Ivankiv, Giorno 5-6La vita in Ucraina riprende lenta, con l’augurio di trovare un nocciolo di ciliegia

Tutti fanno scorta di frutta e verdura, in caso di nuova invasione russa. Faccio scorta anch’io, di immagini e profumi, perché la guerra non è finita, i russi possono tornare

di Artur Aldyrkhanov, da Unsplash

Le pagine 5 e 6 del diario ucraino si sono incollate tra di loro per l’umidità, la pioggia che cade nel Nord dell’Ucraina in questi giorni, e il succo di ciliegie che sgocciola dalle mani. Rosso come il sangue. Rimane sulle mani mentre si raccolgono le ciliegie dall’albero, mentre si toglie il nocciolo con una forcina per i capelli, il vecchio metodo della nonna, per poi farcire i panzerotti. Il succo di ciliegie, scaldato dalla temperatura del forno, esce dall’attaccatura dell’impasto. Sembrano ferite, quelle che si vedono ovunque da queste parti.

La vita intorno a queste zone riprende lenta. Là, dove sono state bombardate le facciate delle case, c’è un intonaco fresco. In alcune parti assi di legno coprono le finestre, evidentemente perché le finestre nuove non sono ancora arrivate. La gente in giro non passeggia, non indugia, cammina con una meta precisa: comprare lo zucchero, diventato più caro di sette grivne (la moneta ucraina) rispetto alla settimana scorsa, sbrigare faccende negli uffici pubblici aperti da poco, andare dal medico a curare i mali rimandati nel periodo dell’occupazione.

Mia madre dice che durante il periodo dell’occupazione solo nella città di Ivankiv sono nati 16 bambini negli scantinati dell’unico ospedale, alimentato dal generatore perché i russi hanno abbattuto subito i pali dell’elettricità.

I militari ucraini ci sono ovunque, siamo nella zona del confine con la Belarus’. Vivono in una delle scuole, tanto la scuola qui non ripartirà in presenza a settembre. Tanti sono andati via, portando con sé i figli nei posti più sicuri, alcuni bambini sono andati nelle colonie estive in Irlanda. Secondo la nuova ordinanza del presidente, possono riaprire in presenza solo le scuole che hanno i rifugi. Rimane poco tempo per sistemarli e comunque i genitori hanno paura di lasciare andare i figli da soli per tutto il giorno a scuola. Quattro scuole su venti sono state distrutte dai bombardamenti e non sono riparabili. Quindi la scuola è diventata una caserma. I locali si prendono cura dei soldati ucraini, gli portano la verdura e la frutta fresca dall’orto. Infatti vedo anche nel nostro bagagliaio una cesta di pomodori «per i ragazzi». Tutti gentili, salutano ai posti di blocco: «Slava Ukraini», invece del passaporto ti chiedono un sorriso, forse perché ormai riconoscono mia madre al volante.

Ogni volta a tavola, apparecchiata sempre con i tesori dell’orto, saltano come i pesci dal fiume le storie sulla guerra: «Quando c’era la guerra», sembrava di sentire parlare i nonni, invece i nonni non ci sono più e ho sempre pensato come avrebbero fatto loro a superare un’altra guerra.

Le storie di come e dove hanno nascosto i gioielli, perché avevano paura di essere derubati dai soldati russi più che esserne bombardati. Avevano lasciato una mappa per me, in modo che solo io potevo trovarli. Una caccia al tesoro poco allegra. Le storie di un uomo che ha pelato le patate per un mese ai sedici soldati russi che vivevano a casa sua e che fino adesso non vuole raccontare niente a nessuno, oltre che andava perfino in bagno accompagnato da uno con il fucile. Ha detto: finirà la guerra e poi vi racconto. Le storie dei coraggiosi imprenditori che portavano il pane dal forno, finché il forno andava avanti col generatore e finché c’era la farina. Gli imprenditori che regalavano a tutti il pesce, perché l’azienda di allevamento era ferma per mancanza dell’elettricità. Le storie sui drogati locali, che hanno fatto le spie, raccontando ai soldati russi chi in giro aveva svolto il servizio militare e magari era stato anche nel Donbas.

Tutti intorno vivono sull’attenti, anche i miei genitori. La guerra non è finita e può anche ritornare. Ogni giorno fanno le conserve di verdura e frutta coltivata da loro, perché sono state quelle a salvargli la vita nel marzo del 2022. Hanno fatto le scorte di zucchero, farina e sale, cereali, pasta e prodotti di igiene personale.

Anche io sto facendo la scorta. Avidamente tocco i miei genitori, annuso il profumo della casa e dei fiori nelle aiuole di mia mamma. Il sapore di questa casa sono i floghi viola e bianchi. Erano i fiori preferiti di mio nonno. Guardo le foto negli album di famiglia, era la cosa, parlo delle cose materiali, che avevo paura perdere di più.

Ascolto e assorbo. Il morbido dei tappeti fatti dalla nonna, il buono del borshch preparato dalla mamma, le lezioni di calcio che mio padre dà ai calciatori della Dynamo Kyjiv, che ovviamente non sanno giocare per niente, quel suono sordo delle mele mature, che la notte cadono per terra dagli alberi. Quell’appiccicoso rosso delle ciliegie.

In uno dei panzerotti con le ciliegie c’è un nocciolo. Qualche nocciolo era scappato alla forcina della nonna. Da piccola, quando mia nonna faceva i panzerotti con le ciliegie, lasciava apposta una ciliegia con il nocciolo e chi lo beccava, beccava tutta la fortuna del mondo. Non so se un dente rotto è tutta la fortuna del mondo o la sfida sta nell’avere sia tutti i denti sia il nocciolo. Oggi il nocciolo l’ho beccato io e ora aspetto tutta la fortuna del mondo, ma essendo riuscita ad arrivare fin qua, mi sembra di averla un poco avuta.

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