Shall you drink?Pizza e cinema, il binomio che non regge più

Non si esce più per andare a vedere uno spettacolo limitandosi a mangiare qualcosa prima o dopo, ma si organizzano le serate in due precisi momenti

Foto LicorBeirao - Pixabay

Dentro e fuori dalla cucina, ci sono incontri fortunati destinati a durare nel tempo, matrimoni felici che uniscono elementi diversi in abbinamenti canonici, all’apparenza spontanei e naturalissimi, tanto da essere percepiti come inevitabili.

Le lasagne e i pranzi della domenica, il cocco fresco e le vacanze al mare, la carne alla griglia e le gite con gli amici, il cioccolato e le serate romantiche, le bollicine e qualcosa da festeggiare: la tradizione gastronomica italiana è fatta soprattutto di occasioni, di ricette che si trasformano in evocazioni familiari, di gusti noti e rassicuranti, di situazioni culinarie che creano associazioni mentali e aspettative emotive, alcune soggettive, altre entrate a pieno titolo nell’immaginario collettivo.

Almeno finché non arriva qualche chef innovativo a rivoluzionare l’abituale con nuovi spunti di riflessione e di gusto.

Coordinate spazio-sensoriali: dove, come, quando e perché
Fin dall’antichità, in tutte le culture, il cibo è associato alla convivialità, alla festa e alla condivisione di momenti di gioia. Oggi è diventato il fulcro di una serie di rituali quotidiani, che si susseguono nel corso della giornata e trasformano ogni pasto in un’esperienza che va ben oltre la pura percezione del gusto.

Non si mangia più solo una pietanza, ma si assapora un preciso “essere qui e ora”, si gusta la compagnia di una data persona, si tesse la trama una storia, fissando nella memoria una nuova coordinata attorno a cui costruire un ricordo piacevole. In un’espressione: “pizza e cinema”, ovvero la formula magica che, almeno fino agli anni Novanta (ma forse per qualcuno anche oltre) ha riassunto e cristallizzato l’idea della serata amichevole e democratica, a base di cibo (semplice) e intrattenimento (facile).

L’evasione impegnata: il divertimento diventa arte (e viceversa)
Negli ultimi 20 anni (almeno), il buon cibo ha rivendicato la sua autonomia rispetto all’intrattenimento cui, per tradizione, ha fatto da compendio collaterale.

Il pasto ha preteso una propria dignità, indipendente dalla nobiltà di ciò che lo precede, lo segue o lo contorna e anzi, talvolta ha assunto il ruolo di protagonista, facendosi esso stesso performance artistica ed entrando in provocatoria competizione con le forme più classiche di divertimento, più o meno prêt-à-porter.

Insomma, oggi non si esce più per andare a teatro o al cinema, limitandosi a “mangiare qualcosa” prima o dopo lo spettacolo, bensì si organizza la serata in due momenti (non necessariamente distinti) in cui cibo e nutrimento per l’anima si completano a vicenda.

Dalla tavola allo schermo (e ritorno)
Se il cinema si propone di rappresentare sentimenti universali e offrire spunti di riflessione su situazioni ed emozioni in cui ciascuno può riconoscersi, sono sempre di più le pellicole che lasciano crescente spazio all’elemento “cibo”, elevandolo da semplice comparsa a vero e proprio protagonista, e trasformando l’atto della sua preparazione, il momento del pasto o l’esperienza del gusto in senso assoluto (solitaria e fuori da qualsiasi contesto), nel pretesto per un’argomentazione più ampia sui rapporti interpersonali, intimi e sociali, in una chiave di lettura dei caratteri individuali e delle relazioni tra personaggi, e nel pretesto per far emergere desideri negati ma inevitabili in qualsiasi essere umano.

Si va da Il pranzo di Babette (film del 1987 tratto dall’omonimo racconto di Karen Blixen, pubblicato nel 1950), in cui l’allestimento di un banchetto diventa l’occasione per esprimere talento artistico e per sedurre e inebriare commensali puritani abituati all’astensione da qualsiasi piacere, a Chocolat (2000, tratto dal romanzo dell’autrice
britannica Joanne Harris) in cui l’apertura di una pasticceria mette in crisi l’opprimente tranquillité di un piccolo paesino della Francia, riportando allegria e felicità tra i suoi abitanti. Da Mangia, prega, ama (2010), la storia di un viaggio femminile intorno al mondo e ai piaceri del palato della buona cucina italiana, preludio di una riscoperta di sé, dei propri bisogni e desideri, a The dinner (2017) in cui, portata dopo portata, una cena di lusso tra due famiglie fa venire a galla segreti e dilemmi morali, convenzioni sociali e apparenze borghesi, di fronte ai quali i rapporti, passando per Ratatouille (2007) un film d’animazione ambientato nella Francia degli anni Sessanta, che sottolinea il profondo legame tra apprezzamento del cibo e ricordi a cui esso è legato.

Dal red carpet alla tovaglia
Data la sua capacità d’incontrare l’apprezzamento del vasto pubblico, la “settima arte” è diventata a sua volta fonte d’ispirazione per la cucina dei grandi chef, stimolandoli a giocare sulle suggestioni cinematografiche per arricchire i propri menù con una “extra-dimensione” che trascende il semplice gusto.

Il primo esempio ufficiale è rappresentato dall’Imaf Chefs’Cup 2014, la gara itinerante tutta italiana dedicata al cinema, in cui nove coppie di cuochi stellati si sono sfidati con un menù ispirato ai successi del grande schermo.

Si prosegue poi con il ristorante Clandestino-susci bar dello chef stellato Moreno Cedroni, che lo scorso marzo ha lanciato il progetto “sushi movies”: una carrellata di proposte che giocano con i titoli delle pellicole più famose e le trasformano in un viaggio culinario che i clienti possono compiere direttamente sulla spiaggia del Conero.

Infine si arriva ai menù che omaggiano il grande cinema italiano in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, come quello firmato dallo chef stellato Paolo Gramaglia per Villa Barbarich, relais cinquecentesco d’ispirazione palladiana alle porte della Laguna: sei ricette inedite dedicate ad altrettante pellicole, di cui riprendono i concetti di libertà, provocazione ed essenzialità, trasferendole sul piatto e rendendole qualcosa di altrettanto apprezzabile e condivisibile, in un contesto reso ancora più coinvolgente dall’accompagnamento delle colonne sonore del Maestro Morricone suonate da un quintetto d’archi.

Anche la mixologist sotto le luci della ribalta
L’ultima edizione della “Como Lake Cocktail Week”, la rassegna che ogni anno premia i migliori cocktail (alcolici e alcool free) serviti sul Lago di Como da ristoranti, street bar e luxury hotel, ha confermato il fascino del cinema nell’arte della mixology e del food pairing, premiando come “Best Cocktail on the Lake 2022” Mr. Evoo di Andrea Paci, owner de Lo Scalo Craft Drinks By The Lake di Cremia: un twist sul Martini Cocktail ispirato al film Casinò Royale (2006), realizzato miscelando il gin ultrapremium di casa Diageo Tanqueray No. TEN, distillato in piccoli lotti con aggiunta di pompelmi, arance e lime freschi, Marsala Florio Dolce “Oltre Cento” e Muyu, liquore al gelsomino e salamoia agrodolce di giardiniera, guarnito con una peschiola.

Il Premio della Critica è stato consegnato invece a Fabrizio Molteni, barmanager del cocktail bar At Home di Como, per il suo Ferrini, ispirato al film Mani di Fata (1982) con Renato Pozzetto ed Eleonora Giorgi, un cocktail “eco-sostenibile”, che vede protagonista Eminente Reserva 7 años, il nuovo rum cubano del Gruppo Moët Hennessy Italia, miscelato con un cordiale al lime, uno shrub al pompelmo rosa, pesca e passion fruit, cui si aggiunge una guarnizione dei bicchiere di servizio con una pennellata edibile di Amaro Taaac di Opificio Cattaneo.

Si tratta di un cocktail “zero waste”, cioè ottenuto con zero scarti della materia prima utilizzata e imbottigliato in una bottiglietta di vetro riciclato, che sarà inserito nella drink list del cocktail bar At Home come testimonial del progetto Como Lake Cocktail Week in termini di sostenibilità ambientale, anche grazie a un’iniziativa che prevede la devoluzione di 2 € per ogni cocktail venduto all’organizzazione no-profit WeRoof, nata da giovani comaschi che hanno a cuore la salvaguardia dell’’ambiente.

Intramontabili bollicine (per brindisi e idee geniali)
In occasione della 79° Mostra del Cinema di Venezia e del bicentenario della morte dell’artista trevigiano, il Prosecco Doc omaggia l’arte di Antonio Canova firmando la coproduzione del cortometraggio “Genius Moves The World” del regista Carlo Guttadauro e realizzando una bottiglia in edizione speciale, “Canova Gloria Trevigiana”, destinata all’omonima mostra ospitata dal Museo Bailo di Treviso e raffigurante in etichetta una delle opere del gruppo scultoreo “Amore e Psiche”.

Spostandosi in Toscana, il Lucca Film Festival vede tra gli sponsor la Tenuta del Buonamico, azienda vinicola e wine resort simbolo della Doc di Montecarlo, che da più di 10 anni è presente alle manifestazioni artistiche e culturali della della provincia lucchese, con le sue bottiglie più prestigiose, trasformate esse stesse in opere d’arte dall’eleganza grafica dell’etichetta, pensata per trasformare ogni brindisi in un’esperienza multisensoriale da condividere.

L’arte e l’emozione, nel piatto e nel bicchiere
Insomma, se da sempre è risaputo che le arti dialogano tra loro, oggi anche l’enogastronomia italiana ha molto da dire, e lo fa creando nuovi spazi espressivi, rinnovando le forme di comunicazione ed escogitando modi inediti per creare emozioni che vadano oltre il gusto.

Il risultato è un caleidoscopico moltiplicarsi del singolo spunto creativo, che rimbalza dal grande schermo alla musica, dalla letteratura alla pittura, fino a giungere sulla tavola e a chiudere il cerchio dell’esperienza creativa, realizzando il desiderio più ambizioso e impossibile per qualsiasi spettatore: diventare i destinatari ultimi e irripetibili di una creazione artistica che ne racchiude in sé innumerevoli altre.

Insomma: mangiarsi l’arte e farne parte di sé!

X