Ricostruire il PaeseIl Pnrr è un’occasione unica per rilanciare le infrastrutture italiane

Un report di Sace svela che la spesa nel settore era andata calando dal 2008 in poi, per conoscere una breve ripresa grazie al piano Juncker. Ora i fondi del Next Generation Ue rappresentano la miglior possibilità per rimettersi al passo con i nostri pari europei

di Jeremy Bezanger, da Unsplash

Il momento è adesso. Sul piano del sistema infrastrutturale, le risorse del Pnrr rappresentano una possibilità unica (e forse irripetibile) per l’Italia di fermare il declino in atto da quasi 15 anni, invertire la rotta, rafforzare la rete nazionale e rilanciare il Green New Deal italiano. Il settore del resto è, come spiega SACE nel suo Focus On “Ieri, oggi e domani: le infrastrutture in Italia” realizzato da Oxford Economics, «un asset strategico per l’economia di un Paese ed è, al tempo stesso, una condizione necessaria per il pieno sviluppo delle sue potenzialità, sia economiche sia ambientali». Ma l’Italia, dalla crisi del 2008 in poi, era rimasta un passo indietro rispetto ai suoi peer europei.

Per la precisione, spiega il report, la spesa italiana per infrastrutture si è contratta in media del 2,8% l’anno (cinque volte il tasso a cui è decresciuto il Pil nello stesso periodo), passando dai 65,3 miliardi di euro del 2008 ai 45,3 miliardi del 2021. Una dinamica comune, sebbene in misura meno accentuata, anche all’Eurozona (con Spagna e Grecia a segnare le maggiori contrazioni)

La flessione più marcata si è registrata intorno alla fine degli anni ’10, a causa degli effetti delle crisi finanziare sugli investimenti infrastrutturali. Il settore ha conosciuto una leggera ripresa grazie al piano Juncker del 2014, agli impulsi dei governi europei all’economia e a un ritorno di interesse per le grandi opere e per le partnership pubblico-privato. Il sopraggiungere della pandemia, con tutte le chiusure e le restrizioni, ha portato a un nuovo calo – anche se i cantieri non si sono mai completamente fermati.

Ma ora le misure di emergenza e i contributi europei hanno dato un’accelerazione al settore, soprattutto perché l’Italia, in quanto principale destinatario dei fondi del Next Generation UE in termini assoluti, può andare incontro a un cambio di passo rispetto a quanto avvenuto negli ultimi 15 anni: le risorse allocate per lo sviluppo infrastrutturale attiveranno valore aggiunto, sia in forma diretta che indiretta, pari a circa 37,8 miliardi di euro (+2,4% rispetto a uno scenario senza gli investimenti del Pnrr) e un tasso di ritorno aggregato del 63%, che per gli investimenti in costruzioni arriverà al 77% e addirittura all’88% per quelli in ricerca e sviluppo.

A beneficiarne saranno porti, aeroporti e ferrovie, cioè il comparto che più crescerà nei prossimi cinque anni (+3,8% all’anno). Subito dopo vengono le infrastrutture per l’energia elettrica e il gas (+3,2%), che vedranno una spinta dovuta alla transizione energetica, in una logica di accrescimento della tecnologia impiegata negli ambiti efficienza, sicurezza e sostenibilità ambientale.

Gli sviluppi riguarderanno tutto il territorio italiano: dalle direttrici ferroviarie Verona- Brennero e Napoli-Bari al porto di Genova, dal nuovo hub aeroportuale di Brescia ai nuovi impianti eolici offshore della Sardegna. Non mancheranno le sfide per le imprese coinvolte: da un lato si dovrà fare i conti con la riduzione delle società attive nel settore e dall’altro all’incremento dei costi e delle difficoltà di approvvigionamento di materie prime energetiche e industriali avviato dal mismatch domanda-offerta da metà del 2021 e dallo scoppio del conflitto in Ucraina.

Ma “The time is now”: oltre all’eccezionale contributo del Pnrr, il sistema bancario e il sostegno di SACE potranno ampliare le risorse necessarie per coprire eventuali financing gap. Non solo: con strumenti dedicati di supporto in ambito domestico e internazionale, SACE può sostenere le imprese del settore nelle loro esigenze di fideiussioni a copertura delle diverse fasi del ciclo realizzativo dell’opera, come attuatore del Green New Deal italiano e, nel più breve termine, attenuare l’impatto legato al conflitto in Ucraina dei maggiori costi di produzione sui margini operativi delle nostre imprese, sostenendo l’import strategico di materie prime e semilavorati e l’individuazione di fonti alternative di approvvigionamento nell’ambito dell’operatività di rilievo strategico.

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