«Abolizione dei jet privati», recita l’immagine pubblicata sui social da alcuni esponenti dell’alleanza Verdi-Sinistra Italiana. Una proposta elettorale comunicata male e irrealizzabile che ha però – almeno in Italia – riaperto un tema sensato e di cui è necessario parlare con lucidità. Un tema che, preso singolarmente, può apparire superfluo, ma che acquisisce valore nel quadro di un piano ambizioso e strutturato per la decarbonizzazione del settore dei trasporti. Gli aerei privati sono esentati dal sistema comunitario per lo scambio delle quote di emissione (Ets-Ue), e al momento non esiste alcuna tassa sul cherosene: è necessaria una svolta, soprattutto alla luce del recente aumento del numero di questi voli. Ma la strada più giusta e meno ingenua, come spiegheremo più avanti, non è il divieto totale.
I jet privati, prima di diventare i protagonisti dei dibattiti social in Italia, erano in cima all’attualità francese ormai da diversi giorni. I Verdi di Julien Bayou avevano annunciato la loro volontà di proporre una legge per bandire gli aerei privati, mentre il ministro dei Trasporti Clément Beaune – chiaramente più moderato – aveva genericamente promesso di regolamentare questi voli. I politici italiani hanno quindi cavalcato la viralità del tema, dando (frettolosamente) in pasto a Twitter la proposta diversi giorni dopo la pubblicazione dei programmi ufficiali.
La discussione si è riaperta anche grazie ai cinguettii dell’account Twitter “I Fly Bernard”, il cui obiettivo iniziale era quello di monitorare le emissioni derivanti dai viaggi aerei dell’imprenditore Bernard Arnault, ceo di LVMH. «63 miliardari francesi emettono la stessa quantità di Co2 del 50 per cento della popolazione», si legge nella descrizione del loro profilo. In Italia abbiamo “Jet dei ricchi”, che stima l’impatto ambientale dei voli privati delle persone più facoltose d’Italia. La proposta di bandire gli aerei privati è nel programma dell’alleanza Verdi-Sinistra Italiana e di Unione Popolare (che mira anche a una «progressiva eliminazione dei viaggi aerei su tratte brevi coperte da adeguate linee ferroviarie»), oltre che nell’agenda climatica dei Fridays for future.
Se, da una parte, il volo privato da 17 minuti di Kylie Jenner ha di per sé un impatto irrilevante sul clima, dall’altra viene (giustamente) concepito come una mancanza di rispetto verso il pianeta e i cittadini che stanno cercando di fare la loro parte in quella che è una battaglia di tutti. Ricchi e poveri. Una piccola-grande ingiustizia che non tiene conto del fatto che, come in ogni crisi, anche quella climatica sta danneggiando e danneggerà maggiormente le fasce meno abbienti della popolazione (quelle che inquinano meno). Secondo una ricerca pubblicata nel 2020 dallo Stockholm environment institute (Sei) e Oxfam, tra il 1990 e il 2015 l’1 per cento più ricco della popolazione mondiale è stato responsabile del doppio delle emissioni di anidride carbonica rispetto alla metà più povera. Ecco perché stiamo parlando di un tema rilevante anche in termini di giustizia sociale e climatica.
Ma qual è l’impatto ambientale dei jet privati? Saperlo con certezza è complesso, ma ci sono diverse stime più o meno conformi tra loro. Secondo Transport & Environment, associazione di Ong che lavorano nella mobilità sostenibile, questi aerei sono da 5 a 14 volte più inquinanti di quelli commerciali. Oliver Milman, giornalista ambientale del Guardian, ha scritto che voli del genere emettono in totale circa 33 milioni di tonnellate di gas serra: più di tutta la Danimarca. Tuttavia, considerando che si tratta di un lusso per pochi, i jet privati causerebbero solo il 4 per cento delle emissioni totali del traffico aereo (dato del 2018 di uno studio pubblicato sulla rivista Global environmental change). Secondo l’Associazione europea per l’aviazione d’affari (Ebaa), negli aeroporti italiani ci sono 194 jet privati, di cui 133 registrati fiscalmente nel nostro Paese. Una cifra ridotta ma che non inquadra l’argomento in modo esaustivo, visto che non tiene conto della totalità dei voli effettuati. Ad esempio, stando alla società specializzata WingX, nel 2021 le partenze dei jet privati in Italia sono state circa 55mila.
Il problema è che il numero di voli privati, spesso di breve durata e senza passeggeri a bordo (il 40 per cento delle volte, secondo il Private Jet Club UK), sta crescendo con una rapidità da non sottovalutare. E la colpa è anche della pandemia. Sempre secondo Transport & Environment, le emissioni provenienti dai jet dei più ricchi sono aumentate del 31 per cento dal 2015 al 2019: molto più velocemente dell’aviazione commerciale. Nel 2019, il 10 per cento degli aerei decollati in Francia era privato. In Italia, secondo gli analisti di WingX, nel gennaio 2022 sono stati segnalati 272.568 movimenti dei “business jet”: il 19 per cento in più rispetto al gennaio 2020 e il 15 per cento più rispetto al gennaio 2019. Per fare un paragone, il dato riferito ai voli di linea si aggira attorno a quota 1,6 milioni (-22 per cento). Altri numeri di WingX mostrano che, a livello mondiale, nelle prime tre settimane dell’agosto 2022 i voli privati sono aumentati del 13 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. E in Europa la crescita è stata del 20 per cento.
Tornando alla proposta dell’alleanza Verdi-Sinistra Italiana, quella del divieto totale è una via non percorribile e infruttuosa. Una regolamentazione di questo settore pieno di zone grigie è però necessaria, e la strada giusta potrebbe essere quella di tassare chi usa i jet privati (di proprietà o a noleggio). Transport & Environment, in particolare, ritiene che la miglior soluzione (nel breve periodo) sia quella di imporre una tassa sul “biglietto” e sul carburante, in base alla distanza del volo e al peso dell’aeromobile.
«Su tutti i voli privati in partenza dall’Europa suggeriamo di imporre una tassa sul biglietto con tariffe simili a quelle applicate dalla Svizzera (unico Paese europeo che tassa i jet privati, ndr), ovvero di almeno 3.000 euro», si legge sul sito ufficiale della Federazione europea per il trasporto e l’ambiente. Imporre una tassazione in un singolo Paese è quindi poco utile: servono misure impostate a livello continentale per evitare che i cittadini più ricchi si rifugino laddove i servizi sono migliori.
«Paradossalmente, il settore dei jet privati può essere un’opportunità per accelerare la decarbonizzazione del settore aereo. Ovviamente, la miglior soluzione sarebbe quella di non viaggiare più su un jet privato, ma non bisogna essere ingenui. Ci vuole una soluzione ibrida. Bisogna senza dubbio trovare delle alternative ai jet privati, ma c’è gente che continuerà comunque a usarli». spiega a Linkiesta Matteo Mirolo, sustainable aviation policy officer di Transport & Environment.
«Noi proponiamo di mettere una data, il 2030, entro cui non si potrà più viaggiare su un aereo privato che usi del carburante fossile. Ma bisogna pensare anche a soluzioni applicabili subito. Quali? La tassazione è il miglior modo per permettere agli Stati di investire anche in tecnologie più sostenibili nel settore aereo. Il cherosene è tassato meno del carburante per le automobili. In sostanza, i più ricchi possono volare senza essere tassati. Con una tassa sul cherosene si potrebbe recuperare 1 miliardo di euro a livello europeo dal 2024 alla fine del 2029. Un’altra tassa – proposta in Francia da una convenzione cittadina purtroppo non ascoltata dal governo – potrebbe essere di 60 centesimi per chilometro percorso con i jet privati. Questa potrebbe garantire un ricavo di 3 miliardi dal 2024 fino alla fine del 2029», aggiunge Mirolo.
È in questo modo che coloro che utilizzano i jet privati potrebbero – mettendo a disposizione una piccola parte del loro patrimonio – dare un contributo in termini di ricerca e sviluppo. Nella speranza di rendere il settore dell’aviazione più sostenibile in termini ambientali. Mirolo ha specificato che «si tratterebbe comunque di tasse basse, di qualche centinaio di euro su un volo a corto raggio. Chi usa un jet privato può paradossalmente diventare un promotore di soluzioni non inquinanti».
Queste soluzioni sono molteplici: dai carburanti verdi agli aerei a idrogeno o elettrici. «Non cambiando gli aerei attuali, si può utilizzare del cherosene non fossile, che viene dalla biomassa o che è realizzato attraverso una sintesi tra idrogeno e Co2. Noi preferiamo di gran lunga il secondo: la qualità del cherosene dipende dalla materia prima con cui viene realizzato, e certi come l’olio di palma sono davvero problematici per ambiente e biodiversità. Quelle di cui ho parlato ora sono soluzioni immediate, mentre nel medio-lungo termine dovremo avere aerei privati nativamente decarbonizzati (a idrogeno o elettrici). Mezzi del genere, però, non arriveranno prima di qualche anno. In tal caso si tratta di investire in quelle aziende che stanno sviluppando questi nuovi sistemi di propulsione», dice Mirolo. Tasse del genere, ovviamente, non servirebbero a disincentivare l’uso dei jet privati, scelti da cittadini che non si fanno di certo spaventare da qualche centinaio o migliaio di euro. Tuttavia, potrebbero rivelarsi decisamente utili sotto altri fronti.