Viviamo la nostra vita ancorati al nostro pianeta dalla forza di gravità. Ogni nostro passo ci mette in contatto con rocce e terreno, anche se sono nascosti dall’asfalto e dai pavimenti. Possiamo pensare di sfuggire alla forza di gravità quando viaggiamo in aereo, ma il senso di libertà è effimero: dopo poche ore siamo costretti a tornare sulla terraferma e a concedere alla gravità la sua vittoria. Ma il nostro legame con la Terra va ben oltre quello rappresentato dalla gravità.
Il cibo che mangiamo è fatto dell’anidride carbonica che si trova nell’atmosfera o ne gli oceani, oltre che dell’acqua e delle sostanze nutritive che si trovano in mare o nel suolo. A ogni respiro immettiamo nei nostri polmoni l’ossigeno che ci con sente di ricavare energia dal nostro pranzo. Al tempo stesso l’anidride carbonica nell’atmosfera ci impedisce di congelare. Inoltre l’acciaio della porta del frigorifero, l’alluminio delle lattine, il rame delle monete e le terre rare nei nostri cellulari vengono tutti dalla Terra. Stando così le cose, è strano quanta poca curiosità nutra la maggior parte di noi per la grande sfera che ci sostiene e che ogni tanto ci mette in pericolo, in occasione di uragani e di terremoti.
In che modo possiamo comprendere il posto della Terra nell’universo? Come si sono formate le rocce, l’aria e l’acqua che definiscono la nostra esistenza? Come spieghiamo i continenti, le valli e le montagne, i terremoti e i vulcani? Che cosa determina la composizione degli elementi di cui sono fatti i mari e l’atmosfera? Come si è sviluppata l’immensa diversità della vita che ci circonda? E soprattutto: in che modo le nostre azioni stanno cambiando la Terra e la vita? La struttura di questo libro è definita dall’intreccio delle questioni scientifiche con l’indagine storica. La storia di cui parliamo è quella della nostra casa, la Terra, e degli organismi che vivono sulla sua superficie. E la Terra è qualcosa di dinamico, malgrado un (fallace) senso comune che la considera sempre uguale a se stessa.
Boston, per esempio, gode di un clima temperato, con estati calde, inverni freddi e precipitazioni moderate distribuite più o meno regolarmente nel corso dell’anno. Le stagioni sono prevedibili e se, come me, siete in circolazione da qualche decennio, potete avere l’impressione che non ci sia mai niente di nuovo sotto il sole. I meteorologi, per altro, vi possono assicurare che la temperatura media annuale di Boston è aumentata di 0,6 °C nel corso della vita dei suoi cittadini più anziani. Sappiamo anche che la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera – uno dei fattori principali che regolano la temperatura del nostro pianeta – è aumentata di circa un terzo negli ultimi settant’anni. Analogamente, sappiamo che il livello globale degli oceani sta salendo, e che la quantità di ossigeno disciolta nell’acqua è diminuita di circa il 3 per cento da quando i Beatles sono diventati famosi.
Con il passare del tempo si accumulano piccoli cambiamenti. Un volo aereo da Boston a Londra si allunga ogni anno di 2,5 centimetri, dato che il fondale marino allontana lentamente il Nord America dall’Europa. Se potessimo riavvolgere il nastro, constateremmo che 200 milioni di anni fa la vecchia e la Nuova Inghilterra erano parti di un unico continente, con fosse tettoniche (simili a quelle attualmente osservabili nell’Africa orientale) che stavano cominciando a formare un bacino oceanico. Se si prende in considerazione una scala temporale adeguata, le trasformazioni terrestri sono davvero profonde. Per esempio, se fossimo stati liberi di vagare sulla Terra miliardi di anni fa, saremmo morti subito per l’atmosfera priva di ossigeno.
La storia della Terra e degli organismi che vivono su di essa è più spettacolare di qualunque kolossal hollywoodiano, e ha abbastanza colpi di scena per fare concorrenza a un thriller di successo. Più di quattro miliardi di anni fa, dall’aggregazione di detriti rocciosi si formò un piccolo pianeta in orbita attorno a una giovane stella di modeste dimensioni. Nelle sue prime fasi, la Terra versava in uno stato di continua catastrofe, bombardata da comete e meteore, con la superficie coperta da oceani di magma e un’atmosfera satura di gas tossici.
Col tempo, però, il pianeta cominciò a raffreddarsi. Si formarono i continenti, ma solo per essere prima lacerati e poi per collidere gli uni contro gli altri, provocando la formazione di spettacolari catene montuose di cui ormai non rimane quasi più traccia. Vulcani un milione di volte più grandi di qualunque cosa abbia mai visto l’occhio umano. Cicli di glaciazioni globali. Innumerevoli mondi perduti che solo adesso cominciamo a ricostruire. In questa fase di grande dinamismo, in qualche modo prese piede la vita, finendo per trasformare la superficie del nostro pianeta e preparando la strada a trilobiti, dinosauri e a una specie in grado di parlare, pensare, costruire utensili e, alla fine, cambiare nuovamente il mondo.
Comprendere la storia della Terra ci aiuta a capire come si sono formati i monti, gli oceani, gli alberi e gli animali attorno a noi, per tacere di oro, diamanti, carbone, petrolio e dell’aria stessa che respiriamo. In questo modo, la storia del nostro pianeta fornisce il contesto necessario per capire come le attività umane stanno trasformando il mondo nel XXI secolo. Per la maggior parte della sua storia, il pianeta che ci ospita non è stato abitabile dagli esseri umani; e una delle lezioni più profonde della geologia è la consapevolezza di quanto sia fuggevole, fragile e prezioso il momento che stiamo vivendo.
Di questi tempi, i titoli dei notiziari spesso sembrano versetti dell’Apocalisse: la California è colpita da incendi boschivi senza precedenti; l’Amazzonia è in fiamme; in Alaska si raggiungono temperature record, mentre in Groenlandia si accelera lo scioglimento dei ghiacciai; i Caraibi e il Golfo del Messico sono devastati da spaventosi uragani, il Midwest degli Stati Uniti soffre, con crescente regolarità, di alluvioni ogni volta più catastrofiche delle precedenti; Chennai, la sesta città dell’India, rimane priva di acqua, e lo stesso rischiano Città del Capo e San Paolo del Brasile.
Le notizie che vengono dal mondo della biologia non sono migliori: un calo del 30 per cento della fauna avicola nordamericana a partire dal 1970; un dimezzamento degli insetti; una massiccia morte dei coralli lungo la Grande barriera corallina; un rapido calo nel numero di elefanti e rinoceronti; la pesca in crisi in tutto il mondo.
Declino non significa ancora estinzione: ma è la strada che porta le specie alla fase finale. Dobbiamo concludere che il mondo è impazzito? A dire il vero, sì. E sappiamo anche il perché. I colpevoli siamo noi: noi uomini, responsabili di quell’effetto serra che non solo riscalda il pianeta, ma rende più devastanti e più frequenti le ondate di calore, le siccità e gli uragani. E siamo noi uomini ad avere messo in pericolo le specie animali attraverso lo sfruttamento sconsiderato del terreno e il cambiamento climatico. Ciò detto, la notizia forse più deprimente è la reazione umana: una diffusa indifferenza, soprattutto nel mio paese, gli Stati Uniti d’America.
Perché così tante persone hanno così poco interesse nei confronti dei cambiamenti che modificheranno la vita dei nostri nipoti? Nel 1968 una guardia forestale senegalese, di nome Baba Dioum, fornì una risposta memorabile. «Alla fine» disse, «conserveremo solo ciò che amiamo, ameremo solo ciò che capiamo, e capiremo solo ciò che ci verrà insegnato».
Questo libro è un tentativo di capire. Un invito a renderci conto della lunga storia che ha portato il nostro pianeta fino al momento presente. Un’esortazione a prendere atto di come l’attività umana stia radicalmente alterando un mondo che ha impiegato 4 miliardi di anni per diventare così. E una sfida a porre rimedio.
© 2021 Andrew H. Knoll /HarperCollins
Traduzione di Alberto Pezzotta
Andrew H. Knoll, Breve storia del nostro pianeta, HarperCollins, 19, 50 euro, 336 pagine