La Russia ha speso almeno trecento milioni di dollari, a partire dal 2014, cioè dall’anno dell’annessione della Crimea, per finanziare partiti politici, think tank e candidati di 24 Paesi e influenzare così i risultati elettorali. La rivelazione è contenuta in un report dell’intelligence americana di cui ha parlato in un briefing con i giornalisti un alto funzionario dell’amministrazione Biden. Mentre il Dipartimento di Stato rendeva noto un cablogramma inviato dal segretario di Stato Antony Blinken a numerose ambasciate e consolati Usa all’estero – molti dei quali in Europa, Africa e Asia del Sud – manifestando le preoccupazioni americane e spiegando ai funzionari come rispondere, con misure che vanno dalle sanzioni economiche al bando dei viaggi.
Non sono stati resi pubblici né le nazioni bersaglio del soft power russo, né i partiti o i dirigenti coinvolti in questo schema. Ma gli Stati Uniti ritengono che i 300 milioni siano una parte di uno sforzo economico più esteso da parte russa.
Il Washington Post, citando fonti anonime del governo americano, riporta che tra i partiti coinvolti ci sono anche candidati alla presidenza. Tra gli oltre venti paesi interessati ci sarebbero Albania, Montenegro, Madagascar e forse anche l’Ecuador. Si parla anche di un Paese asiatico non identificato, in cui l’ambasciatore russo avrebbe dato milioni di dollari in contanti a un candidato. Gli altri Paesi e politici coinvolti non sono stati rivelati, ma sono concentrati soprattutto in Europa.
«Facendo luce sul finanziamento politico segreto russo e sui tentativi di minare i processi democratici, stiamo avvisando questi partiti e candidati stranieri che se accettano segretamente denaro di Mosca, noi possiamo denunciarli e lo faremo», dice una fonte dell’amministrazione al quotidiano americano. I funzionari, sempre secondo il Washington Post, hanno affermato che le forze legate al Cremlino hanno utilizzato società di comodo, think tank e altri mezzi per influenzare gli eventi politici, a volte a beneficio di gruppi di estrema destra. Il cablo nomina gli oligarchi russi coinvolti negli «schemi di finanziamento», tra cui Yevgeniy Prigozhin e Aleksandr Babakov.
Materiale potenzialmente esplosivo soprattutto in Italia, che tra 11 giorni andrà alle urne. Roma – come spiega Repubblica – ha chiesto a Washington tramite i canali ufficiali di intelligence se l’Italia è parte del dossier e l’identità degli eventuali politici finiti nella rete. Ma gli Stati Uniti mantengono ancora una certa riservatezza. È più probabile quindi che i nomi escano prima da fonti americane che da canali italiani ufficiali. O che magari vengano rilanciati dai media statunitensi.
Palazzo Chigi avrebbe preso molto sul serio la questione, soprattutto in vista del 25 settembre. Unanime la reazione dei partiti italiani, che hanno chiesto al Copasir di fare chiarezza e comunicare eventualmente al Parlamento le informazioni che arrivano dal Paese alleato.
Ieri, in serata, intanto la Lega in una nota ha già fatto sapere di voler querelare chiunque associ il nome della Lega a questa vicenda.
Ma nell’intervista rilasciata a Paolo Mastrolilli di Repubblica, l’ex ambasciatore americano alla Nato Kurt Volker fa esplicitamente i nomi di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. «Sapevamo da anni che i russi spendono per influenzare le elezioni in tutto l’Occidente. Cercano di promuovere la divisione nelle nostre società e fra i nostri Paesi. Questi 300 milioni non hanno fruttato molto, però hanno migliorato le prospettive di alcuni partiti, come quello di Le Pen in Francia e Fratelli d’Italia da voi», dice.
Come? «Per promuovere la loro narrazione. A volte i fondi vanno ai partiti in Europa, o anche ai singoli politici, con pagamenti diretti oppure affari conclusi da compagnie russe che beneficiano questi politici, creando in loro un interesse diretto ad aiutare Mosca».
L’ambasciatore ammette di non avere prove dirette personali, «ma è un ritornello costante che c’è stata qualche forma di assistenza». E poi, aggiunge, «la Lega è in circolazione da parecchio tempo ed era noto che riflettesse le prospettive russe. Fratelli d’Italia è una formazione più recente, anche se erede di altri partiti, ed è cresciuta in maniera straordinaria nell’ultimo anno. Ciò obbliga a porsi domande su quali sono le fonti dei loro finanziamenti, delle posizioni prese e dell’aumento della popolarità».
E secondo l’ambasciatore, ci sono sospetti anche riguardo Forza Italia. «È interessante che Berlusconi non fosse così filo russo, quando aveva fatto il premier la prima e la seconda volta, ma alla terza è completamente cambiato. Ha sviluppato uno stretto rapporto personale con Putin, e forti relazioni di business con la Russia», sostiene Volker.