbero toccati giorni di speculazioni da parte di saperlalunghisti che ci spiegano che una multimilionaria ha intenzione di candidarsi, ché si sa che il potere sta in Parlamento, mica nell’egemonizzare il dibattito pubblico mentre vendi rossetti e sofficini.

Tutto questo mentre, al Meeting di Comunione e Liberazione, Giorgia Meloni diceva che la dignità viene dal lavoro, non dai sussidi, e che certo, i ragazzi vorrebbero un lavoro adeguato alla loro formazione, ma lei ritiene sia meglio un lavoro che non è quello per cui ha studiato che stare a casa col reddito di cittadinanza. Era già la cosa più di sinistra che avessi sentito da parecchio tempo, poi ha pure aggiunto che la insultano sempre perché ha fatto la cameriera, ma lei facendo la cameriera ha imparato tanto («più che stando in Parlamento», ha aggiunto, perché non diventi Giorgia Meloni se non ci metti sempre la chiusa populista, e perché le bionde lo sanno, che in Parlamento si perde tempo).

Finalmente abbiamo anche noi una donna di potere che abbia avuto un lavoro vero. Giorgia Ocasio-Cortez. Chissà come finirà lo scontro programmatico tra lei e una che, di lavoro, indossa delle cose che le regalano, inquadra i figli, decide di cosa dobbiamo discutere, vende diamanti e acrilico. Comunque vada, sarà il successo d’una bionda.