Lista neraLa proposta dell’Estonia per vietare il visto ai turisti russi in Europa

Tallin vorrebbe impedire ai cittadini della federazione di entrare nell’area Schengen, ma le restrizioni imposte dai singoli Paesi non possono essere una soluzione definitiva: senza una politica comune diventa impossibile creare restrizioni efficaci. Servirebbe l’intervento di Bruxelles, che per ora si è limitata a punire la cerchia ristretta di Putin

AP/Lapresse

Con un tweet pubblicato martedì mattina, la prima ministra dell’Estonia Kaja Kallas si è unita al coro di Paesi confinanti con la Russia che vogliono limitare i visti che permettono ai cittadini della federazione di entrare in territorio europeo. «Visitare l’Europa è un privilegio, non un diritto umano», ha scritto Kallas. «Mentre i Paesi dell’area Schengen rilasciano visti, sono i vicini della Russia a portarne il fardello».

La dichiarazione di Kallas è arrivata in risposta all’appello di Zelensky, che in una recente intervista al Washington Post aveva esortato i Paesi alleati dell’Ucraina a chiudere le frontiere alla popolazione russa. E ancor prima del premier ucraino, a fine luglio il ministro degli esteri lettone Edgars Rinkēvičs e la prima ministra finlandese Sanna Marin si erano detti a favore di una limitazione o di un blocco all’emissione di visti, fatta eccezione per gli ingressi per motivi umanitari.

Nonostante lo scorso 27 febbraio l’Unione europea abbia chiuso il suo spazio aereo ai voli provenienti dalla federazione, i Paesi europei hanno potuto continuare a rilasciare visti a tutti i cittadini russi non presenti nella “lista nera” di Bruxelles. Infatti in questi mesi molte persone munite di visto hanno attraversato la frontiera con la Finlandia, l’Estonia e la Lettonia in bus o in macchina per raggiungere l’aeroporto più vicino e avere così libero accesso all’area Schengen (che oltre a 22 Paesi europei include anche Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein).

Secondo il ministro degli esteri dell’Estonia, la questione dei visti europei destinati ai cittadini russi era già stata discussa a marzo, quando le restrizioni legate alla pandemia imposte dal governo russo erano ancora in vigore. Con l’allentamento delle misure anti-Covid dello scorso 15 luglio, alla frontiera tra la Russia e la Finlandia il numero di arrivi è aumentato del 38%.

Al contrario della Finlandia, che nonostante le richieste dei cittadini non ha ancora limitato a livello nazionale il rilascio dei visti per i cittadini russi, i Paesi baltici hanno adottato posizioni più dure.

In Estonia l’emissione dei visti è limitata a «situazioni molto specifiche». Mentre da inizio agosto la Lettonia ha smesso di rilasciare visti alla quasi totalità della popolazione russa e cancellato quelli che erano già stati emessi: le autorità lettoni hanno iniziato a richiedere ai cittadini russi e bielorussi che vogliono attraversare il confine di firmare un documento che condanna l’invasione dell’Ucraina. «L’obiettivo di questi controlli è identificare le persone che supportano l’invasione militare russa contro l’Ucraina e che potrebbero costituire una minaccia per la sicurezza nazionale della Lettonia», dichiarano i servizi segreti del Paese.

Neanche la Lituania, uno dei primi Paesi al mondo a bloccare completamente il rilascio di visti ai cittadini russi lo scorso febbraio, può dire di aver completamente risolto il problema: da gennaio a giugno, infatti, più di duemila cittadini russi hanno richiesto un permesso di soggiorno temporaneo. Secondo il deputato lituano Giedrius Surplys, la soluzione migliore alla scappatoia escogitata dai russi per entrare nel Paese – e di conseguenza in Europa – consisterebbe nel restringere ulteriormente i criteri di selezione per l’ottenimento del permesso.

La linea dura dei Paesi baltici nei confronti della Russia non è una novità, poiché il ricordo del controllo sovietico su questi territori è ancora vivo nella memoria collettiva, come ha ricordato la stessa premier estone a inizio giugno.

Dopo aver lottato per ottenere indipendenza dall’Unione Sovietica negli anni Novanta, oggi Lituania, Estonia e Lettonia sono tra le nazioni al mondo a ospitare il maggior numero di dissidenti russi. Con l’invasione russa dell’Ucraina, i tre Paesi si sono schierati con fermezza dalla parte della popolazione ucraina, diventando i primi Paesi dell’Unione a rifiutare le importazioni di gas dalla Russia.

Ma per quanto riguarda l’accesso dei cittadini russi all’area Schengen, le restrizioni imposte dai singoli Paesi non possono essere una soluzione definitiva: in assenza di un fronte comune sui visti, i cittadini russi potrebbero rivolgersi a un qualsiasi Paese europeo e continuare a utilizzare Estonia, Lituania, Lettonia per accedere allo spazio Schengen.

«Credo che questo problema andrebbe affrontato a livello europeo», ha dichiarato il ministro dell’interno estone Lauri Läänemets dopo essersi allineato con gli omologhi di Finlandia e Lettonia per lavorare a una proposta. Secondo Euronews, la questione verrà già affrontata a fine agosto durante il vertice dei ministri esteri europei in programma a Praga, per poi essere discussa formalmente verso ottobre.

Nel frattempo, la portavoce per gli Affari interni, le migrazioni e la sicurezza della Commissione Europea Anitta Hipper ha già sottolineato che «gli Stati membri hanno un ampio margine d’azione nel limitare o bloccare l’emissione di visti e permessi di soggiorno secondo le proprie regole nazionali», aggiungendo che i visti «per motivi umanitari e familiari, per giornalisti e dissidenti» dovrebbero sempre essere concessi.

Dopo la questione del gas russo, anche il problema dei visti sembra dover lasciare spazio a un lungo e complesso rinvio di responsabilità l’Europa e i suoi Stati membri.

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