Le differenze tra Mozart e Wagner sono talmente tante che sarebbe difficile elencarle tutte. Il primo è nato a Vienna nel Settecento, il secondo era tedesco ed è vissuto nel tardo Ottocento. Mozart disponeva di un‘orchestra piccola, da camera. L‘orchestra di Wagner era sontuosa, poderosa, composta di elementi numerosissimi. Wagner godette subito di un successo incondizionato, tanto che gli dedicarono un intero festival nella città di Bayreuth. A Mozart venne riconosciuto lo status di genio, ma in maniera minore, più lenta, forse meno grandiosa, soprattutto e in parte perché la sua musica restò sempre, essenzialmente, non ideologica. Wagner, come sappiamo, fu un vero e proprio punto di riferimento per il movimento nazional-socialista tedesco.
Oggi, in questo tempo confuso, disordinato, informe, Wagner è il nome di una formazione di mercenari russi alle dipendenze di Vladimir Putin, e diventato oggi tristemente celebre per il ruolo giocato nella guerra in Ucraina, soprattutto nella regione separatista del Donbass (ma agiscono anche in Africa, dove vantano una presenza sempre più radicata). Alcuni sostengono una dichiarata adesione al nazismo, o meglio, a quello che il fondatore Utkin definisce “nazismo esoterico”.
Dall‘altra parte, invece, è sorto il gruppo Mozart. Un‘associazione privata americana, quasi segreta, a sostegno degli ucraini. La sua stessa natura, infatti, ricorda l‘assetto dei complessi del musicista di Salisburgo: esigua, ermetica, sapiente.
È composta da non più di trenta uomini, quasi tutti di origine anglosassone, di età compresa tra i trenta e i quaranta, che non intendono partecipare in alcun modo azioni militari. I loro obiettivi sono principalmente umanitari. Intervengono nella formazione degli ucraini, tentano di insegnare loro a difendersi, ma senza iniziative dirette. Non vogliono e non devono prendere parte ai combattimenti. Sono infatti reduci di guerra, esponenti di truppe di alto lignaggio. Il fondatore, il capitano Andy Milburn, è un colonnello dei marines ora in pensione dopo trentun anni di servizio. «Se uno degli uomini viene coinvolto all‘interno di scontri deve lasciare Mozart», ha dichiarato a Le Monde, specificando che molti di loro non portano con sé neanche un‘arma.
Molti degli ucraini che resistono all‘offensiva russa sono spesso sprovvisti di un addestramento, risultano inesperti e in difficoltà. La maggior parte di loro sono volontari e non si sono mai trovati nella posizione di dover reggere un mitra. Spesso tra le reclute compare qualche donna. A Bakhmout, nell‘Ucraina orientale, i soldati del 72esimo reggimento sono spossati e non hanno più di vent‘anni. Ecco che allora i componenti del gruppo Mozart si avvicinano e domandano se sono interessati a ricevere un periodo di vera formazione militare, gratuita naturalmente, che di solito ha una durata prevista di dieci giorni, e si focalizza sui rudimenti classici del combattimento: il maneggio delle armi, e le tattiche sul campo. Ci si iscrive in modo diretto, senza cioè passare per il ministero della Difesa ucraino, e in generale ogni sessione vede radunate circa 40 persone (dovrebbero essere almeno il doppio, ma è difficile per gli ucraini lasciare anche solo per un breve periodo il fronte). E negli ultimi quattro mesi sono stati formati più di 2.500 soldati ucraini.
Nessuno degli affiliati al gruppo Mozart è disposto a svelare la sua identità. Così come anonimi sono i donatori che, attraverso internet, finanziano le loro attività. L‘obiettivo che li anima è soltanto uno: sconfiggere, abbattere un nemico comune. Ma occorre farlo con estrema prudenza, anche per non dare appoggio alla propaganda del Cremlino, che sostiene che siano presenti sul campo dei combattenti della Nato.
Non è così: Washington dall’inizio del conflitto si è premurata di fare evacuare tutti i consiglieri militari americani presenti nel Paese. Il suo sostegno è logistico e in armamenti, ma non in soldati. Alla Casa Bianca preme scongiurare la minaccia di uno scontro diretto con la Russia. Anche per questo il Pentagono rifiuta e nega qualsiasi tipo di connessione con il gruppo Mozart (così come fa con le altre società militari private nel mondo, sempre più numerose nei Paesi a rischio) e, conferma Milburn, «Non fa altro che dire la verità».
Oltre alla formazione, da fine febbraio si sposta di regione in regione, di città in città, per provvedere ad acqua, cibo, rifornimenti e vestiti. Non temono di fare troppo. Il rischio vero, secondo loro, non è un progressivo coinvolgimento nel conflitto, che porterebbe a uno scontro sempre più alto e incontrollabile. Al contrario, il loro timore è quello di fare troppo poco. Un domani, si dicono, «la gente si chiederà solo se fosse davvero necessaria tutta questa prudenza, e se non si potesse fare di più».