Design e second handDobbiamo renderci conto dell’importanza di acquistare mobili usati

Non è vero che un divano è per sempre, e ogni pezzo di arredo prodotto in meno significa risparmiare su emissioni ed energia. Ecco perché l’usato dovrebbe prendere piede anche nel mondo dell’arredamento

AP Photo/LaPresse

Se il mondo della moda e del lusso ormai si sono abituati al concetto di second hand e di resell, ci sono dei settori in cui questa modalità di acquisto ancora suscita perplessità. Incentivare pratiche di questo tipo però dà una grossa mano all’ambiente. Viviamo nell’epoca della sovrapproduzione e, ogni anno, nell’intero pianeta vengono prodotti più beni rispetto a quelli che verranno poi effettivamente acquistati o utilizzati. 

Dati sul tessile ne abbiamo molti e la conoscenza sull’impatto di questo settore, in termini di emissioni ed inquinamento, è nota. Ecco che quando si parla di pratiche di acquisto sostenibili, nella moda, il vintage e il second hand vengono citati sempre in pole position. La stessa cosa curiosamente non avviene con il design. Sia che si parli di riuso di mobili e forniture a basso costo, sia che si tratti di pezzi di design dal valore di svariate migliaia di euro.

«Il design è un po’ più indietro rispetto al mondo della moda e del lusso, che ha rotto l’incantesimo del “solo nuovo” già 10 anni fa. In questo settore è un terreno da esplorare e costruire» spiega Valentina Cerolini, founder di Deesup, marketplace di design specializzato in vendita di forniture d’alta gamma di seconda mano. 

Anche se siamo abituati a pensare all’arredamento come a qualcosa di estremamente duraturo, nelle nostre case e nelle nostre vite, non è sempre così, o almeno non lo è per tutti e per tutte le situazioni. «Durante il Salone del mobile è stata presentata, in fiera a Rho, un’indagine condotta da Bain & Company proprio su questo: nel 2021 il livello di consumo, quindi di acquisto del nuovo, di forniture di lusso in Italia è stato stimato in circa 40 miliardi. Se pensiamo che tutta questa merce è stata prodotta nel corso di quell’anno, è un dato estremamente rilevante».

Si tende sempre a considerare i prodotti di arredo come acquisti lifetime-long, ma non sempre è così.
«Esattamente: è vero che quando compri un divano potenzialmente ti dura decenni ma, ad esempio, ci sono i collezionisti, che acquistano in maniera ripetuta anche pezzi importanti, o i super appassionati che cambiano forniture tutti gli anni, che si tratti di prodotti di alta gamma o no. Poi c’è tutto un segmento di vendite legato alla necessità, in seguito magari a un trasloco o alla sostituzione di qualcosa che si rompe: questa situazione rappresenta una buona parte del mercato, perché rispecchia il comportamento d’acquisto della massa. Per quanto riguarda il mondo business, quindi dei grandi alberghi o dei boutique hotel, gli acquisti sono frequenti sia perché i pezzi si rovinano in fretta, soprattutto quelli utilizzati nelle aree comuni o nelle hall, e sia perché molte volte servono esclusivamente per shooting fotografici. Infine ci sono le persone più giovani e appassionate, che prendono magari un pezzo d’arredo importante dopo una ricerca attenta e probabilmente lo terranno per tutta la vita, ma sono la netta minoranza». 

Come Deesup avete dei dati in merito a quello che potenzialmente potrebbe essere il risparmio di emissioni legato al resell nel mondo del design?
«Con il supporto di Lifegate abbiamo realizzato uno studio che prova a quantificare quanto pesa la produzione in eccesso in termini di emissioni, quanti sono gli smaltimenti e come e quanto un singolo pezzo possa impattare. Siamo stati molto cauti in questa analisi perché sono moltissime le componenti di cui tenere conto, ma abbiamo incrociato dati provenienti da diverse fonti autorevoli. Quello che è emerso da queste indagini, che si sono concentrate su un pezzo di arredo medio e fatto con componenti tipiche di un prodotto luxury, ovvero legno, imbottitura, rivestimento e guarnizione, siamo arrivati al risultato di 47 chilogrammi di Co2 come impatto medio di un arredo, nel caso specifico una seduta. Da questo numero poi si possono fare mille calcoli: basti pensare che noi nel nostro shop virtuale abbiamo oltre 7mila prodotti: se tutto questo stock venisse rimesso in circolo l’impatto positivo sarebbe decisamente importante».  

Quali sono i materiali o i prodotti più impattanti sull’ambiente?
«Le imbottiture. Le strutture degli arredi di alta gamma solitamente sono di legno, magari c’è del metallo, ma a pesare di più, in termini sia di emissioni che di inquinamento, sono quei pezzi che presentano un’imbottitura che, essendo un materiale sintetico, è un derivato del petrolio». 

Deesup come nasce?
«L’idea ci è venuta qualche anno fa perché io e il mio compagno rientriamo un po’ in una delle casistiche che menzionavo prima: abbiamo comprato casa e cercavamo un pezzo di design per dare un twist a tutto l’arredamento e, nelle nostre ricerche, ci siamo imbattuti in pezzi importanti a prezzi estremamente convenienti, che però non rispecchiavano il nostro gusto. È in quel momento che ha iniziato a prendere forma l’idea di fondare un sito basato sul resell di arredamento di alta gamma. Con tutta l’attenzione che c’è oggi in merito alla sostenibilità si è creata dell’empatia nei confronti del second hand, che piano piano sta perdendo la sua accezione negativa anche nel settore del design. Sostenibilità per noi è anche accessibilità: rendere acquistabile un pezzo come una sedia di Cassina ha un valore enorme oggi più che mai, in una situazione post confinamento in cui la casa ha assunto un ruolo, se è possibile, ancora più cardine nelle nostre vite». 

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