Mentre avanzo verso l’edificio del Parlamento europeo a Strasburgo, in una mattina fresca di settembre, penso ai soldati dell’esercito ucraino che avanza verso il confine russo nella regione di Kharkiv. Liberano i paesi, raccolgono le macerie e i corpi dei civili morti in occupazione russa, riconquistano le terre e i valori, quelli che vengono difesi qui a Strasburgo negli edifici istituzionali e nelle aule dei dibattiti.
Davanti all’entrata, esposta al vento settembrino, accanto alla bandiera europea e di fianco alle altre 27 bandiere, sventola la bandiera ucraina, a rappresentare il sostegno, la presenza, ma anche la speranza. Penso a quella bandiera che oggi sventola anche nei trecento paesi liberati dalla controffensiva ucraina.
Tra le polemiche sul caro energia e sull’inverno freddo che prevalgono soprattutto nei media italiani in vista delle prossime elezioni, tra le pareti del Parlamento europeo rimbomba la frase della premier finlandese Sanna Marin: «L’Ucraina paga il prezzo in vite umane».
Di nuovo penso all’esercito che avanza, al sacrificio dei soldati ucraini, al ballerino ucraino Oleksandr Shapoval, arruolato volontario e ucciso in questi giorni nella regione di Donetsk. Penso al suo ultimo ballo e al parquet lucidato dell’edificio del Parlamento europeo.
Sarebbe potuto essere un suo palco e lo sarà sicuramente per tanti altri ucraini, sopravvissuti e liberati grazie a lui, perché la bandiera gialloblù sull’asta all’ingresso rappresenta anche una speranza.
Un’altra dichiarazione di Sanna Marin: «L’Ucraina vincerà la guerra, l’ha già vinta, lo dimostra la controffensiva di questi giorni», arriva dritta al cuore. Ma io non ho più un cuore solo, io ho migliaia di cuori, li porto ovunque con me, anche qui sul parquet lucidato dell’edificio di Strasburgo. Cuori che non battono più e allo stesso tempo battono ancora più forte, perché racchiudono la memoria che non appartiene solo a noi, ma a tutta l’Europa, l’Europa che nel 2022 torna nel buio del 1914 e del 1939.
L’Europa che però sta reagendo, sta rispondendo con le sanzioni, con l’invio delle armi e con la sua presenza. Anche Sanna Marin era presente a maggio in Ucraina a condannare le atrocità dell’esercito russo a Bucha e a Irpin’, rimasti come un taglio profondo sui volti e sulle strade, sugli edifici e sul cielo. E ora abbiamo Izium, Balakleya e Kupyans’k, le nuove geografie del dolore e della memoria.
Un applauso al discorso di Sanna Marin mi fa tornare di nuovo nell’aula rotonda con quelle sedie blu e le 27 bandiere e penso al video della festa privata alla quale ha partecipato Sanna Marin. La volevano distruggere, la volevano screditare, probabilmente anche per le posizioni nette che aveva preso condannando la guerra della Russia all’Ucraina.
La volevano distruggere, ma l’hanno resa più forte e più popolare, volevano distruggere e indebolire l’Europa e l’Europa oggi è unita come non mai nel sostegno all’Ucraina. Volevano distruggere l’Ucraina ma anche l’Ucraina, con l’aiuto dell’Europa, sta resistendo come non mai. E poi torno a pensare di nuovo al ballerino Oleksandr Shapoval e al suo ultimo ballo.