Limen, liminisLunga Vita ai Balzi Rossi, storico ristorante al confine tra Italia e Francia torna a far parlare di sé

La nuova sfida per il giovane chef Enrico Marmo di rendere un luogo di confine una meta desiderata e cercata. In che modo? Con una cucina allo stesso tempo incredibilmente ligure e assolutamente moderna

Parlare dei Balzi Rossi è un po’ come aprire un libro mitico. Un tomo denso di storia e racconti, di vicissitudini, persone, di battaglie vinte e di piccole conquiste giornaliere. Allo stesso tempo, è come sfogliare un libro ricco di immagini: una condensazione di armonia e bellezza declinata in ogni singolo piatto, in ogni dettaglio voluto e curato, in ogni ingrediente scelto, annusato, lavorato e proposto. Enrico Marmo è un giovane trentacinquenne che sorride alla vita. Il ristorante I Balzi Rossi è un po’ come una seconda casa per lui perché oltre a ritrovarsi qui, di fatto, per la seconda volta nella propria carriera – la prima era stata tra 2016 e 2019 – il Ponente ligure è un luogo insolito ed particolarmente stimolante in cui vivere. L’estrema punta della Liguria, esattamente al confine tra Francia e Italia, là dove Ventimiglia già finisce ma la terra vicina non è ancora iniziata.

Quel gruppetto di scogli conserva aneddoti e ricordi per la maggior parte degli italiani. Una dimensione di prossimità molto stretta con il contesto lavorativo ma anche con il territorio stesso che «è ancora tutto da scoprire, con un entroterra ricco di borghi in muratura (un paradiso per i motociclisti!) piccoli produttori talvolta anche mono-prodotto e trattorie genuine» ci racconta Enrico. Insieme alla sua compagna Eleonora Revello – anche lei piemontese e responsabile della sala del ristorante – si sono serenamente trasferiti qui consapevoli che la loro qualità della vita avrebbe avuto un netto miglioramento nonostante la grande sfida che stanno per intraprendere e le aspettative di pubblico e critica. I Balzi Rossi sembreranno nuovi a tante giovani generazioni ma si tratta in realtà di un luogo storico e non qualunque. Uno dei pochi, significativi indirizzi di cucina gourmet della riviera di Ponente che si è distinto nel corso del suo operato per qualità, attenzione al territorio e passione per il mare. E in questo 2022, anno nel quale il ristorante ha riaperto dopo 24 mesi di pausa forzata, si celebrano quarant’anni di storia e il ritorno di Enrico Marmo – e della sua brigata – alla guida della cucina. Uno chef cresciuto, maturato, fortunatamente ancora curioso e più che disposto al confronto e all’ascolto. Una persona che sa dove può esserci l’errore, la frizione, l’imprecisione ma che sa dove orientare la propria ricerca. La sua passione verso la materia prima, il colore, l’uso coerente dei “gusti” mediterranei, la sottile differenza tra una cottura e un’altra: il suo lavoro è una ricerca continua. Un tentativo – elegante e senza risposta definitiva – di far conoscere quelle sfumature della cucina ligure che ancora nessuno ha avuto capacità, voglia o visione di portare in tavola.

Sardenaira 2.0

Una modernità assolutamente tangibile in ogni scelta, la volontà di andare a fondo nel gusto senza l’esigenza di stupire o conquistare al primo piatto. Marmo si diverte con quello che il mare gli offre e spesso si deve anche arrangiare se gli arriva meno di ciò che ha previsto. «Non sempre Jerome mi porta i quantitativi ideali ma a me va bene così: preferisco avere lui che mi fornisce, anche se in quantità minore, piuttosto che qualcun altro. Da Natale ad esempio prendo scorfani e aragoste. Dalle barche di gamberi scelgo tutto ciò che non è gambero e che di solito i negozi o altri ristoranti scartano. I besughi piccolini che ho trovato settimana scorsa ad esempio». E il bello di lasciare carta bianca a un ragazzo così è che fino all’ultimo nemmeno lui sa esattamente dove ti condurrà, ma una volta trovatosi faccia a faccia con i suoi ingredienti, tutto viene da sé. Nemmeno una ricetta scritta o appuntata, ma tantissimo istinto e in alcuni casi anche la capacità – spesso difficile per uno chef – di fare meno per dare di più. Come nel caso del fegato di scorfano con fagioli di Pigna, burro e aceto. Un piatto che senza rivali vale il viaggio e fonde in un unico boccone l’essenza della nuova cucina italiana e la geografia del posto. E per tenere testa a uno chef così indipendente, Giuliano Revello collaboratore storico di Enrico nonché maitre e direttore di sala, scandisce il ritmo della cena con un pairing divertente e a tratti un po’ funky. Molto riuscito l’abbinamento della birra alle foglie di olivo con il fritto di spunciacorrente al cucchiaio servito con una punta salsa tartara e gambi di rucola o il vermouth bianco affiancato ai tortelli di prebuggiun con mandorle e nasturzio.

Cappun magro vegetale

Un’esperienza, quella ai Balzi Rossi, in affinità con il territorio in cui si trova e meno interessata alla contaminazione e al diverso. In qualche modo, quella di Marmo è una dichiarazione di affetto per questa terra e le sue sfumature gastronomiche, per le sue tradizioni e contraddizioni.
Se vi capiterà di passare per Ventimiglia – e se non vi capita fate in modo che accada – vi ritroverete come nei film, su di una terrazza quasi pieds dans l’eau, insieme a una clientela internazionale a sorseggiare Champagne al tramonto. Un’esperienza unica per chi vuole approfondire la (alta) cucina ligure attraverso una delle poche riletture in chiave contemporanea della sua cultura. Un ristorante per chi ama il bello, per chi apprezza il vegetale prima e dopo, per gli amanti delle delicate cotture alla griglia, per tutti quelli che cercano il nuovo senza rincorrrerlo e anzi, si godono il cambiare di colori e luci al calar del sole.