Trasformare in un’opera d’arte i “movimenti” che avvengono nel nostro cervello durante una lunga sessione di meditazione, rendendo visibile l’invisibile. È questo l’obiettivo dell’ambizioso progetto di Daniel Lumera, biologo naturalista, scrittore ed esperto di scienze del benessere. Nei suoi anni di formazione ha affinato le tecniche meditative assieme ad Anthony Elenjimittam, discepolo diretto di Gandhi, che gli ha insegnato «l’umiltà, la semplicità e l’importanza di vivere in uno stato di amore, di meraviglia, di vicinanza».
L’iniziativa sperimentale si chiama “La mente meditante. Art, Science, and an Enlightened Mind” e avrà luogo al Maxxi di Roma dal 20 al 24 settembre. Il fil rouge consiste in un improbabile ma affascinante dialogo tra linguaggi universali che, solo in apparenza, sono completamente diversi tra loro: la scienza, l’arte e la meditazione: «Sono comprensibili da tutti perché hanno rotto delle barriere culturali. Unirli, per me, significa trasmettere un messaggio di inclusione, di amore verso le diversità», spiega Lumera a Linkiesta Eccetera. «Ho sentito il professor Giacomo Rizzolatti (il neuroscienziato che, negli Anni ‘90, scoprì i neuroni specchio, ndr) e gli ho chiesto se fosse possibile rendere manifesto l’invisibile, dimostrando che la mente meditante non è una mente che si assopisce: c’è una grande attività che coinvolge le abilità cognitive, la memoria, i processi di invecchiamento e di infiammazione, la gestione delle emozioni».
Lumera vuole dimostrare che una pratica come la meditazione, legata al silenzio e all’introspezione, si fonda su una solidissima base neurobiologica. E che può essere trasformata in arte tangibile, concreta e piacevole alla vista. Perché il cervello di una persona che medita non è in stand-by: è estremamente attivo e creativo. È come se si stesse allenando nell’ottica di rendere al meglio durante le interazioni quotidiane. Queste pratiche, infatti, coinvolgono le abilità cognitive, la memoria, i processi di invecchiamento e di infiammazione, la gestione delle emozioni.
Il progetto di Daniel Lumera è dunque pensato anche per gli scettici, per coloro che credono solo a quello che vedono e scuotono la testa quando sentono le parole “concretezza” e “meditazione” nella stessa frase: «Mia mamma, quando a 19 anni mi vedeva quattro o cinque ore con gli occhi chiusi, pensava che stessi perdendo tempo. Invece non sapeva che in realtà le mie reti neurali si stavano riorganizzando per sviluppare quelle attività sociali che avrebbero determinato una traiettoria di successo. In una società votata al dire, saper essere fa la differenza», afferma Lumera.
Nel pratico, un caschetto deputato al monitoraggio neuronale rileverà le onde cerebrali di un gruppo di persone che mediterà per sette ore consecutive nell’arco di cinque giorni: «Questa proiezione diventerà un quadro vivente che si modifica costantemente. Il cervello verrà denudato».
A meditare assieme a Lumera saranno anche ospiti provenienti dalla comunità scientifica, l’imprenditoria e lo spettacolo: «Avremo grandi ospiti musicali», assicura il biologo naturalista. Il pubblico che si recherà al Maxxi potrà interagire in tre modi diversi con la performance artistica. Dalle 11 alle 19, chi vuole può semplicemente sedersi e ammirare i maxischermi che trasmettono le onde cerebrali (colorate con sfumature che vanno dal blu al rosso) delle persone che meditano. In alternativa, chi desidera mettersi in gioco può partecipare alla sessione di meditazione (senza “elmetto”) o diventare parte dell’esperimento: «Il terzo è il livello di interazione più raffinato, perché permette di salire sul palco con me e di indossare il caschetto, entrando a tutti gli effetti nell’opera d’arte», dice Lumera.
In questo modo, chiunque, può diventare parte attiva di un progetto unico a livello europeo, mettendo a nudo il proprio cervello. Più il “quadro vivente” sui maxischermi sarà articolato e colorato, più le attività cerebrali saranno intense durante le pratiche meditative: «C’è tanto di concreto in questa attività. Vogliamo dimostrare che, quando si medita, non si sta affatto perdendo tempo», sottolinea Lumera. Niente e nessuno interpreta l’astratto meglio dell’arte, e questo esperimento ne è l’ennesima dimostrazione.