La nazionalizzazione di Uniper, il colosso per l’importazione del gas russo, è una scelta che rivela quanto oggi, in Germania, l’approvvigionamento energetico svolga un ruolo decisivo per la tenuta interna del Paese, al punto da spingere il governo a scelte radicali e, per certi versi, in rottura con gli ultimi anni.
Uniper, in condizioni normali, fornisce al Paese più di un terzo del totale di gas naturale utilizzato, ma con le interruzioni alle forniture il rischio di fallimento era troppo alto: il governo investirà quindi 8 miliardi di euro per aumentare la sua quota al 99%, in una mossa vista come strategica per la tutela dell’industria e della società tedesca: «Lo Stato farà tutto ciò che è in suo potere per dare stabilità alle imprese e permettere loro di continuare a operare sul mercato», ha dichiarato Robert Habeck, leader dei Verdi e Ministro tedesco per l’Economia.
In effetti, le dichiarazioni di Habeck mostrano un interventismo economico a cui Berlino non è abituata. Se è vero che l’economia sociale di mercato, che ha costituito per decenni l’ossatura economico-sociale tedesca, si è basata spesso su una concertazione sociale e un dirigismo del governo a volte più marcato di quanto si possa pensare, è innegabile che gli interventi statali più recenti rappresentano qualcosa di nuovo.
A giugno, il governo ha varato un piano di aiuti di 10 miliardi per Gazprom Germania, la diramazione tedesca del colosso russo, mentre venerdì scorso è stata posta sotto controllo statale la filiale nazionale della compagnia petrolifera russa Rosneft, per salvare una raffineria le cui attività erano a forte rischio a causa delle interruzioni alle forniture.
La nazionalizzazione di Uniper, dunque, si inserisce in un percorso preciso: come Paese più esposto alle ritorsioni russe sul gas, la questione energetica è particolarmente pressante in Germania. Negli scorsi mesi, il Paese ha ridotto la sua dipendenza dal gas russo, che oggi rappresenta meno del 35% delle importazioni: una percentuale consistente, ma molto minore al 45% di febbraio, prima dell’invasione dell’Ucraina.
Una situazione che mette a rischio il sistema produttivo, facendo da più parti paventare uno scenario di recessione (la Commissione Europea, per esempio, ha rivisto le stime di crescita dal +1,3% a -4,8%). La pressione sul governo aumenta ovviamente anche sul piano sociale, come hanno mostrato a settembre diverse manifestazioni organizzate dalle opposizioni: il partito di estrema destra AfD è sceso diverse volte in piazza, cercando di raccogliere consenso, e lo stesso ha fatto la sinistra della Linke.
Nelle scorse settimane, il Cancelliere Olaf Scholz, socialdemocratico, ha introdotto una serie di misure forti sul piano sociale, come l’aumento a 500 euro dell’importo di Hartz IV (una misura di sostegno al reddito), la cui platea di beneficiari verrà inoltre ampliata, una tassa sugli extra profitti delle aziende energetiche e bonus bollette per pensionati e studenti.
Gli aiuti del governo contro il caro energia, inoltre, hanno visto recentemente un ulteriore pacchetto da 65 miliardi di euro, arrivando a un totale di 95 miliardi (circa due punti e mezzo del PIL). Anche la riduzione dell’IVA sul gas al 7% andava nella direzione di alleggerire il peso dei rincari sui consumatori, ma ha visto critiche dalle PMI, che avrebbero voluto una diminuzione delle tasse sul gas.
Attualmente, secondo il governo, la Germania ha riserve di gas tali da riempire il 90% della sua capacità di stoccaggio. Nelle scorse settimane, Scholz ha iniziato a delineare nuovi accordi di fornitura con Canada e Spagna, proseguendo un lavoro già iniziato in primavera da Habeck con altri Paesi fornitori.
Se le misure a sostegno dei redditi più deboli sono perfettamente in linea con l’identità del governo (che vede tra i partiti maggiori i socialdemocratici e i verdi, con i liberali come minoranza interna) è evidente però che gli interventi recenti verso alcune realtà strategiche, come Uniper, rivelano una situazione nuova.
La pericolosità della situazione attuale sul piano economico e sociale sta costringendo il governo tedesco a intervenire in maniera più dirigista nella vita produttiva del Paese di quanto la Germania fosse abituata durante l’era Merkel. Se questa linea mette d’accordo SPD e Verdi, potrebbe però aumentare le tensioni interne alla maggioranza tra questi due partiti e la FDP, i liberali di Christian Lindner.
L’efficacia delle misure varate sarà centrale per Scholz per risalire nei sondaggi. Da mesi il Cancelliere è visto come troppo titubante nel suo sostegno all’Ucraina, e recentemente anche Habeck, divenuto inizialmente uno dei politici più apprezzati a livello nazionale per la sua gestione della crisi energetica e per le sue posizioni nette a sostegno di Kyjiv, si trova al centro di critiche ora che è chiaro che gli aiuti del governo non potranno accontentare tutti.
In questo scenario, coniugare la tenuta industriale e quella sociale sarà fondamentale per Scholz per tenere alto il sostegno al governo durante un autunno e un inverno che si preannunciano complessi per tutta Europa, ma che in Germania potrebbero essere più spinosi.
Un sondaggio della prima metà di settembre condotto da Statista, tuttavia, ha mostrato come il 70% delle persone intervistate si dichiarasse favorevole a proseguire sulla linea di sostegno a Kyjiv anche a fronte dell’aumento dei prezzi dell’energia: un dato trasversale ai partiti, condiviso dal 97% degli elettori Verdi e dall’82% dei socialdemocratici, che scende sotto il 70% solo nel caso dell’elettorato Linke (59%) e AfD (30%).
Al di là delle proteste, quindi, Scholz può fare affidamento su un dato evidente: da quando è iniziata l’aggressione russa, la maggioranza dell’opinione pubblica tedesca è sempre stata favorevole tanto alle sanzioni quanto al supporto attivo all’Ucraina, con fette consistenti di elettorato che rimproveravano persino al Cancelliere di non fare abbastanza.