«Non vogliamo Chinatown in Svezia, neanche Somalitown o Little Italy». Un appello molto duro a pochi giorni dalle elezioni che ci si aspetta da un leader di un partito estremista o un movimento identitario di ispirazione conservatrice. E invece è pronunciarlo è la premier Magdalena Andersson, da dieci mesi alla guida di un esecutivo socialdemocratico di minoranza a Stoccolma. Non sono parole casuali, perché domenica 11 settembre si rinnova il Riksdag, il Parlamento monocamerale svedese composto da 349 membri, e il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi si prepara ad essere la seconda forza politica.
Il lento spegnimento dei socialdemocratici e la speranza dei sondaggi
Sono stati dieci mesi lunghi quelli vissuti dalla prima premier donna nella storia di Stoccolma. A fine novembre 2021 abbiamo raccontato la genesi del nuovo esecutivo svedese, legata alla crisi del precedente per una legge sugli affitti respinta, e il doppio voto necessario per far sì che Andersson diventasse la nuova premier. «Andersson è l’unica adulta nella stanza», aveva dichiarato il segretario del partito socialdemocratico svedese, Tobias Baudin, nelle ore convulse di quei giorni di fine novembre. Una frase che si è rivelata profetica per i successivi dieci mesi.
Nonostante una lunga storia di neutralità Andersson ha impresso una svolta storica alla linea neutrale del suo Paese in materia di politica estera, decidendo di appoggiare senza se e senza ma l’Ucraina e di entrare nella Nato, insieme ai vicini finlandesi. Un processo non privo di dubbi, legittimi, ma che è stato accettato di buon grado dalla popolazione, come evidenziato dai sondaggi.
Questa apertura della Svezia all’Occidente e all’Europa (da non dimenticare che Stoccolma sarà il prossimo presidente del Consiglio dell’Unione e prenderà il posto della Repubblica Ceca il 1°gennaio 2023) rischia però di essere clamorosamente smentita dai sondaggi. Secondo le ultime rilevazioni di Politico, il partito socialdemocratico sarebbe primo nei sondaggi con il 29 per cento delle preferenze, seguito però dai Democratici Svedesi, con il 20 per cento, e dai Moderati, con il 18 per cento. Sembra perciò probabile una nuova coalizione di sinistra con dentro i Verdi e il Partito di Sinistra, stimati rispettivamente al 6 e all’8 per cento dei voti, a cui potrebbero aggiungersi anche i Liberali, che presumibilmente otterranno intorno al 5 per cento, su cui Andersson conta molto.
La forza dei Democratici svedesi e la questione dell’immigrazione
Andersson dovrà perciò formare una coalizione di governo o un esecutivo di minoranza, che però abbia l’appoggio esterno degli attori di cui sopra. E se non dovesse riuscirci? A quel punto la risposta sarebbe inequivocabile: si formerebbe una maggioranza alternativa guidata da Jimmie Åkesson, leader dei Democratici Svedesi, con a bordo anche Moderati e Cristiano-democratici, nel ruolo di junior partner, visto che si profila un’affermazione prepotente dell’estrema destra.
Merito del loro tema forte, l’immigrazione. «I sondaggi li danno al 20 per cento ma, a prescindere da qualunque risultato otterranno, avranno vinto le elezioni visto che i principali partiti di centrosinistra e centrodestra hanno adottato la retorica dei Democratici svedesi sull’immigrazione nel tentativo di ottenere voti. Il centrodestra ha cambiato radicalmente atteggiamento nei confronti dei Democratici svedesi e ora ha formato un blocco elettorale con loro, mentre prima del 2019 si rifiutavano di collaborare con loro a causa delle loro opinioni razziste. In altre parole, le opinioni di estrema destra sull’immigrazione sono ora diventate mainstream in Svezia», racconta a Linkiesta David Crouch, giornalista svedese freelance, docente di giornalismo investigativo all’Università di Gothenburg e autore del libro “Almost Perfekt: How Sweden Works And What We Can Learn From It”.
La centralità del tema in Svezia
La questione dell’immigrazione è centrale nel Paese scandinavo. «Il numero di persone che vengono a lavorare in Svezia è di gran lunga maggiore del numero di richiedenti asilo, che sono appena una piccola frazione (7%) di quello che era al suo picco nel 2015. La questione dell’“immigrazione” è davvero un dibattito sui rifugiati che si sono stabiliti qui negli ultimi dieci anni dal Medio Oriente, dall’Africa e dall’Asia, la maggior parte dei quali sono di pelle scura e musulmani. La Svezia non è riuscita a integrare queste persone nel mercato del lavoro, vivono principalmente in ghetti sovraffollati e si sentono escluse dalla società svedese tradizionale», sostiene Crouch.
Per questo non sembra essere d’aiuto la proposta del ministro della Migrazione, Anders Ygeman, che ha proposto di integrare anche i quartieri abitati da stranieri con almeno il 50% di popolazione “nordica”, seguendo un po’ l’esempio di quanto fatto in Danimarca, dove i socialdemocratici, forza di governo a Copenaghen, sono riusciti a svuotare il serbatoio elettorale dell’estrema destra adottando le loro proposte più dure in materia. «La premier Mette Frederiksen è riuscita nell’intento di svuotare il bacino dell’estrema destra, adottandone molte posizioni, perché in Danimarca ci sono condizioni politiche differenti. Alcuni in Svezia ci sono molti che pensano che un approccio simile potrebbe aiutare a neutralizzare anche l’estrema destra qui. Tuttavia, ci sono grandi ostacoli perché quanto accada aldilà del ponte di Øresund possa accadere anche qui, visto che i socialdemocratici svedesi sono fortemente dipendenti dal sostegno di socialisti, verdi e liberali per avere una possibilità realistica di formare un governo», evidenzia Crouch.
L’eco di Rasmus Paludan e la scelta degli svedesi
Eppure, è probabile che in ogni caso, sia se vincano i socialdemocratici oppure la destra populista, qualche provvedimento restrittivo venga adottato. L’eco degli incidenti di aprile dopo che Rasmus Paludan, esponente del movimento estremista Stram Kurs, incendiò alcune copie del Corano è ancora ben presente nelle memorie di molti. «Le rivolte dei musulmani in alcune città svedesi sono servite a rafforzare l’argomento dei Democratici svedesi secondo cui chi professa la fede islamica è un elemento estraneo nella società svedese che si rifiuta di integrare e minaccia lo stile di vita del luogo. Tuttavia, i Democratici svedesi non vogliono che i musulmani si integrino, invece, il partito propone di rimandarli da dove sono venuti. Le rivolte hanno coinvolto solo una piccola minoranza di musulmani svedesi e la stragrande maggioranza sono cittadini pacifici e responsabili. In effetti, quando Paludan ha cercato di incitare rivolte più recentemente, ha fallito», sottolinea Crouch. La situazione è perciò persino migliore di come la si racconta, ma il problema è che ogni altra possibile analisi su altri temi viene puntualmente soffocata dal tema dell’immigrazione. Secondo Crouch, «gli argomenti non mancano: i lunghi tempi di attesa nel sistema sanitario, l’aumento dei prezzi dell’energia e la scarsa qualità delle scuole svedesi. L’opinione pubblica però li snobba, alla fine si torna sempre a parlare dei migranti». Se sposteranno anche voti lo vedremo domenica.