Non ci sono certezze È giunto il momento di sospendere il sistema Ets dell’Unione europea?

Il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue ha ottenuto risultati positivi in un contesto in cui il prezzo del gas viaggiava su livelli ragionevoli. Ma in piena crisi energetica, secondo alcuni, non ha più ragione di esistere e andrebbe abolito, in quanto strozzerebbe ulteriormente le imprese sul filo del rasoio

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Può un sistema che, in 16 anni, ha ridotto del 42,8% le emissioni di gas serra delle aziende aderenti, essere messo in discussione? A quanto pare sì, perché in un contesto in cui il prezzo del gas è arrivato a toccare i 350 euro per Megawattora (MWh) – 14 volte più alto rispetto allo standard di mercato precedente all’invasione russa in Ucraina – tutte le nostre certezze vacillano ed è necessario un ripensamento di alcune misure. 

Stiamo parlando del Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione europea (Eu-Ets), istituito nel 2005, attivo in 31 Paesi europei e in grado di limitare l’impatto ambientale di circa 11.000 impianti ad alto consumo energetico (fabbriche e centrali elettriche). L’Ets si fonda sul principio del “cap and trade” e ha due obiettivi: tenere sotto controllo le emissioni e contrastare la crisi climatica, innescata dall’anidride carbonica e dagli altri gas a effetto serra prodotti dalle attività antropiche. 

Come funziona? Annualmente, ogni azienda europea inquinante riceve dei crediti per ogni tonnellata di anidride carbonica (o per l’ammontare equivalente di un altro “greenhouse gas”) che può produrre (secondo i limiti imposti dall’Ue). A quel punto, le strade che può imboccare l’azienda sono due: usare quei crediti per emettere dell’anidride carbonica o vendere alcune quote ad altre aziende, investendo denaro per tecnologie più ecosostenibili. 

Nel 2021, il sistema Eu-Ets è entrato nella sua quarta fase (durerà fino al 2030), che ha previsto una riduzione (-2,2%) delle quote di emissione disponibili. In questo modo, idealmente, i gas serra prodotti dovrebbero calare ulteriormente, considerando che le aziende hanno meno “bonus” per inquinare. Tuttavia, lo scatto è avvenuto quando la guerra in Ucraina non era ancora cominciata, e quando le minacce della Russia erano – di fatto – solo minacce. Il sistema era quindi modellato su prezzi, rischi geopolitici e prospettive differenti. 

Ora, quindi, c’è chi ne chiede la totale abolizione, in quanto rappresenterebbe «una tassa in più» per imprese già strozzate dalla crisi energetica. Secondi alcuni esperti, il Sistema di scambio di quote di emissione è divenuto anacronistico e inadeguato, dopo che in passato sarebbe stato tra i responsabili dell’aumento dei prezzi dell’energia: ci sono meno quote disponibili (che costano sempre di più) e c’è meno gas naturale, ma la domanda rimane pressoché la stessa.  

In politica, tra i più grandi sostenitori dell’abolizione del sistema Eu-Ets è Carlo Calenda, segretario di Azione, secondo cui «bisogna comunicare a Bruxelles la sospensione immediata dei crediti Ets, i cosiddetti certificati sulle emissioni che le imprese acquistano in base a quanto inquinano, che di fatto sono una tassa in più che non ci possiamo permettere». Il tema è stato recentemente sollevato su Twitter anche da Chicco Testa, presidente di Assoambiente, che a “Il Verde e il Blu Festival” del 23-25 settembre a Milano (Biblioteca degli Alberi) parlerà di transizione energetica e mobilità sostenibile. Gli abbiamo fatto qualche domanda per capire perché, secondo lui, il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione europea andrebbe sospeso. 

Per quali ragioni ritiene che le quote di emissione non abbiano più ragione di esistere?
«Gli Ets sono stati creati per rendere meno appetibili i combustibili fossili. Aveva un senso quando il gas costava 15 euro a megawattora (MWh), ma adesso che ne costa 350 come fai ad alzare ancora il prezzo? È un po’ come la benzina: io ho un’accisa importante quando la benzina mi costa 1,5, 1,7, 1,8; ma se mi costa 2 euro e mezzo devo diminuire le tasse, come ha fatto il governo italiano. L’Unione europea non ne vuol sentir parlare perché il sistema Ets porta ricavi che vanno anche nel bilancio europeo, ma è giunto il momento di scegliere. L’Ue si è giocata tutte le carte sul Green Deal, ma è un Green Deal basato sul presupposto che il gas russo continuasse ad arrivare abbondante (e a basso prezzo). Pensavamo di avere il tempo di fare tutta la transizione energetica. Invece ci hanno colti completamente indifesi». 

Ci sono alternative al sistema Eu-Ets?
«Non c’è bisogno di alternative. L’intenzione dell’Ets era quella di ridurre il consumo di gas e carbone. Ora, il prezzo assurdo che hanno raggiunto questi combustibili è già di per sé scoraggiante. La gente risparmierà per forza quando vedrà arrivare le bollette due o tre volte più alte rispetto a quelle degli anni precedenti. Se tu, nonostante questo, metti su una tassa, vuol dire che stai andando a impattare sul consumatore finale. Il sistema Ets sul vecchio prezzo del gas faceva una cifra complessiva non paragonabile con quella di oggi. Avrei capito se avessero deciso di ridare ai consumatori tutti i soldi incassati dagli Ets sotto forma di sovvenzioni di varia natura. Bisogna poi specificare che alla crisi energetica va ad aggiungersi un’inflazione altissima e il fatto che la Banca centrale europea si appresta a fare un ulteriore aumento dei tassi di interesse: uno scenario da incubo. Io penso che pochi abbiano capito quale profondità e quali conseguenze potrà avere questa crisi, la più grave mai attraversata dall’Unione europea negli ultimi 20-30 anni». 

Come possiamo mitigarne gli effetti? 
«Bisogna combinare misure di breve periodo e annunci su misure di lungo periodo. Cosa può scoraggiare la Russia? Può essere scoraggiata se capisce che l’Europa non sarà più il suo mercato. Oggi è una partita a scacchi, perché la Russia non ha molte alternative al mercato europeo: per lei è il mercato più importante, anche più della Cina. Se oltre a fare misure di breve periodo – come una drastica riduzione dei consumi per abbassare la domanda – bisogna annunciare misure da attuare nei prossimi cinque, dieci anni». 

Quali? 
«Ripartire con un programma nucleare in tutta Europa: se chiudi le centrali nucleari e le sostituisci con le centrali a gas e a carbone non hai fatto un grande affare. E ancora: bisognerebbe riaprire le esplorazioni e lo sfruttamento delle risorse fossili nazionali: nei nostri mari ci sono quantità importanti di gas e petrolio che lasciamo lì. Non possiamo più dipendere né dalla Russia né dall’estero. E poi è necessario puntare sullo sviluppo delle rinnovabili: liberalizziamo completamente l’installazione di tetti fotovoltaici sulle industrie senza impazzire con la burocrazia».