Il pomeriggio del 20 luglio il mio avvocato mi ha telefonato per dirmi che Rti – la società cui fai causa quando una rete Mediaset ti diffama: d’ora in poi, per semplicità, useremo per essa il nomignolo “Piersilvio” – era stata condannata in sede civile a darmi dei soldi. Ancora non sapevo in che modo ciò avrebbe portato all’inverno del mio discontento.
Ad agosto ho preso moltissimi frecciarossa. Ricordo bene il primo, perché è da lì che è cominciato tutto. Compro un biglietto di executive – ho i soldi di Piersilvio da spendere – e, una volta seduta, la hostess mi porta il menu.
Su di esso è indicato un club sandwich di Carlo Cracco. Dico: ma lei non me lo può scaldare, vero? Conferma, non può. Il club sandwich freddo no, non si può. La hostess, che spero Trenitalia abbia il buon senso di fare al più presto amministratore delegato, mi dice: glielo porto lo stesso perché vale la pena, magari lo mangia dopo.
Mangio un’altra cosa – una qualunque, una dimenticabile – e metto in borsa il tramezzino per non deludere la promotrice di club sandwich. La sera, tornata a casa, devo prendere un antidolorifico, e come al solito non c’è niente in frigo. Ah, ma ho quel club sandwich ormai tiepido in borsa. Lo apro, e la mia vita cambia.
Non so ricostruire gli ingredienti, perché i miei ricordi dell’agosto in cui ogni tramezzino m’è costato centocinquanta euro di executive (Piersilvio: di grandissima lunga il miglior investimento degli ultimi anni) sono avvolti nella nebulosa dei sogni.
C’era del pollo. C’era del parmigiano. C’erano le sostanze di cui – mi ripeto, ho perso le parole, mi sono rimaste solo le papille gustative – sono fatti i sogni.
Ho perfezionato la tecnica – forse non dovrei svelarlo, scusami Rosa, ma il mondo deve sapere – con la consulenza della signora Cracco. Non avevo come lei figli ai quali far ordinare club sandwich da infrattarmi (ho pensato di noleggiarne, ma i figli delle mie amiche erano tutti in villeggiatura), ma avevo messo a punto una strategia di accumulo clandestino che neanche Amalia in Napoli milionaria.
All’andata ne ordinavo uno, lo mangiavo, ne chiedevo un secondo, lo nascondevo in borsa (le hostess impietosite fingevano di non accorgersene). Al ritorno idem, e a quel punto arrivavo a casa con due tramezzini da mangiare al loro massimo punto di perfezionamento: allorché non freddi di frigo.
Una sola volta, che ricordo come si ricorda quell’unica volta che ti è venuta una buona battuta al momento giusto, invece del solito spirito delle scale con cui la battuta giusta arriva due ore dopo e ti rigiri tutta notte pensando «avrei dovuto rispondere così e cosà», una sola volta sono riuscita a ottenerne tre.
È stato in quel tragitto in cui la hostess m’ha rovesciato una bottiglia di prosecco addosso. Certo, mi ha devastato un vestito, ma che cos’è la seta che puzza d’alcol quando colpevolizzando la goffa lavoratrice puoi infrattarti due tramezzini in una sola andata?
Il momento più drammatico, invece, è stato su un Bologna-Milano delle sette di mattina. Salgo, e l’executive è vuota. Niente hostess. Inizio ad agitarmi. Scalpito. Mi alzo. Vado ad aprire i frigoriferi. Vuoti. Privi di tramezzini. Dov’è la mia colazione. Dov’è il doppio tramezzino, che già su un tragitto di poco più d’un’ora è difficile fare in tempo a ottenerlo, ma qui se tardano un altro po’ neanche un tramezzino singolo, neanche un morsetto piccino picciò.
Quando arriva il controllore, mi spiega che il treno viene da Reggio di Calabria («di»?!), e poiché viaggia di notte questa è un’executive light. Sa il cielo cosa significhi. Lo sa il cielo e lo so io: che costa uguale ma non ha il club sandwich di Cracco, un diritto essenziale di cui vengo privata.
Una volta ho letto che, quando fai l’amore per l’ultima volta con qualcuno, dovresti saperlo, per poter memorizzare i dettagli. Credevo che avrei saputo in anticipo dell’ultima mia copula col tramezzino di Cracco. Credevo sarebbe dipeso da me. Credevo fosse una formula semplice: quando finiscono i soldi di Piersilvio, finiscono anche i tramezzini da centocinquanta euro, finisce quest’estate smeralda che racconterò ai miei nipoti. Nonna, come ti sputtanasti i danni? In tramezzini, piccino. Però stellati.
L’inverno del mio discontento è cominciato il due settembre, lo ricordo come fosse ora. La mattina ordino il solito tramezzino, lo mangio, chiedo il secondo, e – avida, peccato capitale – ne mangio metà, quindi in borsa ne conservo solo mezzo.
Arrivo a Roma e vado a pranzo con un’amica. «Non ho molta fame, ho mangiato due tramezzini in treno» «Ma i tramezzini del treno fanno schifo» – signor Cracco perdonala, perch’ella non sa quel che dice.
La sera prendo un altro frecciarossa, ordino il solito, ma mi ricordo del mezzo già aperto in borsa. Infratto il primo appena ordinato e ancora integro, e mangio l’avanzo del mattino. Poi faccio la solita mossa di chiederne un secondo, la hostess lo porta, lo apro, e il vicino di posto probabilmente vede la fine sul mio viso: non è lui.
Hanno cambiato il tramezzino. È settembre. Quelli del mattino erano avanzi d’agosto, ma ora è finita la pacchia. Dice che i pendolari si annoiano. I pendolari si annoiano? Ma voi lo sapete che se Mediaset farà un programma di meno è perché il budget io me lo sono speso in tramezzini sempre uguali?
Cosa dovrei farmene di questo ordinario tramezzino bresaola e zucchine? Dov’è la poesia del mio pollo con parmigiano? Dov’è la mia droga? Come avete potuto?
La hostess torna, guarda la bresaola morsicata e dice: non le è proprio piaciuto.
Hanno cambiato la ricetta, sospiro.
Lei annuisce comprensiva.
Arrivo a casa, e prima di tirare fuori quello che avevo messo in borsa esito. Temo il trauma. E il trauma arriva: anche il primo dei tramezzini serali era uno stupido novizio, un bresaola e zucchine, un tramezzino che non vale i centocinquanta euro che è mi costato (vabbè, che è costato a Piersilvio, ma so che lui soffre come se quei soldi fossero miei), un bottino non prezioso che ho messo in borsa illudendomi, come una scippatrice di diamanti finti.
Non ho l’ultimo tramezzino. Ce l’avevo, ma l’ho mangiato distratta e inconsapevole, come fosse uno fra tanti, non l’ultimo, non Zeno.
Trenitalia, Cracco, beata vergine del Carmelo, costituzionalisti: a chi mi devo rivolgere per il ripristino del mio diritto al tramezzino di pollo? Sono disposta a pagare. Preferibilmente soldi non miei.