Aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili è solo una parte della sfida che ci attende per il futuro. L’altra, altrettanto decisiva ma non scontata, consiste nel riuscire a stoccare quell’energia per utilizzarla in un secondo momento: nelle giornate senza sole e senza vento, banalmente, due condizioni che in molti Paesi europei coincidono con il periodo invernale. Considerando anche la possibile diminuzione della velocità media dei venti causata dalla crisi climatica, appare urgente dotarsi di tecnologie efficaci che, nel momento in cui si verificano le condizioni ideali per produrre energia eolica e solare, riescano a immagazzinarla per il futuro.
Secondo uno studio del 2021 condotto su 42 Paesi, nessuno di questi (Italia inclusa) sarebbe in grado di soddisfare completamente la domanda interna di energia con le sole risorse solari ed eoliche in assenza di sistemi di stoccaggio. Eppure, come ha recentemente spiegato la divulgatrice scientifica e fisica tedesca Sabine Hossenfelder, oggi i diversi sistemi di stoccaggio esistenti sono spesso complessi, costosi, poco efficienti e, soprattutto, insufficienti. La capacità di stoccaggio dell’energia a livello globale, infatti, attualmente è pari a circa 2,2 Terawattora (TWh), ma avremmo bisogno di arrivare almeno a 1 Petawattora (PWh): è circa 500 volte il totale che abbiamo oggi.
Come viene stoccata l’energia rinnovabile
A livello globale, più del 90 per cento dello stoccaggio dell’energia avviene attraverso sistemi di pompaggio idroelettrico. In breve, l’energia “in eccesso” (quella che non viene impiegata nell’immediato) viene usata per pompare dell’acqua in un serbatoio sopraelevato e, in caso di bisogno, viene rilasciata attraverso delle turbine per produrre energia. Il costo varia sensibilmente in base al luogo e alla grandezza dell’impianto, e l’efficienza di questo metodo è pari al 78-82 per cento: vale a dire che alla fine “avremo indietro” circa il 20 per cento in meno dell’energia che avevamo immagazzinato.
Se la crisi climatica renderà la siccità più frequente, però, per alcuni Paesi sarà evidentemente difficile continuare ad affidarsi a questa tecnologia. Da qualche anno si parla anche del cosiddetto accumulo gravitazionale. In questo caso l’energia in eccesso viene usata per attivare dei motori elettrici che, su una apposita torre, sollevano dei grandi blocchi di materiale che, quando serve, vengono scaricati a terra generando energia cinetica. L’efficienza è del 90 per cento.
La compagnia svizzera EnergyVault sta costruendo un impianto di questo tipo in Cina, che però avrà una capacità di stoccaggio di soli 100 Megawattora (MWh): non abbastanza. È sempre la fisica Hossenfelder a sottolineare che per raggiungere l’obiettivo globale di 1 PWh avremmo bisogno di 10 milioni di impianti come questo.
Un’altra alternativa, che ha del potenziale, è lo stoccaggio tramite aria compressa o liquida. Quando serve, l’aria precedentemente compressa o liquefatta tramite impianti appositi viene liberata dai serbatoi e fatta tornare allo stato gassoso: l’espansione di volume attiva delle turbine che generano energia. La prima centrale al mondo che usa questo metodo è entrata in funzione nel 2018 in Inghilterra, sebbene l’efficienza stimata di questa tecnologia non sia delle migliori: nella peggiore delle ipotesi, si rischia di perdere il 60 per cento dell’energia inizialmente immagazzinata. L’efficienza è bassa anche nel caso dello stoccaggio termico (30-60 per cento) o a idrogeno (25-45 per cento). Quest’ultima tecnologia è comunque discretamente popolare, perché è significativamente più economica rispetto alle altre.
Le batterie agli ioni di litio sono la soluzione?
Un altro metodo di stoccaggio, che negli ultimi anni ha subìto un deciso incremento, sono le batterie agli ioni di litio. In Italia sono particolarmente diffuse. Secondo il report di Federazione ANIE, al 30 giugno 2022 risultano installati sul territorio nazionale 122.279 sistemi di accumulo per l’energia (a fine 2021 erano poco più di 75mila), per una capacità massima di 1361 MWh ai quali vanno aggiunti i 250 MWh degli impianti di Terna. La tecnologia più diffusa, si legge nel documento, è proprio quella a base litio: 98,5 per cento del totale.
Le batterie agli ioni di litio durano una decina d’anni e hanno un’efficienza dell’80-95 per cento, ma hanno costi elevati. Inoltre, il litio è un minerale conteso e la sua estrazione, oltre a richiedere circa 250 litri di acqua al minuto, è spesso osteggiata dalle comunità locali. Da ultimo, l’uso di batterie agli ioni di litio comporta delle emissioni di anidride carbonica legate alla loro realizzazione, ricarica (per almeno 400 volte) e smaltimento finale. Immaginando di usare questo sistema di stoccaggio in un impianto eolico, la produzione di energia generata dal vento avrebbe un’impronta carbonica undici volte maggiore. Un analogo aumento si ottiene se questa tecnologia di stoccaggio è abbinata al solare. Nonostante questo, però, entrambi i casi continuano a essere preferibili rispetto ai combustibili fossili.
In Italia la capacità di accumulo cresce, ma la strada è lunga
In Italia, come accennato, le installazioni dei sistemi di accumulo sono in netta e significativa crescita, ma siamo ancora lontani dagli obiettivi fissati dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). Il 99,9% degli impianti di accumulo in Italia risulta abbinato al fotovoltaico, di cui il 97 per cento è di taglia residenziale. La maggior parte si trova in Lombardia, seguita da Veneto ed Emilia-Romagna.
Tra le Regioni con più unità installate quest’anno c’è la Toscana: +476 per cento rispetto al primo semestre del 2021. Oltre alle batterie a ioni di litio, una piccola quota (1,1 per cento) dei sistemi usati in Italia è rappresentata dalle batterie a base piombo, una vecchia tecnologia più economica ma di capacità inferiore rispetto alle batterie al litio. I sistemi di accumulo ad aria compressa, invece, sono una decina. Il report ANIE, che include i dati Terna, segnala inoltre che in questi mesi del 2022 è entrato in funzione un terzo sistema di accumulo abbinato a una centrale termoelettrica, per una capacità di 10 MWh, mentre restano fermi a quota due i sistemi di accumulo abbinati a impianti eolici.Secondo Federazione ANIE, la notevole crescita di installazioni del primo semestre del 2022 è dovuta al Superbonus 110 per cento e alle varie detrazioni fiscali. Se è così, c’è da aspettarsi un’ulteriore crescita nell’immediato futuro: nella legge di bilancio è stata inserita un’agevolazione che, in alternativa al bonus del 50 per cento e allo sconto in fattura, permette di ottenere un credito di imposta che può arrivare a coprire il totale della spesa di acquisto di un sistema di accumulo per l’impianto fotovoltaico, che sia nuovo o già in attività.