Marcia indietroIl crollo del mercato automobilistico in Russia (grazie alle sanzioni)

Sono rimasti solo 2 stabilimenti (su 20) dopo che le imprese straniere si sono ritirate. Non sono più reperibili le componenti di alta qualità per costruire le auto. Per evitare il disastro, il Cremlino ha permesso di costruire le vetture senza rispettare gli standard minimi: niente airbag, nessun sistema di controllo della stabilità o dei freni. Auguri

LaPresse

Negli Stati Uniti è boom, in Europa non si vende, in Russia non si fabbrica più proprio. È questo il quadro dell’industria automobilistica mondiale come risulta dagli ultimi dati. Come hanno ricordato gli ultimi rapporti usciti sull’effetto delle sanzioni, è stata la stessa “Istat russa” Rosstat ad ammettere a giugno che il settore automobilistico è quello in cui la produzione industriale è caduta di più: addirittura dell’89%, contro il 79,6% per i cavi in fibra ottica, del 59,9% per gli ascensori, del 52,3% per i frigoriferi, del 40% per i camion, del 34,4% per i carri merci, del 32,8% per il gas, del 32,4% per le sigarette, del 12,3% per i motori elettricI.

L’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili (Acea) comunicava invece a maggio che nei Paesi Ue, Efta e nel Regno Unito erano state immatricolate 948.149 auto, il 12,5% in meno rispetto allo stesso mese del 2021. E rispetto a maggio 2019 il calo è del 34,3%. Anche negli Stati Uniti il settore era in caduta. Ma a luglio dopo sei mesi negativi è cresciuto del 6,6%, ed ha tirato su tutta l’economia, in modo che la produzione industriale è salita dello 0,6%, invece dello 0,3% previsto 

In Russia il problema sono appunto le sanzioni, che hanno portato sia a un ritiro delle imprese straniere, sia a una scomparsa di componenti. O meglio: ci sarebbero quelle turche o cinesi, che però i consumatori e gli stessi fabbricanti vedono come il fumo negli occhi. Per risolvere il problema, il governo ha allora emanato l’8 giugno un decreto che fino al prossimo primo febbraio permette ai costruttori di ignorare gli standard di sicurezza di base, sia in termini di passeggeri che di tutela ambientale. Niente airbag, dunque. Niente sistemi di controlli della stabilità della vettura o dei freni. Niente filtri o altri congegni antinquinamento. Ma le auto così prodotte, in violazione degli standard europei, non potranno mai entrare nel territorio dell’Unione Europea, neanche se il problema ucraino si risolvesse. 

A giugno erano comunque rimasti aperti appena due stabilimenti, dei venti che c’erano. Uno è AwtoWAZ di Izhevsk, che però ha incentivato tra i dipendenti licenziamenti volontari, dopo che la sua produzione era scesa da 112.000 a meno di 4.000 auto, e si era deciso di chiuderla per cinque mesi.  La società, che è di Stato, produce auto Lada, e per molti anni ha collaborato con la Renault. Ma dopo l’attacco russo all’Ucraina i francesi hanno venduto le loro azioni per un simbolico rublo – più la promessa di un buyback tra sei anni se la situazione tornerà agibile. E si sono ritirati dal mercato russo. 

L’altro stabilimento è cinese. Pure i cinesi si sono offerti di aiutare a riprendere la produzione del marchio automobilistico di epoca sovietica Moskvich, che era cessata nel 1991. Su impulso del sindaco di Mosca Sergei Sobyanin, sarà realizzato nell’ex fabbrica abbandonata da Renault a Mosca. Ancora i cinesi si offrono di rimpiazzare completamente gli occidentali con nuove linee di produzione, che però non potranno funzionare prima di un paio di anni. Renault a parte, le prime a sospendere la propria attività in Russia dopo l’attacco all’Ucraina sono state la Volvo e la Daimler Truck. A ruota hanno seguito la Volkswagen, la Land Rover, la General Motors, la Bmw, la Mercedes, la Stellantis e soprattutto Hyundai e Kia, che erano in testa alle vendite. Stellantis ha pure fatto sapere che da ora in poi ci penserà due volte prima di operare in Paesi con regimi come quelli di Russia e Cina.

Cina a parte, per sostituirle la Russia starebbe pensando all’Iran. Iran Khodro ha appena presentato l’ultimo modello del suo crossover Rira nella fabbrica situata a ovest di Teheran, dove i vertici aziendali hanno annunciato le ambizioni del produttore per il mercato russo. Putin aveva appena visitato Teheran a luglio, incontrando il suo omologo, Ebrahim Raisi, e il leader supremo, Ayatollah Ali Khamenei. E i due governi avevano convenuto di aumentare la cooperazione per affrontare le sanzioni da cui entrambi i Paesi sono colpiti.

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